giovedì 18 aprile 2013

El menestròn delle tre Cime



Erano già parecchi giorni che giravamo per le Dolomiti, avevamo iniziato con le Pale di San Martino di Castrozza. Un giorno, seguendo l'itinerario che ci eravamo prefissati, arrivammo al lago di Misurina passando per passo Tre Croci, posto tra il Monte Cristallo nell'Ampezzano e il Sorapis.
Ci alzammo di buon ora dopo aver dormito in un piccolo Hotel al piano terra in una cameretta tipicamente di montagna, tutta rivestita di legno, con bagno annesso, calda e molto accogliente. Nell'aprire la finestra ci accorgemmo che qualche metro più in là l'erba era coperta di brina ed era la prima settimana di settembre!

Dopo un'abbondante colazione il nostro itinerario escursionistico iniziò al Rifugio Auronzo, raggiungibile da Misurina in circa dieci minuti d'auto

percorrendo la strada asfaltata a doppia corsia, con tariffa a pagamento, che consente anche il parcheggio alle Tre Cime di Lavaredo. L'intero percorso, che, girando intorno alle Tre Cime consente di apprezzarne l'immensa bellezza da un elevato numero di punti di osservazione, si snoda interamente al di sopra del limite superiore del bosco, lungo ghiaioni attraversati da strade sterrate e comodi sentieri.

Dal Rifugio Auronzo, si gode di un ampio panorama verso i Catini di Misurina,  il lago di Misurina , il Sorapis e il Monte Cristallo di Misurina, che visto dal lago sembra una grande poltrona. Il sentiero è una strada sterrata chiusa al traffico veicolare, che, con andamento pianeggiante, porta al Rifugio Lavaredo. Lungo questo tratto trovammo con stupore mio e di mia moglie una persona che procedeva

lentamente con andamento dondolante, poi ci accorgemmo, che camminava con l'aiuto delle stampelle: aveva una gamba sola! Dopo circa quindici minuti dalla partenza, raggiungemmo una piccola chiesetta dedicata a Maria Ausiliatrice. In questo primo tratto pianeggiante c'erano moltissime persone in passeggiata, forse per la stupenda giornata, forse perché era domenica.
Raggiunto il Rifugio Lavaredo, proseguimmo seguendo l'indicazione che ci portava al rifugio Locatelli,  sentiero che io è mia moglie scegliemmo per praticità, e per la veduta. Già in questo primo tratto il sentiero era facile da percorrere, con panorami che ci lasciavano a bocca aperta, il paesaggio era lunare, le persone più rare e il silenzio era profondo; si sentiva solo il toc-toc del mio bastone compagno di viaggio. Oramai non mancava molto al rifugio Locatelli, lo si vedeva in lontananza in mezzo ai ghiaioni.

Arrivati al rifugio, che si trova a circa metà percorso, facemmo una pausa nella ritrovata "civiltà". Ci sedemmo lungo il sentiero per mangiare qualche cosa e dissetarci. Non appena aprimmo gli zaini, le cornacchie che prima volavano sopra di noi atterrarono a pochi metri gracchiando come stessero aspettando dei bei pezzi di pane da mangiare, anche qualche

vecchio corvo tra loro padroneggiava alla ricerca di cibo. Quello che mi stupì, fu la loro vicinanza, cosa che non mi era mai successa, un pò come i piccioni a Piazza San Marco Venezia...
Ripartimmo e nel punto in cui la stradina riprende a salire scegliemmo di scendere lungo il largo sentiero di destra e, dopo un'altra biforcazione,  proseguimmo lungo il sentiero di sinistra, che porta alle sorgenti del Fiume Rienza.

Lì, facemmo un'altra pausa a goderci il

gorgogliare di queste limpide e freddissime acque. Con le mani  a mo' di scodella mi chinai e presi una "sbrancà" di acqua, subito la sentii freddissima, ma sopportabile da tenere tra le mie mani, poi però quando la misi in bocca, mi si bloccarono le ganasce talmente era ghiacciata, mi girai verso mia moglie e dissi:
"A gò la dentiera che batte  i denti, altro che l'acqua de l'Astego questa si che la ze freda" Si fece una sonora risata e mi passò due bottiglie da riempire per il resto del percorso.
Procedendo ancora lungo il sentiero  e guardando i profili delle vette delle tre torri, notai che il blu del cielo che le contornava era di un azzurro quasi accecante.  Attraversammo un piccolo ruscello le cui acque provenivano dai laghi che ci sono più a monte e, appena ripresa la salita, raggiungemmo Malga Longa. Mai avrei pensato di trovare una malga in mezzo a tanto ghiaione! Quando arrivammo proprio davanti all'entrata sentimmo subito un "profumo" intenso, un forte "odore"  di bollito o di qualche cosa che stava cuocendo.
Devo dire che in qualsiasi posto andassimo  portavamo sempre con noi la telecamera che, a quei tempi, non aveva niente di compatto, anzi era proprio ingombrante e pesante. Mia moglie se la mise in spalla per filmare, e ad un certo punto, dalla porta della malga uscì un personaggio piccolo: un ragazzino di cerca nove, dieci anni, vestito con scarponi forse più grandi di lui, un paio di pantaloni alla "zuava" di fustagno, tutti sporchi e parecchio consumati, un gilè marrone tenuto aperto che faceva contrasto con una camicia di un giallo così forte che sembrava appena verniciata! In testa portava un cappello tipico della zona, fatto di panno, a forma di cono, con la falda tutta attorno abbassata, quasi per non farsi vedere in viso. Quando ci notò, vedemmo i suoi occhi diventare ogni secondo sempre più grandi in segno di stupore. Si avvicinò a mia moglie e con fare diretto e un italiano masticato troppo in fretta chiese:
"Cossa essere questa?" indicando la telecamera.
Mia moglie cercò di spiegare in tutte le salse possibili cos'era, ma non ci fu verso di farsi capire, poi però, gesticolando, disse al bambino:
"Tu ora sei qui dentro". Spaventato il bambino si allontanò fino alla soglia della porta della malga, impaurito e incredulo per quello che aveva capito dai gesti di mia moglie. Rimasi un po' perplesso sul fatto, ma soprattutto su che cosa poteva aver capito il bambino. Quando si riebbe, si riavvicinò e con mezze parole in tedesco e mezze in italiano ci chiese se volevamo mangiare qualcosa. A questo punto ci elencò il menù del giorno e disse:
"Noi abbiamo minestrone und Milch" ci fece cenno con una mano di accomodarci dentro la malga, per vedere questo minestrone.

Quando entrammo l'odore era talmente forte che quasi quasi mi veniva da vomitare, ma ci facemmo coraggio e vedemmo che in un angolo nel caminetto  dove ardeva un fuoco vivo e scoppiettante, era appeso ad una catena un grossissimo  "caliero"

dal quale usciva in grande quantità, vapore e un odore di verdura asfissiante per la sua intensità.

Ci avvicinammo e il Bambino con un lungo mestolo di legno, incominciò a mescolare facendo uscire ancora di più  quel forte odore di verdura. Poi con un grosso cucchiaio ci fece vedere cosa stava cuocendo all'interno del  pentolone. Alzò il gigantesco cucchiaio e noi restammo allibiti nel vedere  che al centro dello stesso troneggiava un "capusso" intero.

Lasciò cadere il tutto dentro il pentolone e con il viso arrossato per il calore del camino ci chiese nel suo italiano:
"Foi folete manciare minesstrone????"




Uscimmo un po' frastornati, per il forte odore, per il fumo e per quel vapore spesso, a vederci dava l'impressione di essere usciti da una "sauna di verdura".
Ripartimmo contenti di essercela cavata solo con una bella sudata e una spruzzata di un fragrante profumo di verdura mista che si era appiccicato sui nostri vestiti.
Da qui salimmo per un breve tratto e, sulla sinistra, vedemmo i  laghetti delle Tre Cime, dalle acque verde-azzurro, poi il sentiero riprese l'andamento altalenante.
Affrontammo poi l'ultimo breve tratto dell'escursione, dove il sentiero ha sempre un leggero su e giù. Attraversammo anche un punto in cui la roccia affiorante era costantemente bagnata e scivolosa con pendenza molto elevata e un sentiero molto stretto  dove io ho avuto qualche momento di ansia dovuta  alla difficoltà, ma anche alla stanchezza.
Dopo circa cinque, sei ore di cammino, rivedemmo il Rifugio Auronzo. Eravamo  ormai arrivati, stanchi, ma soddisfatti, ai  grandi parcheggi che al mattino avevamo lasciati pieni di autovetture e che a quella tarda ora del pomeriggio erano invece  semivuoti.
Nico Sartori

                                                                                                                      

11 commenti:

  1. che bel paesaggio! deve essere stupendo fare una giornata su'

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    1. E si cara Giorgia, non solo stupendo, direi affascinante, entusiasmante, certe sensazioni per chi ama e rispetta la montagna le puoi trovare proprio li, peccato che per me queste escursioni non si possano più ripetere, è per quello che quelle che ho fatte a suo tempo me le porto cosi precise nella memoria e nel cuore.
      Grazie

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  2. Ma mi quando ca go letto della cameretta calda e accogliente,me se vegnu in mente el menestron della malga Ciapèla!!!! Ma quanto gerelo bon quel menestron!!!!!No lo desmentegaro' mai!!!!!
    Che bei ricordi,resteranno per sempre nella memoria.

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    1. e si el menestron de la malga ciapela el xera un minestro proprio doc, dop, e chi più ghin'àpiù ghin meta.
      Squisito comunque, poi missià co la fadiga dopo la discesa dal pian dei Fiacconi mi a me lo son bevù

      grassie ciao

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  3. Con quella camminata non avevate fame? Dicono che quando si ha fame è buono tutto!!!!!
    mi pare di vedere quel bambino con le guancette rosse non vedersi apprezzato il minestrone! Povero!

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    1. Bhè a dire la verità, non so se qualcuno dei passanti per quel sentiero assoggiò quel minestrone, io anche con fame me ne sono ben guardato, solo sentento il fortissimo odore

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  4. Grande Compaesan

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    1. E si paesan quasi 1.90 cm, ma grassie caro Gino, de legiare sti me bei ricordi. Fusse ancora bon a nare in quei posto, lo faria anca doman de matina.

      ciao a presto

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  5. Carissimo, non avrei saputo rinunciare a quel profumato minestrone, leggendo i tuoi racconti mi sembra di viaggiare con il vantaggio che me ne sto seduta comoda e senza soffrire!!!! Continua così che ci fai tanto bene, affettuosamente Floriana

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    1. Ma si Florianna, quello non era proprio profumo di un buon minestrone come quello che faceva la Bepa o la Maria, chissà cosa ci avevano messo dentro.....

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  6. mi sembrava, oggi, che Vincenzo Nibali aveva fretta di mangiare questo famoso minestrone ???

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