martedì 23 aprile 2013

L'oro, la bomba e il bosco proibito




Dove c’erano cantieri di lavoro con ruspe e varie macchine, ogni tanto c’eravamo anche noi. Il tam tam correva veloce e nel dopo scuola guardare il rullo o la macchina asfaltatrice intenta a sbuffare catrame diventava un passatempo, anche istruttivo. 
Quella primavera il nostro obbiettivo era la strada dei Costa, un cantiere di allargamento e asfaltatura era partito da poco e diversi operai locali si prodigavano a costruire il muro che dalla val dell’Orco scende verso il paese. 




Pietro Lucca ha posto questa targa nel punto dove c'era la galleria






Notammo subito che il muro avrebbe chiuso per sempre la galleria, fatta per cercare l’oro e dispiaciuti del fatto, per l’ultima volta ci avventurammo in quel budello buio. 

Si noti sul muro la targa


La galleria non era molto lunga, trenta metri di roccia umida e argillosa ci separava dal fondo,  che stranamente sembrava ricoperto d’oro. L’effetto ottico era dovuto dalle goccioline di umidità che ricoprivano la roccia, le quali, ricevendo una debole luce dall’esterno brillavano e ci illusero di aver trovato l’oro. Ricordo che con un po’ di emozione  toccammo quelle gocce d’acqua e delusi  tornammo fuori. 

Non eravamo del tutto usciti, che notai sulla mia sinistra, uno strano barattolo di ferro che spuntava dall’argilla, lo presi e fra lo stupore generale scoprimmo che era una granata, di quelle difensive della prima guerra mondiale. Subito il nostro spirito di avventura si mise a correre e il desiderio più grande fu quello di farla scoppiare, il problema era dove e come. Per fortuna ci venne incontro la sorte che vedendo la stupidità del nostro progetto, mandò un operaio del cantiere a risolvere il problema. Era l’ex panettiere del paese,  prese la granata e con un lancio (a dire il vero debole e pericoloso) la gettò sotto il ponte della val dell’orco con l’intento di farla scoppiare. Con le mani sulle orecchie attendevamo il rumore dello scoppio, ma... nulla di tutto questo, la faccenda si faceva sempre più pericolosa, adesso occorreva recuperare la bomba e “smaltirla” con un altro sistema. Tengo a precisare che dal peso e dalla qualità di conservazione, la bomba era certamente carica e pur sempre un oggetto da trattare con delicatezza.


Nel frattempo gli operai ci allontanarono in malo modo dalla zona, ma farla a noi indiani non era cosa da poco e ci appostammo nelle rive sopra la strada in attesa del seguito della faccenda. A quel punto il nostro intento era quello di recuperare il reperto bellico, lo sguardo non si staccava dalla zona del ponte e un piano di recupero era già in progetto. Non ci fu dato il tempo, Osvaldo prese di nuovo la bomba e la pose nel primo angolo del muro, subito dopo la valle, il getto di cemento la coperse e tutto finì. Quando passo di lì mi viene in mente sempre questo fatto e toccando il punto esatto dove dorme la nostra bomba, penso a quanto  siamo stati fortunati a vivere la nostra gioventù,  in un paese dove ogni giorno potevamo inventarci  un’avventura diversa.
bosco di Eraldo





Non contenti della fine dell’ordigno bellico ci buttammo al boschetto di Eraldo, una rupe ricoperta di aceri e carpini sulla sinistra della valle dell’Orco, sotto il capitello dei Costa. Quel giorno eravamo un po’ nervosi e ci sfogammo in un modo strano e fuori dal comune. Purtroppo in quei tempi si usava gettare l’immondizia nelle valli e nelle pozze abbandonate e anche la valle dell’orco non sfuggiva a questa usanza e ogni tanto si trovavano dei giornali con foto di donnine avvenenti, niente di scandaloso guardando i tempi moderni, ma tanto bastò. Dal nostro nascondiglio segreto prendemmo dei giornali, strappammo tutte le foto più “scandalose” e quando gli operai finirono la giornata il cantiere si ritrovò pieno di queste foto. La nostra vendetta era compiuta, non è dato a sapersi lo stupore degli operai vedendo un tale misfatto, so solo che noi indiani dela piassa ridemmo soddisfatti della nostra impresa. Il pomeriggio, passando in bicicletta e facendo finta di niente, vidi che tutto era sparito e tutto taceva. La cosa ci piaceva e tempo dopo, a cantiere finito, tutti gli alberi del boschetto di Eraldo si ritrovarono addobbati di foto di quel tipo. Per un certo periodo il luogo diventò la meta preferita dei nostri vagabondaggi.

Piero Lorenzi

8 commenti:

  1. Uhm...
    ora tutto è chiaro...
    i viaggi transoceanici, le moto, le auto lussuose, il camper, lo yacht, la nuova villa in costruzione ecc. ecc.
    ..............ma quanto oro eri riuscito, lemme lemme, a metterti nel caveau?

    RispondiElimina
  2. Non è tutto Piero,... mi ricordo infatti che i baldi operai trovarono anche un'intera cassa di bombe da mortaio (noi boce vigilavamo sul cantiere come poje, ...ben più di voi che, a quanto scrivi, eravate dediti a più licenziosi passatempi).
    La sicurezza allora era un concetto un po' soggettivo, per cui il solito gato propose di annegarle nel muro di cemento in costruzione che delimitava la curva e chiudeva l'accesso alla miniera. Cosi infatti venne fatto! Inserite verticalmente nel getto di calcestruzzo, le bombette riposano il sonno dei giusti aspettando che qualche camion deragli sul ponte della Val dell'Orco e ne causi un fragoroso risveglio. Ma non preoccupiamoci neanche più di tanto, che quegli uomini avevano fatto la guerra e provvidero prima, con estrema nonchalanche a svitarne le spolette e annegarle più in là.....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. non sapevo di questo ritrovamento, ma allora quel muro li è pericoloso, altro che mi, come ha scritto Haidi...

      Elimina
  3. Guarda piero,che negli anni quaranta ho fatto la guerra in quella galleria,a volte a go copa,e a volte i me ga copa.Eravamo i balilla....eiha eiha allalà!!!!Ma non era tanto quello che ci interessava ma la scodella di cioccolata calda con panino l'inverno,o il panino con la marmellata, una stecchetta de cioccolata l'estate con un bicchiere di acqua frizzante.
    Leccornie mai viste nelle nostre case a quei tempi!!!!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. anch'io andavo ai fioretti di maggio solo per le caramelle che distribuiva don Emilio, ci mancherebbe *

      Elimina
  4. Certo, ora mi fate ricordare pure la cava dell'oro che me l'ero dimenticata. E farla riaprire? Ma era una favola o dell'oro ne trovavano? Ciao Piero

    RispondiElimina
    Risposte
    1. il maestro Carlo ci raccontava che l'oro lo trovavano, ma lo sforzo non valeva il guadagno, erano poche quantità, però, come dice la targa con le tecnologie moderne sarebbe un peccato non provare a tastare se c'è un filone, chissa, ai posteri l'ardua sentenza, o forse è meglio che resti leggenda...bye

      Elimina
  5. Ciao Piero
    Come sempre racconti belle storie, conciliano il sonno, erano tempi sicuramente migliori e carichi di speranze...

    Un abbraccio Gino

    RispondiElimina

Avvisi della settimana

Sabato 1 e domenica 2 febbraio alle porte delle chiese di tutta la valle ci sarà la vendita delle primule a favore del Centro di aiuto alla ...