martedì 4 febbraio 2014

La mosca




Era estate e sdraiato sul letto lui si godeva la frescura del tardo pomeriggio e della doccia appena fatta. Si divertiva oltremodo a far correre sull’intonaco del soffitto la sua mosca grigia spostandola con movimenti lenti da un posto all'altro, oppure con scatti velocissimi come un proiettile sparato da un fucile ad aria compressa.
Nell’attesa, lui si divertiva a riempire, con la sua mosca grigia, il tempo morto, quello del ritorno dalla spiaggia, del dopo la doccia, mentre aspettava, disteso sul letto, che sua moglie, accaldata e rossa come un gambero per l’eritema solare, preparasse gli spaghetti con un sughetto veloce profumato di basilico.

“Le ferie dell’impiegatuccio di provincia con la moglie casalinga!”, ripeteva con disprezzo suo figlio ogni volta che partivano a bordo della vecchia Fiat dell’ottantasei, una 128, carichi di scatoloni con le provviste portate da casa, tanto per risparmiare qualcosa. E da vari anni non li seguiva più: preferiva andarsene all’avventura con un gruppo di amici sfaccendati come lui, verso destinazioni sempre diverse, con l’atteggiamento del figlio di papà che pensa che: “se le vacanze non sono all’estero è meglio restarsene a casa”.
In fondo non era diverso da tanti suoi colleghi, morti di fame come lui, che però non rinunciavano a scegliere le mete più esotiche per poter dire al ritorno: "Che meraviglia le Bahamas!" oppure: "Stupendo posto Sharm El Sheik!" o ancora: "Mai vista una meraviglia del genere come le Isole Canarie!"...
A lui, invece, piaceva starsene tranquillo, nel piccolo appartamento preso in affitto per due settimane, a prezzo modico, con la sua fedele e paziente compagna, che sfidava ogni anno coraggiosamente l’eritema pur di portarsi a casa l’abbronzatura dorata che piaceva tanto a lui.


Disteso nel letto mentre la pasta bolliva pensava: "Spiagge esotiche! - mentre faceva volare la mosca di qua e  di là sul soffitto - sfido chiunque a trovare un luogo più esotico e più multietnico di questo. Pieno zeppo di Mohamed, Hali, Amir, Emal, Aarif e per non parlare del colore della pelle, cioccolato scuro e chiaro, ebano, olivastro, bianco latte, bianco tendente al giallo e chi più ne ha più ne metta.
Ne aveva conosciuti tanti ancora gli anni precedenti, e ad ogni anno di vacanza nel solito posto li ritrovava tutti mentre se ne stava seduto sulla spiaggia sotto l’ombrellone - bastava chiudere gli occhi per far rallentare le evoluzioni della mosca e prima ancora che quella ricomparisse sullo sfondo nero della palpebra - ecco che sentiva la voce di Emal, che gli passava accanto con il suo campionario di asciugamani variopinti e sgargianti " tutto a 5 Euro" e poi si allontanava lasciandosi dietro una scia di sudore.
Oppure Amir, quello degli ombrelli anch’essi variopinti, messi lì, aperti uno a fianco all’altro per far bella mostra delle immagini, come quello con le ballerine che aveva acquistato per sua moglie e dove la mosca si era posata come a indicare che quello sarebbe stato l’ombrello adatto proprio alla moglie.

Poi c’era Aarif che si era trasferito da poco nel Meridione, sulle spiagge dell’Adriatico, per vendere sottopentole, ventagli e chincaglieria del genere ai turisti, ma fino a pochi mesi prima, aveva lavorato in nero al Nord, nel Veneto, vicino a Ponte di Legno, al confine fra Lombardia e Trentino. Nel suo italiano maccheronico, con una voce piagnucolosa che accentuava la sua situazione da vittima (anche lui aveva i suoi trucchetti per convincere il cliente), gli aveva raccontato di essere stato malmenato una sera davanti ad un bar della periferia da un gruppo di giovinastri, violenti e razzisti, che gli avevano intimato di tornarsene in Tunisia al grido di “ la Padania alla Lega”! All’amico che era con lui, nigeriano, oltre alle botte avevano gridato un sacco di insulti e minacce.

Ed eccoli passare avanti e indietro a scavare solchi nella sabbia, coi loro borsoni carichi di merce copiata , borse, bracciali oppure ad esporre occhiali Carrera ben allineati sulla tavola appoggiata sulla sabbia e la mosca si posava ora sull’uno ora sull’altro paio di occhiali.


A tutto questo pensava mentre se ne stava disteso sul letto, al fresco, in attesa degli spaghetti e mentre la sua mosca saltellava qua e là rischiando di annegare nelle lacrime di compassione che gli avevano riempito gli occhi. Si sentì contento e immensamente fortunato: anche se non aveva visto le Bahamas e Sharm El Sheik era stato baciato dalla buona sorte insieme alla sua fedele compagna, che intanto scolava gli spaghetti al dente condendoli nel buon sughetto veloce al profumo di basilico fresco, e con la sua mosca grigia, che ora pareva saltellare più allegramente del solito sull’intonaco bianco del soffitto.

Nico Sartori


22 commenti:

  1. ..andaloca Nico, che rassa de bruti tiri che fa la fame. Ma in ultima ciò, situ stà bon a darghe na savatà ala mosca? O te l ghetu portà drio intel piato.

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  2. Ciao Nico, ricordi di gioventù, giornate che allora ci scaldavano il cuore ed il nostro Adriatico assolveva bene il suo compito, in fondo il sole è uno solo e non c'è bisogno di andare all'estero per godere dei suoi raggi.Con affetto Floriana

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  3. Massa bon, Don! Massa bon!
    Te lo viditu un kafka sula spiaggia, dopo calgà magnà mosche fina imbugarse!?
    e dopo el volarià che so mojere ghe fasesse i spaghiti alo scoglio?
    Carla, daghe sta benedeta 128 dell'otantasie, chel se fassa un gireto fin a iesolo.

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    1. Tuvisto Musso bon con la polenta? (tessaremìa un Polenta dal Maso, vero?) Desso se ciapemo anca dei turpilochi, no se pol pi dir gnente che i te trà par le savate Kafka e Pavese par farte sentire un bao. Sol parché naltri pori pici a ghen fato le pluriclasse coi ripetenti chei podea eserne pàre e invesse loro colgono la metafora esistenziale e la fatica del vivere celata incaolaòltra. Ssssinditu?

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    2. Sta dirme de la Polenta dal Maso, la piandea ogni volta che la ciapàva 8 a scola, l'era bituà a ciapare 10, te ricorditu? Ben, eco, quela l'è un bon servelo, ma la fo poco par la vale, lassegà persa soto la pendola.
      Sa te ghe fè lezare sta macacada la te manda a quel paese, non la vol sentire metafore strissonà par la jacheta, ghe piaze l'originale, che te strùma i meandri del sarvèlo e te tien svejo de note, altro che mosca grisa... mosca bianca!

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  4. Ma parchè suito un' turpilokio ?
    L'intreccio si regge sulla noia quotidiana, nel giro di pochi volti, senza scoppi di tragedie, senza scontri, leggero come una tela di ragno, che servirà a prendere le mosche.
    Siamo nel campo della leggerezza. Siamo nella spiaggia di Cesare Pavese.
    Bravo Nico

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  5. Scusate per la figura da scema che farò. Non riesco a capire la mosca come faceva a spostarla sul sofitto?

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    1. Dighelo Heidi, te ghè rasòn, e che la core come un balìn de flober! Sacripante mi!

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    2. Probabile chel ghesse bio qualche macia sul cristalino de l'ocio alora te vidi le mosche e te le fe volare ande che te vui ti.Ghiu capio l'arcano?????AH AH AH

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    3. Finalmente, con arguta vista "ocio de falco" ha visto tra le righe la provenienza della mosca. Comunque grazie a tutti

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  6. Ma non vi rendete conto che siete tutti una manega di siagurati che sta alla letteratura come quelli dai Scalini ai raggi del sole? Perle ai porci, Nico, stai trando delle perle a suini abituati a pastuni de scoro e patatele schissà. Ah destino atroce dei talentuosi, ... ah che genìa valligiana spudorata e scalzacane. Solo Odette intravede Melpomene e le rende ossequio, unica fra cotanta platea di zotici.

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  7. Grazie Don Sponcio, ma quanto bone le patatele par el mas-cio, ancora calde in scarsela d'inverno andando a scola. Grassie te me ghe fato ridare.

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    1. Comunque la prossima volta insieme agli spaghetti metti anche il "Clos Domitia" altrimenti uno muore di sete ginominai

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  8. la consapevolezza della felicità è in antitesi alla ricerca della felicità.Qui urge parafrasi per il porcellum.

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  9. Magnete una fritola della nonna Giorgeta, te vedare come che te si felice dopo. Te ghe el mattarellum e anca el porcellum.

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  10. Per i veterani del blog : penso di capire a cosa si riferisce HEIDI quando parla di" figuracce insulse". Potro' sbagliarmi ma secondo me ha collegato il commento di DON SPONCIO ore 20:18 come risposta al suo post ore13:13.Magari mi sbaglio pero' DON certe volte considera che ci sono amici che cercano di avvicinarsi in punta di piedi al blog e se vengono attaccati magari restano"SMORBA". Voglio solo dare un suggerimento visto che io stesso alcune volte ho avuto la stessa sensazione.Se mi sono sbagliato ritenete nullo il mio commento.

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    1. Nel post el Don, sta sicuro, el ghe la stava podando al Nico, no a chi non capisse gnente del gnente, capìo come? magari gnanca el Nico la gavarà capìa, la risposta del Don!

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    2. Grazie A.V. per le mie difese la figura insulsa era per non aver capito subito della mosca che era un difetto dell'occhio. Con Sponcio non me la prendo mi è troppo simpatico e quante cose imparo anche. Non credo che dobbiamo arabiarci per quello che dice Sponcio, lui scherza sempre con tutti.

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    3. SAGGIO MUSSO puo' darsi che sia come dici tu ,anchio certe volte non riesco ad afferrare certe sottigliezze ;ma se MAS CI PORSEI SUINI ecc.....gli lasciamo nei stalloti a ingrassare forse riusciamo a fare una bella brasolada in grande armonia.

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  11. Ma velà benedìti che mi de mio a sarìa pì patatòn de un koala sul calipto, a son fiol de nissuni ma amico de tuti. Solo che con quel sponciòto che me cato, da qualsiasi parte che me volto a ris-cio de infilsare sempre qualcheduni, ma no a posta saìo, xe che no posso far de manco purtroppamente e ale volte la xe na condana. Nissuni che me capisse! Povero Sponcio!

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    1. Ben SPONCIO mi a go' prova ' a serare i oci e imaginarte in un koala ma xe vignu'"ERROR" stessa storia con un'ape monospungiglionata in fine a go' schissa' SOLUSION e xe salta' fora un istrice parche' con tuti cuei che te sponci i aculei no i fa tempo a rifarse.Sta' tento da no restare infrissa' come un marson qualche jorno.Senza rancore sei sempre UN GRANDE.

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  12. Ma cosa ti sta succedendo Don? Ti sei veramente gettato nel minestrone? Perché con tutto questo tuo smollamento stai buttando nello sconcerto i tuoi seguaci. Uno arriva qui, legge il racconto di Nico, si fa un po' di domande, legge ii tuoi commenti testacodici e non capisce più niente. Me racomando setu, tién bota, che sto studiando i tuoi spunti "dialettici" molto interessanti. Poi non capisco perché le tue dotte lezioni di oconomia barattologica le fai solo dal Sera.

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