Ricordo
molto nitidamente i miei Natali di bimba e ragazzina: non si
attendevano doni, no di certo, perché l’unico dono era la venuta
del bambinello; talora mamma ci faceva andare a letto dopo cena per
poi svegliarci in tempo per la Messa di mezzanotte, e già questo
conferiva solennità ed attesa del tutto particolari… rientrati poi
a casa mettevamo con cura la statuina del bimbo Gesù sulla paglia
del piccolo presepe, che lo attendeva. Null’altro, ma, al pranzo
del giorno di Natale, un’altra attesa quando le nostre letterine,
sistemate l’una sull’altra sotto la fondina di papà, la facevano
inclinare pericolosamente; sorrido se ripenso che ero davvero
convinta che papà non potesse accorgersi di nulla fino a che non
terminava la minestra e la mamma levava il piatto! E poi: quale
letterina avrebbe aperto per prima? E quali promesse avrebbe letto
davanti a tutti? Già, perché questo contenevano le letterine: le
nostre promesse di essere, con l’aiuto del bambinello, più buoni
ed ubbidienti.
I
doni si attendevano per l’Epifania ed io credevo a quella strana
vecchina che un po’ di timore lo incuteva. La sera precedente,
Mamma ci spediva a prendere un calzettone per ciascuno e noi lo
appendevamo con cura alla maniglia della stufa a legna e poi… di
corsa a letto, e con la testa sotto le coperte per evitare di sentire
rumori sospetti ed il conseguente palesarsi di una non proprio
amichevole Befana.
Al
mattino era gioia, gioia vera nel vedere i nostri calzettoni rigonfi;
ognuno prendeva il suo e vi affondava la mano e, piano piano, usciva
un piccolo tesoro: alcune carrube, un mandarino, due soldini di
cioccolato, qualche nocciolina americana… oh sì, allora la
vecchina aveva capito che eravamo stati buoni!
Non
commento la frenesia delle nostre attuali festività perché spero
che, in ognuno di noi, viva sempre il fanciullo che siamo stati, ma
mi piace riportare, e proprio per l’Epifania, la poesia del Pascoli
che, ai miei tempi, imparavamo alle elementari e…. buona festa a
tutti!
Ada
“Viene
viene la Befana, vien dai monti a notte fonda.
Com’è
stanca, la circonda neve, gelo e tramontana.
Viene
viene la Befana.
Ha
le mani al petto in croce, e la neve è il suo mantello
ed
il gelo il suo pannello ed è il vento la sua voce.
Ha
le mani al petto in croce.
E
s’accosta piano piano alla villa, al casolare,
a
guardare, ad ascoltare, or più presso or più lontano,
piano
piano, piano piano.
Che
c’è dentro questa villa? Uno stropiccio leggero.
Tutto
è cheto, tutto è nero. Un lumino passa e brilla.
Che
c’è dentro questa villa?
Guarda
e guarda…tre lettini con tre bimbi a nanna, buoni.
Guarda
e guarda…ai capitoni c’è tre calze lunghe e fini.
Oh!
Tre calze e tre lettini….
Il
lumino brilla e scende, e ne scricchiolan le scale;
il
lumino brilla e sale, e ne palpitan le tende.
Chi
mai sale? Chi mai scende?
Co’suoi
doni mamma è scesa. Sale con il suo sorriso.
Il
lumin le arde in viso come lampada di chiesa.
Co’suoi
doni mamma è scesa.
La
Befana alla finestra sente e vede, e s’allontana.
Passa
con la tramontana, passa per la via maestra,
trema
ogni uscio, ogni finestra.
E
che c’è nel casolare? Un sospiro lungo e fioco.
Qualche
lucciola di fuoco brilla ancor nel focolare.
Ma
che c’è nel casolare?
Guarda
e guarda…tre strapunti con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra
le ceneri e i carboni c’è tre zoccoli consunti.
Oh!
Tre scarpe e tre strapunti…
E
la mamma veglia e fila sospirando e singhiozzando,
e
rimira a quando a quando quei tre zoccoli in fila…
veglia
e piange, piange e fila.
La
Befana vede e sente; fugge al monte ch’è l’aurora.
Quella
mamma piange ancora su quei bimbi senza niente.
La
Befana vede e sente.
c’è
chi piange , c’è chi ride: essa ha nuvoli alla fronte
mentre
sta sul bianco monte.
Niente Befana quest'anno Lucia?
RispondiEliminaIl decadentismo pascoliano si percepisce, ma la poesia offre squarci di grande bellezza capaci di coinvolgere.
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