giovedì 20 febbraio 2014

Benvenuta vecchiaia






(by Genio)

14 commenti:

  1. Nol sarà mia un pensierìn lecoso pal vetusto meditabondo, vero? No ste torve pensiero benediti: mi a son come le patate da somensa, tute brute, viola e rebufà ma coi buti chei va dapartuti i cantùni. Senectute appropinquante, corporis vires languescunt sed Deo adiuvante, nos facile omnes difficultates superabimus. Ste qua xe le robe che ghe piase al Philo, tedarè che ve lassarà un comentìn ispirato.

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  2. Pronti il messaggio ispirato: bene hai fatto Carla a proporre questa riflessione. Oggidì la vecchiaia non è certo considerata né accettata ma subita e rifiutata. Certamente non è la migliore età ma ha anch'essa la sua funzione e saperla accettare e vivere bene è una grande grazia.

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    1. Eilà Phil, come butta vecchia ciabatta? Date na mossa a becolare col deeto sui tastini del piccì che qua i vol tutti essere iluminà dale to perle de sagessa. Se xe vero el dito che col corpo se frusta l'anima se giusta te dovarissi vérghene messo da parte un careto.

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    2. Cosa che invece a te, vecchio marpione, pare non sia successa. Noto però che ultimamente sembri più riflessivo e meno attratto dalla tergopresa. Chissà...

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  3. Mio papa' mi diceva sempre"Varda che deventare veci xe bruto ma morire zovene xe pejo dunque tra le due xe ancora mejo la prima".Ha "deciso" di spegnere serenamente l'interruttore a 87 anni.Devo ringraziare mio papa' per la grande lezione di vita che mi ha trasmesso.

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  4. Carla, la ghetu con ti, o co'naltri?

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  5. Nonno Menara diceva "mejo vivare vecio ma morir zovene", un'altra versione che significa avere una lunga vita ma con il massimo di facoltà fisiche e mentali fino alla morte. Un film Palma d'oro a CANNES in 2012, « Amour » di Michael Haneke evoca questo periodo della vita. L'amore che unisce una vecchia coppia è messo a rude prova.
    Un'altro problema della vecchiaia è lo sguardo dei più giovani.

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  6. Me nono invesse elghe bevea sora... e che litri!

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    1. Na volta se usava darghe el nome dei noni ai tusiti par quelo che i te' ga' ciama'BACCO i sara' sta'insaca' come un squalo quando che ti si nato.

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    2. Perbàcco, xelo el toso de Bepi Gato ?

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    3. Poesia molto bella e intensa, che ho letto solo adesso. I commenti sono al solito simpaticamente scherzosi e deviano volentieri dall'argomento - e non c'e' da meravigliarsi - ma a me piace talmente che me la copio e metto da parte.
      Ma qualcuno mi dice chi sia l'autore (si', ho letto la firma, ma CHI e'?). Grazie.

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    4. Mons. Alfredo Contran ha concluso la sua vita terrena il mattino di sabato 20 ottobre all'Opera della Provvidenza. Mons. Contran era stato per un periodo decisivo nella storia del settimanale, direttore di "La Difesa del Popolo", il giornale della diocesi di Padova.
      Tino Bedin, che ha affiancato mons. Contran alla "Difesa, così lo ricorda:
      La vera "notizia" settimanale della "Difesa" diretta da don Alfredo Contran era l'articolo di fondo del direttore. I lettori che incontravi, i preti che venivano in redazione a testimonianza della loro attenzione per il settimanale diocesano citavano inesorabilmente il "fondo" di don Alfredo. Noi redattori potevamo aver confezionato l'inchiesta più impegnativa o aver inventato il titolo più suggestivo per la prima pagina: non serviva; nelle aspettative dei lettori tutto era secondario rispetto la "lettura della vita" che settimanalmente "A.C." (è stata la sigla mai cambiata del suo articolo di fondo) proponeva a decine di migliaia di persone.
      Don Alfredo sapeva di questa attesa. Per questo "doveva" scrivere l'articolo di fondo. Egli vi si dedicava con una dedizione che né difficoltà di salute né impegni sacerdotali sono riusciti a scalfire, settimana dopo settimana, per anni, per decenni. Amava questa puntualità come uno spirito esigente ed obbediente sa amare il dovere. Da questa fedeltà tenace del direttore verso i propri lettori è nato il legame di decine di migliaia di persone con la "Difesa del Popolo" e l'immagine di mons. Contran nel cuore della gente.
      L'attualità esistenziale. I "fondi" di don Alfredo non erano quasi mai commenti alla cronaca immediata. L'interesse che destavano non derivava dalla curiosità per i lettori di sapere "cosa pensava la Chiesa padovana" sull'argomento della settimana. La loro attualità era esistenziale. Parlavano di quello di cui migliaia di persone ogni settimana, proprio quella settimana, sentivano l'urgenza.
      Bisogna essere contemporaneamente un bravo giornalista e un bravo prete per saperli scrivere. Con la curiosità del cronista e lo scandaglio del confessore ogni settimana don Alfredo riusciva ad individuare le domande e le incertezze dei suoi lettori e le traduceva in parole attese.
      Aveva sulla scrivania una cartellina di plastica in cui buttava ritagli della montagna di giornali che leggeva ogni giorno. In gran parte erano piccole notizie: vita comune, singolarità quotidiane. La domenica pomeriggio, di solito, egli confrontava questa antologia settimanale della vita raccontata con l'antologia della vita vissuta che quella stessa settimana egli si era costruita in centinaia di colloqui con le persone che bussavano al suo ufficio.
      Preziosa scelta delle parole. Non solo il contenuto, anche lo stile dei suoi articoli di fondo era la continuazione dei dialoghi di cui centinaia di persone riempivano la giornata di don Alfredo. Lo stile del "fondo" era specifico; diverso da quello che don Alfredo adottava per altri tipi di articoli. Ben costruito nella sintassi e impreziosito dalla sapiente scelta delle parole, non era però uno stile né dotto né difficile. Era lo strumento per dialogare.
      In una delle sue prime "lezioni" di giornalismo mi aveva spiegato che lui scriveva per sua mamma: perché capisse, ma anche perché avesse le conoscenze per discutere le idee del figlio. Nello scrivere per la mamma c'è la sintesi del giornalismo popolare, di cui "La Difesa del Popolo" è da un secolo espressione e che don Alfredo ha aggiornato ed innovato, al punto che con lui la "Difesa" è stata anche una scuola di questo giornalismo.
      I molti che l'hanno da lui imparato hanno ora un impegno maggiore a praticarlo.

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  7. X Anonymous 23'36 la poesia è molto bella , penso che abbia fatto riflettere tutti e che il fatto di buttarla sullo scherzoso e ironico credo che sia un modo di esorcizzare e non voler pensare a questa fase della nostra esistenza terrena .Grazie a GIANNI che ci ha fatto conoscere questo GRANDE PERSONAGGIO che io non conoscevo.

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    1. Infatti e' come tu dici e come garbatamente pensavo. Ringrazio anch'io, e molto, Gianni per la sua disponibilita' a parlare di Don Alfredo e a farcelo conoscere meglio: grande persona davvero! E del
      resto una simile poesia, intensa e allo stesso tempo misurata ed essenziale, mi ha subito colpito.
      E, con me , certamente tanti altri lettori e lettrici.

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