Il 28 dicembre 1908 un terremoto di magnitudo 7.1 colpì le città di Messina e Reggio Calabria. Si registrarono 80 mila vittime e, ad oggi, resta uno degli eventi più tragici del nostro Paese.
A cura di Stefano Gandelli-geopop
credit: INGV
Il 28 dicembre 1908 alle ore 05:20:27 del mattino, una scossa di magnitudo 7.1 fece tremare per circa 40 secondi le città di Messina e Reggio Calabria. È stato il terremoto più potente mai registrato in Italia in epoca strumentale.
Quel sisma non solo distrusse buona parte del tessuto urbano delle due città e dei paesi limitrofi, ma fu seguito anche da un maremoto che non fece altro che peggiorare una situazione già tragica. Si stima che in questo triste evento morirono circa 80.000 persone. Ma cosa sappiamo oggi di questo terremoto? E quali furono i danni?
Il terremoto, registrato dall'Osservatorio di Messina, durò tra i 30 e i 40 secondi e (secondo le testimonianze dell'epoca) fu caratterizzato da due/tre fasi distinte, di cui l'ultima più violenta. Come confermato anche da INGV Terremoti, le aree più colpite fecero registrare un valore della scala Mercalli (per essere più precisi, scala MCS) tra il grado X e XI, cioè tra il disastroso e il molto disastroso. L'area colpita copriva circa 600 km2 e le due grandi città furono quasi completamente rase al suolo: secondo i dati del Ministero dei Lavori Pubblici dell'epoca, a Messina soltanto un paio di case risultarono illese. La scossa fu così intensa da essere avvertita in un'area estremamente ampia: dall'isola di Ischia alla provincia di Campobasso, raggiungendo anche Albania, Montenegro e Grecia.
Le cause del sisma
Nonostante per anni ci sia stata incertezza in merito a quale faglia nello specifico abbia innescato il sisma, uno studio del 2021 (Barreca et al., 2021) ha identificato la probabile struttura che causò il terremoto di Messina. Questa faglia è lunga circa 34,5 km e attraversa lo stretto di Messina per poi andare verso NE nell'entroterra calabro. Da un punto di vista geologico, si tratta di una faglia di tipo trastensivo… Per dirla in modo "pop", è una faglia caratterizzata sia dall'allontanamento reciproco tra i due blocchi, sia dal loro scorrimento laterale. Possiamo dire che si allontanano l'uno dall'altro in obliquo. Più nel dettaglio, il blocco sul quale si trova la costa siciliana si muove verso Nord-Ovest, mentre quello calabro verso Sud-Est.
La notizia del sisma fece rapidamente il giro dello Stivale, in particolare a causa della quasi totale distruzione di Reggio Calabria e Messina. Quest'ultima, in particolare, rivestiva all'epoca un ruolo di primaria importanza strategica, essendo un porto commerciale lungo le rotte che collegavano il Tirreno e il Mediterraneo centrale con il canale di Suez. Il sisma coinvolse 76 località della provincia di Reggio Calabria e 14 della provincia di Messina e si stima che furono distrutte tra il 70% e il 100% delle costruzioni presenti sul territorio. Complessivamente in tutta l'area colpita dal terremoto vennero distrutte 40 mila abitazioni, quelle gravemente danneggiate furono 33 mila e quelle lesionate 68 mila.
Questa distruzione così tragica dipese da più fattori. Sicuramente la magnitudo del sisma (e il successivo maremoto) comportarono già di per sé un elevato grado di distruzione, ma bisogna anche considerare che la qualità degli edifici all'epoca era piuttosto povera: i palazzi erano troppo alti, i muri troppo sottili, i tetti troppo pesanti e le fondamenta troppo fragili. A questo, come confermato dal ricercatore INGV Dante Mariotti in un'intervista, bisogna aggiungere il fatto che i danni di questo sisma si aggiunsero in buona parte a quelli dei terremoti precedenti. Le stesse aree, infatti, furono interessate da altre scosse nel 1894, nel 1905 e nel 1907 e all'epoca non si riuscì ad effettuare le adeguate riparazioni.
Oltre ai danni quantificabili in termini umani ed economici, il terremoto-maremoto di Messina provocò grandi cambiamenti anche a livello ambientale. Prima di tutto, si registrò un abbassamento del suolo, particolarmente visibile nelle città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovani (RC). Lungo entrambe le sponde dello stretto si registrarono poi arretramenti della linea di costa fino a 50 metri circa e in una vasta area di Sicilia e Calabria si documentarono frane e smottamenti.
Come se il terremoto non fosse già abbastanza, tra i 5 e 10 minuti dopo la scossa (stando alle testimonianze dell'epoca) un maremoto estremamente potente si scagliò su entrambe le coste dello stretto di Messina. Dalla parte siciliana si stima un'altezza delle onde compresa tra i 6 e 9,5 metri, anche se in alcune città il valore registrato fu (fortunatamente) inferiore: a Catania si raggiunsero massimo i 5 metri, mentre a Messina i 3 metri. Anche sulla costa calabrese le onde si abbatterono con estrema violenza, raggiungendo picchi compresi tra i 6 e gli 11 metri circa, con un valore massimo di 13 metri rilevato a sud del comune di Pellaro.
Come è facile immaginare, lo tsunami non fece altro che peggiorare una situazione già estremamente tragica e precaria, contribuendo ad aggravare il bilancio di vittime e di danni alle infrastrutture. Il numero di vittime legate unicamente allo tsunami, secondo le ricostruzioni, è di circa 2000, nonostante in queste circostanze sia estremamente complicato distinguere tra i danni del terremoto e del maremoto.
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