Ci alzammo di buon ora
dopo aver dormito in un piccolo Hotel al piano terra in una cameretta
tipicamente di montagna, tutta rivestita di legno, con bagno annesso, calda e
molto accogliente. Nell'aprire la finestra ci accorgemmo che qualche metro più
in là l'erba era coperta di brina ed era la prima settimana di settembre!
Dopo un'abbondante
colazione il nostro itinerario escursionistico iniziò al Rifugio Auronzo, raggiungibile da Misurina in circa dieci minuti d'auto
percorrendo la strada asfaltata a doppia corsia, con tariffa a pagamento, che
consente anche il parcheggio alle Tre
Cime di Lavaredo. L'intero percorso, che, girando intorno alle Tre Cime consente di apprezzarne l'immensa bellezza da
un elevato numero di punti di osservazione, si snoda interamente al di sopra
del limite superiore del bosco, lungo ghiaioni attraversati da strade sterrate
e comodi sentieri.
Dal Rifugio Auronzo, si gode di un ampio
panorama verso i Catini di
Misurina, il lago di Misurina , il Sorapis e il Monte
Cristallo di Misurina, che visto dal lago sembra una grande poltrona. Il
sentiero è una strada sterrata chiusa al traffico veicolare, che, con andamento
pianeggiante, porta al Rifugio Lavaredo. Lungo questo tratto trovammo con
stupore mio e di mia moglie una persona che procedeva
lentamente con andamento
dondolante, poi ci accorgemmo, che camminava con l'aiuto delle stampelle: aveva
una gamba sola! Dopo circa quindici minuti
dalla partenza, raggiungemmo una piccola
chiesetta dedicata a Maria Ausiliatrice. In questo primo tratto pianeggiante
c'erano moltissime persone in passeggiata, forse per la stupenda giornata,
forse perché era domenica.
Raggiunto il Rifugio Lavaredo, proseguimmo seguendo
l'indicazione che ci portava al rifugio Locatelli, sentiero che io è mia moglie scegliemmo per
praticità, e per la veduta. Già in questo primo tratto il sentiero era facile
da percorrere, con panorami che ci lasciavano a bocca aperta, il paesaggio era
lunare, le persone più rare e il silenzio era profondo; si sentiva solo il
toc-toc del mio bastone compagno di viaggio. Oramai non mancava molto al
rifugio Locatelli, lo si vedeva in lontananza in mezzo ai ghiaioni.
Arrivati al rifugio, che
si trova a circa metà percorso, facemmo una pausa nella ritrovata
"civiltà". Ci sedemmo lungo il sentiero per mangiare qualche cosa e
dissetarci. Non appena aprimmo gli zaini, le cornacchie che prima volavano
sopra di noi atterrarono a pochi metri gracchiando come stessero aspettando dei
bei pezzi di pane da mangiare, anche qualche
vecchio corvo tra loro
padroneggiava alla ricerca di cibo. Quello che mi stupì, fu la loro vicinanza,
cosa che non mi era mai successa, un pò come i piccioni a Piazza San Marco
Venezia...
Ripartimmo e nel punto in
cui la stradina riprende a salire scegliemmo di scendere lungo il largo
sentiero di destra e, dopo un'altra biforcazione, proseguimmo lungo il sentiero di sinistra,
che porta alle sorgenti del Fiume Rienza.
Lì, facemmo un'altra
pausa a goderci il
gorgogliare di queste limpide e freddissime acque. Con le
mani a mo' di scodella mi chinai e presi
una "sbrancà" di acqua, subito la sentii freddissima, ma sopportabile
da tenere tra le mie mani, poi però quando la misi in bocca, mi si bloccarono
le ganasce talmente era ghiacciata, mi girai verso mia moglie e dissi:
"A gò la dentiera
che batte i denti, altro che l'acqua de
l'Astego questa si che la ze freda" Si fece una sonora risata e mi passò
due bottiglie da riempire per il resto del percorso.
Procedendo ancora lungo
il sentiero e guardando i profili delle
vette delle tre torri, notai che il blu del cielo che le contornava era di un
azzurro quasi accecante. Attraversammo
un piccolo ruscello le cui acque provenivano dai laghi che ci sono più a monte
e, appena ripresa la salita, raggiungemmo Malga
Longa. Mai avrei pensato di trovare una
malga in mezzo a tanto ghiaione! Quando arrivammo proprio davanti all'entrata
sentimmo subito un "profumo" intenso, un forte "odore" di bollito o di qualche cosa che stava cuocendo.
Devo dire che in
qualsiasi posto andassimo portavamo
sempre con noi la telecamera che, a quei tempi, non aveva niente di compatto,
anzi era proprio ingombrante e pesante. Mia moglie se la mise in spalla per
filmare, e ad un certo punto, dalla porta della malga uscì un personaggio
piccolo: un ragazzino di cerca nove, dieci anni, vestito con scarponi forse più
grandi di lui, un paio di pantaloni alla "zuava" di fustagno, tutti
sporchi e parecchio consumati, un gilè marrone tenuto aperto che faceva contrasto
con una camicia di un giallo così forte che sembrava appena verniciata! In
testa portava un cappello tipico della zona, fatto di panno, a forma di cono,
con la falda tutta attorno abbassata, quasi per non farsi vedere in viso. Quando ci notò, vedemmo i suoi occhi
diventare ogni secondo sempre più grandi in segno di stupore. Si avvicinò a mia
moglie e con fare diretto e un italiano masticato troppo in fretta chiese:
"Cossa essere
questa?" indicando la telecamera.
Mia moglie cercò di
spiegare in tutte le salse possibili cos'era, ma non ci fu verso di farsi
capire, poi però, gesticolando, disse al bambino:
"Tu ora sei qui
dentro". Spaventato il bambino si allontanò fino alla soglia della porta
della malga, impaurito e incredulo per quello che aveva capito dai gesti di mia
moglie. Rimasi un po' perplesso sul fatto, ma soprattutto su che cosa poteva
aver capito il bambino. Quando si riebbe, si riavvicinò e con mezze parole in
tedesco e mezze in italiano ci chiese se volevamo mangiare qualcosa. A questo
punto ci elencò il menù del giorno e disse:
"Noi abbiamo
minestrone und Milch" ci fece cenno con una mano di accomodarci dentro la
malga, per vedere questo minestrone.
Quando entrammo l'odore
era talmente forte che quasi quasi mi veniva da vomitare, ma ci facemmo
coraggio e vedemmo che in un angolo nel caminetto dove ardeva un fuoco vivo e scoppiettante,
era appeso ad una catena un grossissimo
"caliero"
dal quale usciva in grande quantità, vapore e un
odore di verdura asfissiante per la sua intensità.
Ci avvicinammo e il
Bambino con un lungo mestolo di legno, incominciò a mescolare facendo uscire
ancora di più quel forte odore di
verdura. Poi con un grosso cucchiaio ci fece vedere cosa stava cuocendo
all'interno del pentolone. Alzò il
gigantesco cucchiaio e noi restammo allibiti nel vedere che al centro dello stesso troneggiava un
"capusso" intero.
Lasciò cadere il tutto
dentro il pentolone e con il viso arrossato per il calore del camino ci chiese
nel suo italiano:
"Foi folete
manciare minesstrone????"
Ripartimmo contenti di
essercela cavata solo con una bella sudata e una spruzzata di un fragrante
profumo di verdura mista che si era appiccicato sui nostri vestiti.
Da qui salimmo per un
breve tratto e, sulla sinistra, vedemmo i
laghetti delle Tre Cime, dalle acque verde-azzurro, poi il sentiero riprese
l'andamento altalenante.
Affrontammo poi l'ultimo
breve tratto dell'escursione, dove il sentiero ha sempre un leggero su e giù.
Attraversammo anche un punto in cui la roccia affiorante era costantemente
bagnata e scivolosa con pendenza molto elevata e un sentiero molto stretto dove io ho avuto qualche momento di ansia
dovuta alla difficoltà, ma anche alla
stanchezza.
Dopo circa cinque, sei
ore di cammino, rivedemmo il Rifugio
Auronzo. Eravamo ormai arrivati,
stanchi, ma soddisfatti, ai grandi
parcheggi che al mattino avevamo lasciati pieni di autovetture e che a quella
tarda ora del pomeriggio erano invece
semivuoti.
Nico Sartori
che bel paesaggio! deve essere stupendo fare una giornata su'
RispondiEliminaE si cara Giorgia, non solo stupendo, direi affascinante, entusiasmante, certe sensazioni per chi ama e rispetta la montagna le puoi trovare proprio li, peccato che per me queste escursioni non si possano più ripetere, è per quello che quelle che ho fatte a suo tempo me le porto cosi precise nella memoria e nel cuore.
EliminaGrazie
Ma mi quando ca go letto della cameretta calda e accogliente,me se vegnu in mente el menestron della malga Ciapèla!!!! Ma quanto gerelo bon quel menestron!!!!!No lo desmentegaro' mai!!!!!
RispondiEliminaChe bei ricordi,resteranno per sempre nella memoria.
e si el menestron de la malga ciapela el xera un minestro proprio doc, dop, e chi più ghin'àpiù ghin meta.
EliminaSquisito comunque, poi missià co la fadiga dopo la discesa dal pian dei Fiacconi mi a me lo son bevù
grassie ciao
Con quella camminata non avevate fame? Dicono che quando si ha fame è buono tutto!!!!!
RispondiEliminami pare di vedere quel bambino con le guancette rosse non vedersi apprezzato il minestrone! Povero!
Bhè a dire la verità, non so se qualcuno dei passanti per quel sentiero assoggiò quel minestrone, io anche con fame me ne sono ben guardato, solo sentento il fortissimo odore
EliminaGrande Compaesan
RispondiEliminaE si paesan quasi 1.90 cm, ma grassie caro Gino, de legiare sti me bei ricordi. Fusse ancora bon a nare in quei posto, lo faria anca doman de matina.
Eliminaciao a presto
Carissimo, non avrei saputo rinunciare a quel profumato minestrone, leggendo i tuoi racconti mi sembra di viaggiare con il vantaggio che me ne sto seduta comoda e senza soffrire!!!! Continua così che ci fai tanto bene, affettuosamente Floriana
RispondiEliminaMa si Florianna, quello non era proprio profumo di un buon minestrone come quello che faceva la Bepa o la Maria, chissà cosa ci avevano messo dentro.....
Eliminami sembrava, oggi, che Vincenzo Nibali aveva fretta di mangiare questo famoso minestrone ???
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