[Gianni Spagnolo © 22M25]
La foto del paese, la più antica conosciuta, non rende del tutto l’idea, ma si capisce comunque che San Piero a l’è pissigà intrà do vale che no le gà né cao né coa.
La Val de l’Orco a sud e quella del Chéstele a nord, sono infatti due corti solchi vallivi che, almeno in epoca recente, cominciano dal nulla e finiscono nel nulla; se non altro per quanto attiene al comune concetto di valle.
Non si tratta, infatti, di impluvi che collegano l’altopiano dei Sette Comuni con l’Astico, come lo sono con tutta evidenza quelli laterali dell’Assa e della Torra. No, questi partono da sotto la corona dei Soji per finire ad inabissarsi, ormai quasi invisibilmente, nei prati rivieraschi del torrente al piede della montagna. L’abbandono delle coltivazioni e l’imboscamento hanno ormai coperto quelli che, fino al secolo scorso, erano i grandi ghiaioni terminali delle due valli: i Jarùni. In epoche più remote queste pietraie lambivano l’Astico quando questi scorreva rasente il piede del dosso su cui sorge San Pietro.
Queste due valli incorniciano il Sojo, partendo ai suoi lati e racchiudono il paese in un quadretto orografico ben delimitato. Sono due solchi diversi e con caratteristiche peculiari, accomunati solo dallo sfociare nei prati attraverso sfasciumi. La Val dell’Orco origina direttamente da un incavo del Sojo, con una sorgente perenne sopra contra’ Fozati e non convoglia direttamente le acque piovane a monte, così da avere un regime fisso e non soggetto a pericolose esondazioni. Diverso invece l'andamento della Val del Chéstele, che incanala le acque meteoriche e le convoglia a valle attraverso rocce e sfasciumi che incombono pericolosamente sul suo corso più prossimo al paese. Infatti ha generato nei secoli periodiche disastrose esondazioni, tali da rendere inabitabili quelle pendici. I due ultimi episodi negli anni Venti e Trenta dello scorso secolo, hanno perciò indotto ad incanalarne l’alveo a valle e a costruire le due dighe che la sbarrano nel corso superiore, con quella maggiore ben visibile dal basso, incastonata com'è fra i "camini".
Anche l'alveo della Val dell'Orco è stato recentemente regimato, pur se l'intervento non l'avrei visto necessario per le ragioni del primo, dato che non c'era certo pericolo d'esondazioni. Anzi, aveva quell'aspetto tenebroso che suscitava il suo nome e forse era meglio lasciarlo allo stato naturale. La sua bella cascata perenne dà il benvenuto a chi entra in paese da sud; se non fosse per quell'orrendo tubo da fogna dal quale sgorga. Ma dico io: non si potrebbe sostituirlo facilmente con un bel doccione massiccio di pietra naturale? Non ne gioverebbe l'insieme?
Abbiamo ben poche ricchezze, e una di queste è ancora l'acqua: non si potrebbe trattarla un po' meglio?
Un'altra valle ancora più strana è quella del Creàro. Lambisce il piede delle Jóe e finisce nel nulla, arrestandosi sul vecchio salìso che un tempo conduceva ai Costa. Tanto per non farci mancare niente, questa è infatti una valletta per così dire pensile, ossia sospesa. La sua parte terminale, il Creàro, è un affioramento argilloso che alimenta le sorgenti dell'acquedotto della Fontana. Probabilmente in antico, prima della costruzione della Strada dela Capèla e della Strada Nova, proseguiva naturalmente verso la Roversa e i prati dell'Astico con un regime secco simile a quella del Chéstele. A differenza di quest'ultima incanala però le precipitazione eccezionali di un bacino molto modesto, per cui non ha mai dato, a memoria d'uomo, particolari problemi. Va anche considerato che l'estrema porosità del territorio, dovuta sia alla composizione calcarea delle rocce che alla loro frammentazione ai piedi dei soji, è in grado di assorbire grandi quantità d'acqua e farla permeare a valle per meandri sotterranei. Solo in occasione di eventi meteorici eccezionali quindi, ossia di rovesci copiosi ed improvvisi, questi antichi solchi possono risvegliarsi dal letargo e sorprendere i paesani dalla memoria corta.
Bella foto.che anno?
RispondiEliminaLa foto risale agli ultimi anni del Milleottocento, ossia databile tra il 1886 (anno di costruzione delle scuole, visibili nella foto) e il 1900, anno di ostruzione del capitello del Redentore sulla prima Joa (assente dalla foto).
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