lunedì 7 marzo 2016

Le dighe della Val dei Mori

Premessa:
Gli storici raccontano che fra il seicento e l'ottocento dopo Cristo, al tempo della dominazione Longobarda, la Valle dell'Astico fu teatro di spaventosi terremoti, di catastrofiche inondazioni, di franamenti, di veri e propri sbriciolamenti di montagne.
Le Marogne di Casotto e le “nostre“ sotto al Sojo de Mezzogiorno sono prove tangibili dello spaventoso terremoto che per quaranta giorni - nel 1117 - imperversò nella nostra Valle causando immense rovine.
Le montagne delle nostre Prealpi, appartenendo a catene montuose relativamente giovani per la geologia, sono formate da picchi elevati e da valli profonde, e le loro rocce sono esposte a numerosi fenomeni fisici, tra i quali il congelamento e lo scongelamento, che provocano il distacco di massi dalla montagna, e la loro caduta.
Pur avendo vissuto poco nella Valle dell'Astico ho assistito molto spesso a questo fenomeno. La strada che porta ai Lucca, prima che mettessero le reti, era soggetta a “caduta massi” alle volte di una certa grandezza, con grande pericolo per i passanti. Vidi, dalla cucina di casa mia, staccarsi dal Sojo di Mezzogiorno sopra San Pietro, una parete di roccia, che cadde con grande fragore, frantumandosi nelle sottostanti Marogne.
Sopra ai Lucconi e la Grotta, vidi lo sfaldamento di un campanile di roccia, che provocò una valanga di massi e detriti giù per il bosco, lasciando tracce visibili, per molto tempo. Poco lontano di là, sempre nella stessa montagna in faccia a Casotto, sotto lo Spitz di Tonezza assistetti, casualmente, al crollo di una ”parete di roccia” di una certa importanza proprio là sopra, dove al giorno d'oggi vogliono costruire il “famoso calcificio”.
Questo fenomeno di sbriciolamento, di sfaldamento della roccia, provocò, ai piedi dei Soji, (pareti di roccia delle montagne), una quanità enorme di detriti, pronti, alla prima occasione, a riversarsi giù per le Valli, occasionando morte e devastazioni.
Naturalmente la nostra memoria va alla diga del Vajont.
Quella sera del 9 ottobre 1963, gli abitanti di Erto e Casso, i due piccoli paesi vicino alla diga, sentirono un rumore “come di un milione di camion che rovesciano un milione di cassoni di ghiaia”, racconta Mauro Corona, abitante del luogo, allora tredicenne.
Una frana di 270 milioni di mc di detriti, causata dall'infiltrazione dell'acqua della diga, che stava riempiendosi, in pochi secondi precipitò nel lago artificiale, provocando due ondate gigantesche successive. Una travolse a est le frazioni della Valle del Vajont, risparmiando solo Erto, l'altra a ovest, scavalcò la diga con un salto di 270 metri e precipitò, con una potenza di una bomba atomica, sulla valle del Piave, distruggendo tutto nel suo passaggio per decine di chilometri, il paese di Longarone per primo.

Quasi duemila furono le vittime umane!!!

In un paese sviluppato questa immensa tragedia non dovrebbe servire di lezione??? 

Certe opere non si “devono” costruire in luoghi geologicamente pericolosi!!! 
Il più grande pericolo per la nostra Valle, oltre ad essere soggetta a delle più o meno durature scosse telluriche, é quello del suo fiume: l'Astico. Certo, nei tempi passati con le sue acque veloci, alimentava dai Busatti a Barcarola, almeno una ventina di mulini, una decina e più di segherie e qualche maglio, portando ricchezza ai paesi attraversati. Soltanto certe volte in autunno o in primavera alimentato smisuratamente dai torrenti della sua parte sinistra, diventava pericolosissimo come nel settembre del 1924 quando un ciclone si abbatté sui monti sopra Campolongo.
Peggiore fu l'inondazione causata sempre dai torrenti della sua sinistra, nel maggio del 1926. L'Astico straripò asportando la strada provinciale sopra al Maso, invase prati, travolgendo gli argini, e demolì i ponti in legno dei Toldo al Maso, e dei Basso.

Ed arrivò il famoso pomeriggio dell'ottobre 1934. Ero un bambino. Nella giornata calda ed afosa, si sentiva dell'elettricità nell'aria. 
Le persone anziane guardavano con preoccupazione dalla parte dei Siroccoli e verso lo Spitz di Tonezza. Quando che el vien da delà (el brutto tempo) l'é pericoloso. Dal Garda non vien mai gnente de bon. 
Infatti, verso metà pomeriggio, dei grossi nuvoloni carichi di pioggia di uno strano colore verdognolo arrivarono dallo Spitz, avvolsero dapprima il Cròjare, il versante della Cingella, Campolongo, la Croce delle montagne di Rotzo.
Ed a un certo momento scoppiò la fine del mondo. Lampi accecanti, tuoni assordanti, fulmini e saette, nulla mancò. Vere e proprie bombe d'acqua precipitarono sopra le nostre montagne. La Torra strappò tutto il materiale che trovò per strada e lo scaricò sui prati danneggiando il ponte e un mulino.
In cima alla Val dei Mori le trombe d'acqua caddero con tale potenza che scavarono nel suolo ghiaioso un cratere di venti metri di profondità per venti metri di larghezza su duecento metri di lunghezza, trasportando con una velocità ed un rumore assordante giù per la Valle fino alla Dogana, una montagna di materiale. 
Solo per l'esperienza e la laboriosità dei suoi uomini, tagliando sieresàre e nogàre per proteggerla, la contrà Lucca fu salva. 
Cosa succederebbe ora se arrivasse un nubifragio della stessa intensità che si riversasse sulle stesse zone, con il Paese privo di uomini? E delle due case sotto la strada, ai Pertile, di fronte alla fontana, dove malgrado il lavoro degli uomini dei Lucca, una grossa quantità di materiale invase (allora) i prati?
Da Tinasso per la Val del Chestele, centinaia di migliaia di metri cubi di ciottoli e di ghiaia precipitarono sull'asilo, invadendo il pianterreno ed il cortile, bloccando la strada principale.
Anche là fu l'abilità ed il lavoro degli uomini a salvare le case.
Il Riosecco o Val di Rigoloso allagò di detriti la segheria e le case dei Basso.

Al seguito di questa ultima calamità il Magistrato delle acque ed il Comune di Rotzo decisero di costruire dei lavori di ARGINATURA sull' Astico e delle DIGHE sui vari torrenti. 
Lino Bonifaci 
A seguire:
La costruzione delle DIGHE.

3 commenti:

  1. Grazie Lino per questa testimonianza fortemente in sintonia col periodo che stiamo vivendo. Chissà che chi di dovere ne tenga conto.

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  2. Volevo dire alla Carla che ultimamente faccio tanta fatica ad aprire il blog. Mi succede solo a me o anche a qualche altro? A volte faccio il commento e non mi parte. Volevo dire al signor Lino che mi ricordo due tremende alluvioni e anche una che è venuto un elicotero giù ai Cerati con Rumor che veniva a vedere i tanti danni.

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  3. Sicuramente un terreno che si è dimostrato a rischio frane di roccia in tempi passati e anche abbastanza recenti, persino io ricordo di aver rischiato qualche pietra in testa percorrendo la strada dei Lucca ma avevo attribuito la colpa alla teleferica esistente in quel periodo, è da tenere sotto stretto controllo e scavare per fare sassi ghiaia cemento autostrade ecc. non mi sembra la cura migliore. Sarebbe meglio evitare di togliere corposità a questo terreno considerando anche i danni che verrebbero prodotti dalle vibrazioni dei macchinari necessari. Floriana

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