Alla fine
dell’antico paese sperso tra le valli, là dove partiva il
sentiero per la montagna, c’era una casa molto vecchia: l’abitavano
due genitori con i loro tre figli; coltivavano un po’ di terra ed
avevano due caprette per il latte.
Si stava
avvicinando l’inverno e bisognava trovare della legna da bruciare
durante i mesi di freddo.
Il più
grande dei tre fratelli pensò allora di salire sul monte fino a
raggiungere un fitto bosco di abeti e tagliarne uno; era un giovane
robusto, prese con sé solo l’accetta e partì. Arrivato al bosco
vide subito un abete molto grosso, che aveva anche qualche ramo
giallo e secco, e pensò di tagliare proprio quello anche perché
avrebbe ricavato tanta legna. Appena si avvicinò con l’accetta gli
alberi intorno piegarono i loro rami e non lo fecero passare.
Arrabbiato e stanco, il giovane decise di tornarsene a casa.
Pochi
giorni dopo volle salire sul monte il figlio mezzano; anche lui prese
l’accetta e, dopo qualche ora di cammino, arrivò al bosco. Pure
lui vide quell’abete grosso e un po’ ingiallito e, come il
fratello, decise di tagliarlo, ma, appena ebbe conficcato la lama
della sua accetta nel tronco, si trovò circondato da un branco di
lupi sbucati all’improvviso che lo fecero scappare a gambe levate.
Volle
quindi provare a salire il fratello più giovane, anche se gli altri
due gli dicevano che era pericoloso ed era meglio sopportare il
freddo ed accontentarsi di qualche legnetto trovato sui sentieri. Ma
il ragazzo volle partire ugualmente. Prese l’accetta e salì il
ripido sentiero che portava sul monte. Quando vide il grosso abete un
po’ ingiallito si sedette vicino al suo tronco e si mise a parlare
così: ”caro bosco, io so che tu sei antico e che ogni tuo albero è
prezioso e ci mette tanti e tanti anni per crescere, ma ho visto che
questo abete dove sono appoggiato è un po’ingiallito. A casa siamo
poveri e non sappiamo come faremo a scaldarci. Ti prometto che, se mi
lascerai tagliare questo abete e fare così la legna che ci scalderà
nell’inverno, io, appena arriverà primavera, tornerò qui e
pianterò al suo posto un nuovo piccolo abete che potrà crescere
forte e lucente”.
Appena
ebbe finito di parlare i rami degli alberi attorno si ritirarono in
modo che gli fosse più facile tagliare il grosso abete. Dopo averne
tagliato il tronco in modo da farlo cadere corse a casa, ed il
mattino successivo tornò sul monte con i suoi due fratelli per fare
la legna e trasportarla fino a casa. Pareva che quell’abete avesse
tanto di quel legno che non si riusciva più a finire: più ne
tagliavano e più ne avevano da tagliare e, alla fine, riuscirono
addirittura a venderne e comperare così anche del cibo.
Il ragazzo più giovane, però, non scordò la sua promessa ed andò in un paese vicino ad acquistare una pianticella di abete: la curò con amore tutto l’inverno e, a primavera, salì fino al grande bosco... gli abeti lo riconobbero ed il vento che cantava tra i loro rami lo salutò...; là, dove restava il ricordo del vecchio abete, il ragazzo piantò il nuovo alberello ed il sole, con i suoi riflessi, si unì al canto del vento ed al sorriso del grande bosco.
Ada
Bella storia Ada ! Come in tutte le cose ci vuole una buona ragione, tanta pedagogia, ed AMORE.
RispondiEliminaA MORE, ... mama quante volta ca sonà a more da bocia. Mi navo a more verso la tarda istà inti russari baciati, quando che le gera pi maùre a batocione e me slabiavo come un vedeleto che rivavo casa co la facia tuta imbosemà de viola e i brassi tuti russài. Ahh, A MORE....
RispondiEliminaE anca quà, dàghela col vecio! e pardepì ebete?! Sta Ada, cssa gavaràla par la sùca?
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