Da scavessòn sanpieròto qual’ero, allevato a fionde, bachetùni, cortei, buschi e baiti, mi ritrovavo proiettato nel futuro in quella splendida città elvetica, che era mezzo secolo avanti nel progresso rispetto alla nostra paesana e sonnacchiosa realtà.
Un giorno di primavera andai con la mia classe, accompagnati
dalla maestra, a visitare lo zoo cittadino sulla collina di Zürichberg, alla periferia
nord della città.
La giornata era calda, il cielo terso e la gita con il tram attraverso la città costituì un'allegra parentesi di libertà. Io poi ero particolarmente eccitato: a parte
la poca fauna selvatica della nostra Valle, non avevo mai visto dal vivo
animali esotici.
L’impatto con quel giardino zoologico così ben curato e fornito, fu
quindi per me una avventura entusiasmante, soprattutto perché avevo subito
notato che ogni gabbia o recinto era dotata di una esauriente tabella esplicativa degli animali ospitati. Un’ottima occasione
per cimentarmi nella mia recente specialità.
Arrivati alle gabbie delle tigri rimasi impressionato dalla mole delle tre bestie ospitate, specialmente quella del maschio, tenuto separato dalle due femmine in un gabbione a parte: un superbo esemplare di tigre siberiana che incuteva terrore al solo suo muoversi. La gabbia del bestione era circondata da una bassa recinzione e sul lato, un po’ discosta, c’era una targa gialla con delle scritte. Desideroso di leggere quell'avviso, non visibile da dove mi trovavo, nonché di ammirare l’animale più da vicino, superai svelto la recinzione e mi recai sotto la scritta accingendomi alla sua coscienziosa lettura.
Ero abbastanza tranquillo perché l’ospite s’era intanto recato
dalla parte opposta per farsi ammirare dai miei compagni. Assorto com’ero nell’impegno
interpretativo, mi sentii improvvisamente pervadere da uno strano calore che
avvertii sulla parte sinistra del corpo, dal collo in giù. Subito la sensazione di bagnato e un odore selvatico, acerrimo e penetrante mi riportò alla
cruda realtà: il tigrone, che nel frattempo mi si era felpatamente
avvicinato, mi aveva scambiato per un
pissoir e mi aveva onorato della sua stima!
Non ho il coraggio di riferire cos'era scritto sulla
tabella!
Si può ben immaginare in quale inaudito abisso sprofondò la mia
autostima dopo questo evento che mi lasciò inane e basito alla crudele mercè
degli sberleffi divertiti dei miei compagni ... e non solo!
Fu così che imparai all’istante l’intera rassegna dei cojonamìnti nel più bieco züridütsch.
Fu così che imparai all’istante l’intera rassegna dei cojonamìnti nel più bieco züridütsch.
Ma purtroppo non finì lì.
Mi resi subito conto che l’onore che avevo ricevuto mi
aveva reso un reietto. Fino ad allora, nella mia paesana ingenuità, ritenevo che il punto massimo dell’odore nauseabondo e penetrante fosse la spussa da béco, ma l’urina di tigrone in calore, credetemi sulla
parola, non ha paragone sulla terra.
Il viaggio di ritorno in tram fu l’apoteosi
dell’emarginazione!
Io, povero, relegato mesto nell’angolino più remoto della carrozza di coda nel vuoto pneumatico del mezzo; i miei compagni e gli altri schifati viaggiatori stipati nel vagone davanti.
Io, povero, relegato mesto nell’angolino più remoto della carrozza di coda nel vuoto pneumatico del mezzo; i miei compagni e gli altri schifati viaggiatori stipati nel vagone davanti.
Ci volle più di una settimana di lavatrici e sfregamenti per
eliminare le tracce del felino, fra la disperazione di mia mamma e il relativo domestico travaglio.
La passione della lettura però m’è rimasta: l’avevo pagata a troppo caro prezzo!
Gianni Spagnolo
... non ci racconti caro coscri che da allora in Svizzera, ti chiamano Sandokan la tigre di Zurigo
RispondiEliminaCaro coscri,... ma veramente non ti sei mai chiesto perché tu hai ancora i capelli e io no?
EliminaMentre tu ti trastullavi nelle paesane mollezze, io affrontavo di petto le tigri siberiane ricevendo battesimi di fuoco!
be mi andaria fiero de aver ciapà doso na pisada de na tigre, scuxeme no xe roba da tuti i giorni...
RispondiEliminaBravo! Finalmente uno col pensiero laterale.
EliminaSiccome sei l'unico a dimostrarmi un po' di comprensione, ti farò una piccola confidenza (ma non dirlo a nessuno, mi raccomando): ben più tardi, non moltissimo tempo fa e dall'altra parte del mondo, mi è capitata un'esperienza simile con una pantera nera (questa però era femmina). Quella volta però con un balzo felino sono riuscito a schivare il getto. Non sono però riuscito ad evitare che mio figlio si piegasse un due dalle risate.
OOH!! Come ti comprendo Gianni,sono salito anch'io su un tram con sotto la scarpa
RispondiEliminauna m.... molle di cane.IN piu' era estate.....Cio' che si prova l'hai descritto
molto bene tu........
Cara Volpe, ma almeno ti sono poi aumentate le entrate, come ci consola in quel momento un vecchio proverbio???
EliminaE quando invece che popò è pipì... che proverbio potremmo inventare caro Gianni?
Quello che hai tralasciato di scrivere, caro il mio fratellone...
RispondiEliminaè stato di dire che per 15 gg hai dormito in soffitta sulla brandina del mare, che mangiavi da solo dopo degli altri, e che non sei potuto salire sull'auto di Papà e nemmeno sui mezzi pubblici, ma giravi solo a piedi e per giunta col cane della zia per poter addossare la colpa a qualcuno...
penetrante sto pisso
EliminaGianni, ho ricordi meravigliosi di te bambino. se ti incontro ci parleremo. complimenti per quello che scrivi, sono racconti bellissimi, divertenti. quello dei cessi lo abbiamo letto a voce alta in famiglia----------------NON TI DICO! ciao
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