martedì 6 gennaio 2015

Feste lontane

Ricordo molto nitidamente i miei Natali di bimba e ragazzina: non si attendevano doni, no di certo, perché l’unico dono era la venuta del bambinello; talora mamma ci faceva andare a letto dopo cena per poi svegliarci in tempo per la Messa di mezzanotte, e già questo conferiva solennità ed attesa del tutto particolari… rientrati poi a casa mettevamo con cura la statuina del bimbo Gesù sulla paglia del piccolo presepe, che lo attendeva. Null’altro, ma, al pranzo del giorno di Natale, un’altra attesa quando le nostre letterine, sistemate l’una sull’altra sotto la fondina di papà, la facevano inclinare pericolosamente; sorrido se ripenso che ero davvero convinta che papà non potesse accorgersi di nulla fino a che non terminava la minestra e la mamma levava il piatto! E poi: quale letterina avrebbe aperto per prima? E quali promesse avrebbe letto davanti a tutti? Già, perché questo contenevano le letterine: le nostre promesse di essere, con l’aiuto del bambinello, più buoni ed ubbidienti.
I doni si attendevano per l’Epifania ed io credevo a quella strana vecchina che un po’ di timore lo incuteva. La sera precedente, Mamma ci spediva a prendere un calzettone per ciascuno e noi lo appendevamo con cura alla maniglia della stufa a legna e poi… di corsa a letto, e con la testa sotto le coperte per evitare di sentire rumori sospetti ed il conseguente palesarsi di una non proprio amichevole Befana.
Al mattino era gioia, gioia vera nel vedere i nostri calzettoni rigonfi; ognuno prendeva il suo e vi affondava la mano e, piano piano, usciva un piccolo tesoro: alcune carrube, un mandarino, due soldini di cioccolato, qualche nocciolina americana… oh sì, allora la vecchina aveva capito che eravamo stati buoni!
Non commento la frenesia delle nostre attuali festività perché spero che, in ognuno di noi, viva sempre il fanciullo che siamo stati, ma mi piace riportare, e proprio per l’Epifania, la poesia del Pascoli che, ai miei tempi, imparavamo alle elementari e…. buona festa a tutti!
Ada

Viene viene la Befana, vien dai monti a notte fonda.
Com’è stanca, la circonda neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce, e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello ed è il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare, or più presso or più lontano,
piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa villa? Uno stropiccio leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero. Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
Guarda e guarda…tre lettini con tre bimbi a nanna, buoni.
Guarda e guarda…ai capitoni c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! Tre calze e tre lettini….
Il lumino brilla e scende, e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale, e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?
Co’suoi doni mamma è scesa. Sale con il suo sorriso.
Il lumin le arde in viso come lampada di chiesa.
Co’suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana, passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni finestra.
E che c’è nel casolare? Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda…tre strapunti con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra le ceneri e i carboni c’è tre zoccoli consunti.
Oh! Tre scarpe e tre strapunti…
E la mamma veglia e fila sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando quei tre zoccoli in fila…
veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente; fugge al monte ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte. Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange , c’è chi ride: essa ha nuvoli alla fronte
mentre sta sul bianco monte.

2 commenti:

  1. Niente Befana quest'anno Lucia?

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  2. Il decadentismo pascoliano si percepisce, ma la poesia offre squarci di grande bellezza capaci di coinvolgere.

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