“Dei némo a ze sonà le quatro”...
Immancabile ogni volta dovevo svegliare il Socio, per fortuna era veloce a vestirsi e senza un minimo di colazione filava giù per le scale come un razzo.
La scuola iniziava il primo ottobre e settembre
era il mese dedicato alla ricerca di funghi: rossi, satéle, brise, fìnferli
erano i nostri più cari amici, i posti sempre quelli, da cima Singéla fino a
Camprosà sopra strada, al ritorno sotto strada o per il monte Cucco di
Posellaro; qualche volta ci perdevamo, ma non in modo tragico, anzi ci ridevamo
sopra.
Una volta dopo aver vagato per ore senza sapere dove eravamo, sbucammo in
una strada bianca, dovevamo decidere se andare a destra o a sinistra; una Ape car
proveniva verso di noi, fermammo il mezzo e chiedemmo lumi al conduttore che ci
indicò la direzione e dopo poco tempo ci ritrovammo a Mandrielle, circondati da
soldati americani che giocavano alla guerra, in particolare restammo stupiti
a osservare l’abilità di un tipo che
lanciava la baionetta contro il portone della stalla delle mucche: ogni tiro la
lama si conficcava nel legno, dimenticammo i funghi e la fantasia galoppò alla
carica.
Non poteva essere altrimenti, ragazzi di undici, dodici anni cresciuti
a indiani e pistoleri, alla vista di
tende, mezzi militari, armi di vario genere, soldati in assetto da combattimento, per noi era come essere al luna park. Chi non si ricorda verso la fine degli
anni 60, dal Trugole si guardava verso il Toraro
illuminato a giorno, ci si
immaginava la base militare con i suoi
soldati e adesso gli vedevamo da vicino per la prima volta, adrenalina al
massimo. Ma torniamo a quel giorno di caccia al porcino, una giornata strana e
inconsueta ci stava aspettando, da subito notammo che qualche luce di troppo
era accesa nelle case vicino alla macelleria dei Giacomelli e delle persone che
si muovevano in modo frenetico verso via Giare, alla sera ci dissero che un
giovane del posto aveva avuto un serio infortunio, difatti da quella notte la
sua bellissima Alfa Romeo spider rossa non rombò mai più per le strade del
paese. Alla sorgente prima del Sojo alto era ancora buio, dopo un piccolo sorso
benefico alzai lo sguardo e scorsi due sagome simili a porcini di grossa
taglia, incredibile, ma raccolsi due splendidi boleti proprio sopra la sorgente,
un posto strano per la crescita di funghi, davvero strano.
L’alba ci colse
sulla cima della Singéla, la natura si stiracchiava e guardando verso la curva
della Manetta notammo che una figura non conosciuta stava arrancando verso di
noi. Decidemmo di aspettare il camminatore solitario, dopo poco con un passo
felpato ci raggiunse, era Bepi Pretto (cagnéta) armato con la cicca pendente
ci disse di non andare per funghi perché la luna non era buona.
Io e Daniele ci
guardammo, sorrisetto di convenzione e arrivederci all’amico Bepi. Naturalmente
non bevemmo la sua storia e dandogli il vantaggio di due, tre minuti ci
mettemmo sulla sua strada sapendo che l’amico era un
ottimo cercatore di
funghi. Girata la val del Trugole ci tuffammo nel bosco del monte Cucco, con un
occhio per terra e uno a Bepi che ci precedeva di cento metri, con curiosità notammo
che ogni tanto si piegava a terra dopo aver preso un rametto di abete,
scoprimmo meravigliati che con quel gesto copriva dei carpanotti, forse per permettere la loro crescita di nascosto,
raccogliendogli magari giorni dopo, più maturi e grandi. Apriti cielo, avevamo
fatto bingo, seguendo la nostra guida fino alla malga Camprosà raccogliemmo una
sporta di giovani e prelibati piccoli porcini, tutti nascosti abilmente, ma non
certo allo sguardo di due piccole volpi.
So di certo che la faccenda fece il giro
delle osterie e per un certo periodo stemmo alla larga dalla contrà Lucca, terra
natia del nostro amico. Era bello andare a funghi a piedi da S. Piero, troppo
bello, oggi tutti in macchina, l’esercito americano non bazzica più sulle
nostre montagne, in compenso c’è l’esercito dei cercatori di funghi. Se penso a
notti dormite nel bosco della Porta, solo per essere i primi a entrare in
bosco, a funghi rossi buttati via a decine per far posto nella borsa a satéle e
porcini, che tempi…
Oggi per trovare un po’ di funghetti devo anche pagare… nato
in piazza e vissuto in paese fino a
trent’anni dovrei versare l’obolo al pari di un abitante di Chioggia, ma per favore…
Piero Lorenzi
Bello fresco questo racconto Piero; profuma di levatacce, umidità e sottobosco.
RispondiEliminaE' vero che non sei ciosòto, ..ma parli come loro. Carpanòto fa tanto pianura.... noi, se non sbaglio, li chiamavamo Còchi. Ormai la nebbia del Retrone ti sta diluendo il DNA.
ma jani, come.. il coco non centra niente con il porcino, Lucia lo spiega ben, i carpanoti sono praticamente i porcini giovani, appena nati, il termine è ancora molto usato in paese, il coco è un lamellare e di un'altra famiglia di funghi,peraltro molto buoni ma rari a trovare ciaoo
EliminaEh..eh.. un po' di provocazione stimola i commenti.
EliminaPerò per me i còchi erano sinonimo di porcini, anche perché quel stafànto del CATACLISMA ASMATICO che dice il consorte della Lucia non sapevo neanche esistesse.
Comunque, data la mia ignoranza micologica, m'inchino alle superiori certezze.
Rinfocoliamo la discussione: per me i "carpanoti" sono i boleti dal gambo affusolato, i porcini i boleti piccoli e cicciottelli, le "brize" i boleti grandi e tracannotti (dai 3 etti in su)...ci sono obiezioni?
EliminaMi sa che ho calpestato un formicaio: pare che qui non ci sono standard comuni e ognuno si regola alla m.d.s.
EliminaProporrei di nominare Tony micologo ufficiale del blog affidandogli una rubrica settimanale sui funghetti nostrani. Foto, descrizione, nome scientifico e locale (dal pedescalese al casotàn, passando per il lusernàto), periodo di raccolta posti giusti, come trattarlo, come cucinarlo, come evitare i guardia, ecc.
Dai vànti Tony, ...forsa! Cussìta te ghe fé concorensa ala Lucia!
Molto coinvolgente questa storia..anche io a volte affronto la Singela a piedi per andare a funghi, però di questi tempi la "concorrenza" è agguerrita e quindi rischio di arrivare e trovare solo i rimasugli: si sceglie l'auto per comodità, ma la soddisfazione di tornare a piedi col cesto pieno non ha eguali!
RispondiEliminaPer Gianni: in difesa di Piero, non sono del tutto sicuro ma i "còchi" dovrebbero essere falsi porcini, simili a questi ultimi nella loro forma lunga a robusta ma che si sviluppano prevalentemente sottoterra, di carne robusta...e reperibili in zona Campolongo e Longa Laita!!
Dici?
EliminaAllora apriamo un bel dibattito online come quello sui pissacàn di Pedescala e vediamo cosa ne esce.
"còchi" nome scientifico CATATHELASMA IMPERIALE detto anche fungo patata per la sua crescita sotto terra come ha detto giustamente Nicolò ma secondo me non hanno niente a che vedere con la famiglia dei BOLETUS x chiamarli falsi porcini.
RispondiEliminaVisto il tuo suggerimento sul nome scientifico, che io non sapevo, riporto quanto scritto in "Funghi facili" di Bruno Cetto: CATATHELASMA IMPERIALIS (Agarico imperiale, falso porcino).
EliminaIl nome comune di falso porcino deriva dalla somiglianza che alcuni esemplari col cappello ancora chiuso presentano coi boleti...brava Lucia!
Ci tengo a precisare che quello che ho postato sopra, lo ha scritto mio marito che è appassionato di funghi, io so poco .... si è dimenticato di firmarsi visto che il mio nome è predisposto ..... ciao Lucia
EliminaAllora bravo Toni..lo tengo sempre d'occhio quando lascia l'Ibiza sulla sinistra prima del bivio delle Fratte...ocio Toni!!
EliminaAdesso che so che qualcuno mi tiene sotto controllo devo cambiare posti e sopratutto parcheggio ma purtrppo dopo tanti anni che giro con la mia vecchia IBIZA (20 anni) la conoscono tutti farei prima a cambiare macchina.ciao Nicolò. Tony
EliminaPierooooooooooooooo
RispondiEliminami no me introméto sui carpanòti-chochi-porcini ecc... lasso tuto ai adèti ai laùri...
però de na roba son sicura:
stanòte... spételo... parchè Bepi cagnéta vegnarà a tirarte le gambe!!!
se vede che ancò piove...magari, almeno par na volta no me sogno de done dalle larghe vedute.....
EliminaPierooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
Eliminasempre e.....o
Per caso il ragazzo Giacomelli era un moraccione che portava sempre una camicia rossa a quadrettini e che tentò di allevare vitelli alla Campagna????Floriana
RispondiEliminanon sono sicuro dell'allevamento in campagna, il suo capannone dei vitelli era anzi, è, sotto la chiesa a ridosso dei prati dell'astico, si chiamava Umberto, si ferì in modo grave alla testa con la pistola a stantuffo che serviva per uccidere le mucche, morì tempo dopo, lasciando il mistero sul suo gesto
EliminaBellissimo sogno,piero,essere passato"de drio a Bepi "cagneta" e di aver raccolto "...una sporta
RispondiEliminadi giovani e prelibati porcini."Un sogno che molti dei cosi' detti "fungaioli" di Sanpiero
avranno fatto!!! Bepi ,vi assicuro per averlo conosciuto e frequentato,era come Attila ,de drio
de lu che pezzeti di fungo,perché lui da vero fungaiolo puliva i suoi funghi sul posto.
Aveva che l'occhio destro solo,un vero radar,l'altro l'aveva perso in Camporosà facendo il legneta.Una"sicola"de una 'stèla ,si conficco' nell'occhio sinistro. Noi chiamavamo "cochi"
le due specie di porcini,"boleti";sia il boletus edulis =porcino,carpanotto ;sia il boletus
aereus=molto piu' piccoli,con la testa nera,piu' squisiti,ed allora molto piu' numerosi!!!!
Savìo na roba? Vè tuti quanti a................. funghi..............
RispondiEliminametìve d'acòrdo o telefonéghe al mitico grupo micologico Bresadòla de Thiene (me par chel se ciàme cussì).....chel ve dipàne sti dubi.......se nò valtri a ris-cié de no dormire gnanca stanòte..............
...divertente il racconto, giusto ricordare Bepi Cagneta, di funghi non parlo farei una pessima figura...ciao a Piero
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