Dove c’erano cantieri di lavoro con ruspe e varie macchine,
ogni tanto c’eravamo anche noi. Il tam tam correva veloce e nel dopo scuola
guardare il rullo o la macchina asfaltatrice intenta a sbuffare catrame
diventava un passatempo, anche istruttivo.
Quella primavera il nostro
obbiettivo era la strada dei Costa, un cantiere di allargamento e asfaltatura
era partito da poco e diversi operai locali si prodigavano a costruire il muro
che dalla val dell’Orco scende verso il paese.
Pietro Lucca ha posto questa targa nel punto dove c'era la galleria |
Notammo subito che il muro
avrebbe chiuso per sempre la galleria, fatta per cercare l’oro e dispiaciuti del
fatto, per l’ultima volta ci avventurammo in quel budello buio.
Si noti sul muro la targa |
La galleria non
era molto lunga, trenta metri di roccia
umida e argillosa ci separava dal fondo,
che stranamente sembrava ricoperto d’oro. L’effetto ottico era dovuto
dalle goccioline di umidità che ricoprivano la roccia, le quali, ricevendo una
debole luce dall’esterno brillavano e ci illusero di aver trovato l’oro.
Ricordo che con un po’ di emozione
toccammo quelle gocce d’acqua e delusi
tornammo fuori.
Non eravamo del tutto usciti, che notai sulla mia
sinistra, uno strano barattolo di ferro che spuntava dall’argilla, lo presi e
fra lo stupore generale scoprimmo che era una granata, di quelle difensive
della prima guerra mondiale. Subito il nostro spirito di avventura si mise a
correre e il desiderio più grande fu quello di farla scoppiare, il problema era
dove e come. Per fortuna ci venne incontro la sorte che vedendo la stupidità
del nostro progetto, mandò un operaio del cantiere a risolvere il problema. Era
l’ex panettiere del paese, prese la
granata e con un lancio (a dire il vero debole e pericoloso) la gettò sotto il
ponte della val dell’orco con l’intento di farla scoppiare. Con le mani sulle
orecchie attendevamo il rumore dello scoppio, ma... nulla di tutto questo, la
faccenda si faceva sempre più pericolosa, adesso occorreva recuperare la bomba
e “smaltirla” con un altro sistema. Tengo a precisare che dal peso e dalla
qualità di conservazione, la bomba era certamente carica e pur sempre un
oggetto da trattare con delicatezza.
Nel frattempo gli operai ci allontanarono
in malo modo dalla zona, ma farla a noi indiani non era cosa da poco e ci appostammo nelle rive sopra la strada in
attesa del seguito della faccenda. A quel punto il nostro intento era quello di
recuperare il reperto bellico, lo sguardo non si staccava dalla zona del ponte
e un piano di recupero era già in progetto. Non ci fu dato il tempo, Osvaldo
prese di nuovo la bomba e la pose nel primo angolo del muro, subito dopo la
valle, il getto di cemento la coperse e tutto finì. Quando passo di lì mi viene
in mente sempre questo fatto e toccando il punto esatto dove dorme la nostra
bomba, penso a quanto siamo stati fortunati a vivere la nostra
gioventù, in un paese dove ogni giorno
potevamo inventarci un’avventura diversa.
bosco di Eraldo |
Non contenti della fine dell’ordigno bellico ci
buttammo al boschetto di Eraldo, una rupe ricoperta di aceri e carpini sulla
sinistra della valle dell’Orco, sotto il capitello dei Costa. Quel giorno
eravamo un po’ nervosi e ci sfogammo in un modo strano e fuori dal comune.
Purtroppo in quei tempi si usava gettare l’immondizia nelle valli e nelle pozze
abbandonate e anche la valle dell’orco non sfuggiva a questa usanza e ogni tanto
si trovavano dei giornali con foto di donnine avvenenti, niente di scandaloso
guardando i tempi moderni, ma tanto bastò. Dal nostro nascondiglio segreto
prendemmo dei giornali, strappammo tutte le foto più “scandalose” e quando gli
operai finirono la giornata il cantiere si ritrovò pieno di queste foto. La
nostra vendetta era compiuta, non è dato a sapersi lo stupore degli operai
vedendo un tale misfatto, so solo che noi indiani dela piassa ridemmo
soddisfatti della nostra impresa. Il pomeriggio, passando in bicicletta e
facendo finta di niente, vidi che tutto era sparito e tutto taceva. La cosa ci piaceva e tempo
dopo, a cantiere finito, tutti gli alberi del boschetto di Eraldo si ritrovarono
addobbati di foto di quel tipo. Per un certo periodo il luogo diventò la meta
preferita dei nostri vagabondaggi.
Piero Lorenzi
Uhm...
RispondiEliminaora tutto è chiaro...
i viaggi transoceanici, le moto, le auto lussuose, il camper, lo yacht, la nuova villa in costruzione ecc. ecc.
..............ma quanto oro eri riuscito, lemme lemme, a metterti nel caveau?
Non è tutto Piero,... mi ricordo infatti che i baldi operai trovarono anche un'intera cassa di bombe da mortaio (noi boce vigilavamo sul cantiere come poje, ...ben più di voi che, a quanto scrivi, eravate dediti a più licenziosi passatempi).
RispondiEliminaLa sicurezza allora era un concetto un po' soggettivo, per cui il solito gato propose di annegarle nel muro di cemento in costruzione che delimitava la curva e chiudeva l'accesso alla miniera. Cosi infatti venne fatto! Inserite verticalmente nel getto di calcestruzzo, le bombette riposano il sonno dei giusti aspettando che qualche camion deragli sul ponte della Val dell'Orco e ne causi un fragoroso risveglio. Ma non preoccupiamoci neanche più di tanto, che quegli uomini avevano fatto la guerra e provvidero prima, con estrema nonchalanche a svitarne le spolette e annegarle più in là.....
non sapevo di questo ritrovamento, ma allora quel muro li è pericoloso, altro che mi, come ha scritto Haidi...
EliminaGuarda piero,che negli anni quaranta ho fatto la guerra in quella galleria,a volte a go copa,e a volte i me ga copa.Eravamo i balilla....eiha eiha allalà!!!!Ma non era tanto quello che ci interessava ma la scodella di cioccolata calda con panino l'inverno,o il panino con la marmellata, una stecchetta de cioccolata l'estate con un bicchiere di acqua frizzante.
RispondiEliminaLeccornie mai viste nelle nostre case a quei tempi!!!!!!
anch'io andavo ai fioretti di maggio solo per le caramelle che distribuiva don Emilio, ci mancherebbe *
EliminaCerto, ora mi fate ricordare pure la cava dell'oro che me l'ero dimenticata. E farla riaprire? Ma era una favola o dell'oro ne trovavano? Ciao Piero
RispondiEliminail maestro Carlo ci raccontava che l'oro lo trovavano, ma lo sforzo non valeva il guadagno, erano poche quantità, però, come dice la targa con le tecnologie moderne sarebbe un peccato non provare a tastare se c'è un filone, chissa, ai posteri l'ardua sentenza, o forse è meglio che resti leggenda...bye
EliminaCiao Piero
RispondiEliminaCome sempre racconti belle storie, conciliano il sonno, erano tempi sicuramente migliori e carichi di speranze...
Un abbraccio Gino