«Trovo la televisione davvero molto istruttiva. Ogni volta che qualcuno mette in funzione l'apparecchio, me ne vado nell'altra stanza a leggere un libro.»
Forse molti ignorano chi sia Dostoevskij e credono che Moravia sia il nome di qualche strana malattia, ma tutti sanno chi è Vittorio Sgarbi. Non c'è stagione televisiva che non l'abbia visto protagonista. Non c’è italiano che non conosca il suo nome. Perché Sgarbi ha avuto tanto successo?
La tattica di Sgarbi è semplice: manifesta la propria “superiorità” gridando e insultando il proprio interlocutore. «Capra» è il tormentone di Sgarbi, capra-capra-capra-capra-capra-capra, grida finché il suo interlocutore non cede.
Il metodo Sgarbi oggi non è soltanto una moda, ma una regola. Nei dibattiti televisivi tutti gridano, si insultano, si gettano addosso improperi. Perché? Per catturare l’attenzione del pubblico? Per registrare un maggior numero di ascolti? Anche, ma il vero scopo è un altro. Non vogliono il dibattito, non vogliono davvero confutare, ragionare, dialogare. Non possono farlo.
La televisione ogni giorno mette in scena uno spettacolo. Vi offre l’illusione del dibattito. In ogni programma televisivo ci sono sempre tre attori: la voce che incarna il pensiero della maggioranza, (o meglio quello che vogliono voi crediate essere il pensiero della maggioranza), una voce intermedia che non si sbilancia e non prende posizione, e infine l’elemento di disturbo: il mal pensante.
Deve spararla il più grossa possibile, deve essere il più aggressivo e offensivo possibile, così tutti possono andargli contro. Non è stato invitato per essere ascoltato, ma per essere attaccato. Per ridicolizzare le idee che esprime, quelle idee che per qualche ragione sono scomode per qualcuno. E nel frattempo dare ai telespettatori l’illusione di un dibattito democratico.
G. Middei
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