martedì 2 aprile 2013

La Tigre



Nei primissimi anni settanta mi trovavo a frequentare l’ultima classe elementare (la sesta) a Zurigo, dove m’ero da poco trasferito per ricongiungimento familiare. 
Da scavessòn sanpieròto qual’ero, allevato a fionde, bachetùni, cortei, buschi e baiti, mi ritrovavo proiettato nel futuro in quella splendida città elvetica, che era mezzo secolo avanti nel progresso rispetto alla nostra paesana e sonnacchiosa realtà.   

Frequentavo la scuola pubblica svizzera e del tedesco dovetti subito impratichirmi alla velocità della luce, altrimenti sarei stato tagliato fuori da ogni possibilità. Un repentino cimento che non auguro a nessuno, ma che non è stato invano.  Per accelerare l’apprendimento di quella lingua avevo quindi preso l’abitudine di leggere ogni scritta che vedevo in giro, soffermandomi a coglierne la grafia e memorizzare la sintassi!
Un giorno di primavera andai con la mia classe, accompagnati dalla maestra, a visitare lo zoo cittadino sulla collina di Zürichberg, alla periferia nord della città.
La giornata era calda,  il cielo terso e la gita con il tram attraverso la città costituì un'allegra parentesi di libertà. Io poi ero particolarmente eccitato: a parte la poca fauna selvatica della nostra Valle, non avevo mai visto dal vivo animali esotici.

L’impatto con quel giardino zoologico così ben curato e fornito, fu quindi per me una avventura entusiasmante, soprattutto perché avevo subito notato che ogni gabbia o recinto era dotata di una esauriente tabella esplicativa degli animali ospitati. Un’ottima occasione per cimentarmi nella mia recente specialità.


Arrivati alle gabbie delle tigri rimasi impressionato dalla mole delle tre bestie ospitate, specialmente quella del maschio, tenuto separato dalle due femmine in un gabbione a parte: un superbo esemplare di tigre siberiana che incuteva terrore al solo suo muoversi. La gabbia del bestione era circondata da una bassa recinzione e sul lato, un po’ discosta, c’era una targa gialla con delle scritte. Desideroso di leggere quell'avviso, non visibile da dove mi trovavo, nonché di ammirare l’animale più da vicino, superai svelto la recinzione e mi recai sotto la scritta accingendomi alla sua coscienziosa lettura.

Ero abbastanza tranquillo perché l’ospite s’era intanto recato dalla parte opposta per farsi ammirare dai miei compagni. Assorto com’ero nell’impegno interpretativo, mi sentii improvvisamente pervadere da uno strano calore che avvertii sulla parte sinistra del corpo, dal collo in giù. Subito la sensazione di bagnato e un odore selvatico, acerrimo e penetrante mi riportò alla cruda realtà: il tigrone, che nel frattempo mi si era felpatamente avvicinato,  mi aveva scambiato per un pissoir e mi aveva onorato della sua stima!
Non ho il coraggio di riferire cos'era scritto sulla tabella!

Si può ben immaginare in quale inaudito abisso sprofondò la mia autostima dopo questo evento che mi lasciò inane e basito alla crudele mercè degli sberleffi divertiti dei miei compagni ... e non solo! 
Fu così che imparai all’istante l’intera rassegna dei cojonamìnti nel più bieco züridütsch.

Ma purtroppo non finì lì. 

Mi resi subito conto che l’onore che avevo ricevuto mi aveva reso un reietto. Fino ad allora, nella mia paesana ingenuità, ritenevo che il punto massimo dell’odore nauseabondo e penetrante fosse la spussa da béco, ma l’urina di tigrone in calore, credetemi sulla parola, non ha paragone sulla terra.

Il viaggio di ritorno in tram fu l’apoteosi dell’emarginazione! 
Io, povero, relegato mesto nell’angolino più remoto della carrozza di coda nel vuoto pneumatico del mezzo; i miei compagni e gli altri schifati viaggiatori stipati nel vagone davanti.
Ci volle più di una settimana di lavatrici e sfregamenti per eliminare le tracce del felino, fra la disperazione di mia mamma e il relativo domestico travaglio.

La passione della lettura però m’è rimasta: l’avevo pagata a troppo caro prezzo!
Gianni Spagnolo

9 commenti:

  1. Gino de Giani Minai2 aprile 2013 alle ore 13:06

    ... non ci racconti caro coscri che da allora in Svizzera, ti chiamano Sandokan la tigre di Zurigo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro coscri,... ma veramente non ti sei mai chiesto perché tu hai ancora i capelli e io no?
      Mentre tu ti trastullavi nelle paesane mollezze, io affrontavo di petto le tigri siberiane ricevendo battesimi di fuoco!

      Elimina
  2. be mi andaria fiero de aver ciapà doso na pisada de na tigre, scuxeme no xe roba da tuti i giorni...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bravo! Finalmente uno col pensiero laterale.
      Siccome sei l'unico a dimostrarmi un po' di comprensione, ti farò una piccola confidenza (ma non dirlo a nessuno, mi raccomando): ben più tardi, non moltissimo tempo fa e dall'altra parte del mondo, mi è capitata un'esperienza simile con una pantera nera (questa però era femmina). Quella volta però con un balzo felino sono riuscito a schivare il getto. Non sono però riuscito ad evitare che mio figlio si piegasse un due dalle risate.

      Elimina
  3. OOH!! Come ti comprendo Gianni,sono salito anch'io su un tram con sotto la scarpa
    una m.... molle di cane.IN piu' era estate.....Cio' che si prova l'hai descritto
    molto bene tu........

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Volpe, ma almeno ti sono poi aumentate le entrate, come ci consola in quel momento un vecchio proverbio???
      E quando invece che popò è pipì... che proverbio potremmo inventare caro Gianni?

      Elimina
  4. Quello che hai tralasciato di scrivere, caro il mio fratellone...
    è stato di dire che per 15 gg hai dormito in soffitta sulla brandina del mare, che mangiavi da solo dopo degli altri, e che non sei potuto salire sull'auto di Papà e nemmeno sui mezzi pubblici, ma giravi solo a piedi e per giunta col cane della zia per poter addossare la colpa a qualcuno...

    RispondiElimina
  5. Gianni, ho ricordi meravigliosi di te bambino. se ti incontro ci parleremo. complimenti per quello che scrivi, sono racconti bellissimi, divertenti. quello dei cessi lo abbiamo letto a voce alta in famiglia----------------NON TI DICO! ciao

    RispondiElimina

Girovagando

  Il passo internazionale “Los Libertadores”, conosciuto anche come Cristo Redentore, è una delle rotte più spettacolari che collegano l...