mercoledì 12 febbraio 2014

La storia del poro Nòno - (prima parte)



Mi ricordo che da piccoli, quando qualcuno iniziava un racconto pedante e risaputo, immancabilmente qualche presente esclamava: "No stà mìa tacàre co la storia del poro nono, desso, setu!


Ecco, quella che segue è appunto la storia del poro nono: vedete voi se continuare....


Guardando vecchie foto panoramiche della valle dell’Astico della prima metà del secolo scorso, si notano due costanti:  lo scarso numero delle abitazioni e l’estrema antropizzazione rurale del territorio con quasi assenza di vegetazione boschiva. Panorami certamente meno lussureggianti di quelli odierni, ma è pur vero che in nessuna epoca si ebbero le veloci trasformazioni dell’ultimo secolo.

Verrebbe da chiedersi come sarà stato l'aspetto  della valle nei tempi più antichi: proviamo a ragionare sui pochi elementi che abbiamo a disposizione. 

Le notizie storiche certe sono molto carenti per quanto riguarda tutto l’alto medioevo, dove si dava l’Alta Valle pressoché disabitata e meta di saltuari passaggi di pastori. Poi intorno al mille vennero gli Ospizi di San Pietro e Brancafora e con essi l’inizio dei primi nostri centri abitati; così almeno ci hanno raccontato.
Ma fu veramente così?

Tutto si fa partire dalla donazione del 912 di Berengario, primo Re d'Italia e poi imperatore del S.R.I.,  con la quale la sinistra orografica della Val d'Astico veniva infeudata al Vescovo di Padova e quella destra al Vescovo di Vicenza. Queste sono le date delle scritture superstiti, ma si tratta molto probabilmente di conferme di situazioni allora già effettive. Non guardiamo però le cose con l'occhio moderno: la religione non centra, o meglio, allora doveva ancora farsi strada il concetto di separazione fra potere temporale e spirituale e i vescovi erano dei potenti signori feudali, oltre che esponenti ecclesiastici. 
Nelle temperie seguite alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente infatti, la Chiesa di Roma fu l'unica istituzione organizzata e diffusa sul territorio che resistette al disfacimento generale e funse poi da appoggio e stimolo per la rinascita dell'Europa. 


Non stupisce dunque che gli imperatori, esauriti i flussi delle invasioni barbariche, si affidassero alle diocesi per ristrutturare e consolidare la giurisdizione sui loro territori.  
Siamo così a verso il mille quando il Vescovo di Padova dispone la fondazione di due ospizi a San Pietro e Brancafora per l'assistenza ai pellegrini e fa edificare le torri di Pedescala e Castelletto. 
La curia di Vicenza non sembra invece adottare provvedimenti; perlomeno non se ne ha notizia.

Analizziamo dunque questi diversi comportamenti, perché a mio parere potrebbero essere indicativi della situazione demografica della Valle all'epoca. 



Padova si trova a presidiare un versante di valle sostanzialmente disabitato perché allora l'Astico, con tutta probabilità, scorreva lambendo strettamente il piede dell'Altopiano, come vedremo poi. Le pianure rivierasche, dal Ponte della Pria (o delle Cavre) fino alla Marogna di Casotto appartenevano prevalentemente alla parte di Vicenza e alla comunità di Forni. Da quel lato però passava l'importante Via d'Alemagna ed ecco allora che il Vescovo deve adoperarsi a garantire il transito e agisce da pioniere, come si agisce in territori di frontiera: fa costruire ospizi e fortificazioni. 
Vicenza invece no, sembra non ne avesse motivo. Situato alla metà dell'alto corso dell'Astico c'era già un presidio abitato, probabilmente molto antico, dove da sempre si lavorava il ferro e forse altro ancora: FORNI. Forse il vescovo si limita ad autorizzare la costruzione di una chiesa, considerato che la prima in quel posto sembra risalire appunto al 980 e verosimilmente anche una torre di guardia sul Grumello. 
Se esisteva una chiesa e un centro abitato significativo a Forni, la cura d’anime dovette essere stata del tutto marginale per gli Ospizi; ma perché poi li avevano costruiti in quei posti? 

Riflettiamoci un po’:  Val della Torra (Tüar), Val del Rio Torto (Tüar). Una valle conduce nel Bìsele e da li a Monterovere attraverso il Costesìn, l’altra più direttamente inerpicandosi sul monte di Luserna. Entrambe sono porte, passaggi (Tüar) da e per la montagna sulla Via di Germania.
Due Ospizi costruiti di fronte a questi varchi  a neanche due ore di cammino uno dall’altro; sembrerebbe uno spreco anche per i pellegrini dell'epoca. Salvo non fossero i terminali di due vie diverse che convergevano a monte e a valle e forse perché c’era appunto un ostacolo in mezzo: un lago.

Non per niente anticamente per andare dagli Scalzeri a San Pietro si transitava per la Val Grossa, Pian dei Ghiri e Belfiore, che evidentemente non era lì per caso.
Gianni Spagnolo

17 commenti:

  1. Orsu' caro GIANNI avanti co la storia del nono,cosi' sapremo la verità sulle varie versioni che circolano riguardo la VALLE. Finalmente capiremo se e' nato prima l'uovo o la gallina(come dici tu in un post precedente).Ciao grazie per il tuo impegno BUON LAVORO

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  2. Sembra logico infatti, Gianni. Seguirò, con molta attenzione, la seconda parte. Grazie.

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  3. E vai Gianni dei ca son curioso

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  4. Grazie Gianni delle delucidazioni, aspetto il resto! Lucia

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  5. Molto interessante Gianni...vorrei però chiederti: il nome di val Torra non potrebbe derivare da "Thor", come suggerisce D. Giovanni Toldo nel suo libro? Ad ogni modo, la radice del nome è chiaramente cimbro-tedesca...

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  6. @Nicolò : Giuliana Rigon nella "Cultura Germanica nell'alto Astico-Posina" dice che "tor" significa in Cimbro porta, vallico, come lo scrive Gianni. La posizione geografica della valle era importantissima per la difesa dalle invasioni. Era una porta d'entrata.
    Non penso che la val Torra deriva da Thor, dio del tuono in Scandinavia. A mia conoscenza non è stato trovato vestigi di un possibile culto a questo dio. Forse Sera potrebbe dirci.
    Tonezza, Tonesch, invece, potrebbe derivare di Thor. Paul Diacre, erudito del VIII°s, evocando la guerra di Carlomagno, re dei Franchi, contro il re Danese abbandonnato dai suoi dei, scrisse : "Thonar [Thor] e Waten [Odin] non gli saranno di nessun soccorso".
    Il termine è molto più vicino. Tonesch - Thonar. Poi, si sa come i temporali sono pericolosi su l'altipiano di Tonezza, con lo Spitz e le sue riserve di ferro.
    Mi sono sempre chiesto perchè i miei antenati Fontana, quando sono scesi da Tonezza inizio 1600, avevano il sopranome di Torresan.

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  7. Ci sarebbe molto da riflettere su questo argomento Nicolò e penso che presto farò un post al riguardo.
    Gli studiosi accademici fanno discendere gli abitatori di queste montagne da immigrati provenienti dall’Alta Germania dopo il mille e si stracciano le vesti al solo pensiero che siano invece un residuo di precedenti invasioni germaniche. Poi si dilettano a riconoscere divinità o profetesse nordiche (Thor, Freya, Ganna, Ostera,ecc.) nei toponimi rimasti. Ma quei coloni bavaresi erano già cristiani e venivano ad abitare in una regione cristiana da secoli (addirittura li vogliono chiamati dai vescovi, pensa un po'..). I Longobardi e loro accoliti del settimo secolo lo erano in parte (ariani e tradizionali). Come la mettiamo? Sono del parere che serva una riconsiderazione molto approfondita della nostra storia, (senza pregiudizi o spiriti di parte che finora mi pare abbiano abbondato) e solo poi si potrà valutare la cosa in linea logica. Bisogna poi dire che spesso si vede ciò che si vuol vedere, Torra. Torto, potrebbero anche derivare più latinamente da torre, queste non mancavano certo in valle…..

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    1. Capisco, in effetti certi passaggi del libro sono chiaramente di parte però per altri versi lo ritengo una buona fonte storica...grazie per avermi esposto il tuo punto di vista, attendo la seconda parte ed il tuo prossimo post!

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    2. No, Nicolò, non mi riferivo certo a Don Giovanni Toldo, che era persona di viva intelligenza e per la formazione e l'epoca ritengo abbia fatto un lavoro egregio; salvo ovviamente riferirsi all’opera di altri per quanto non poteva verificare. Ma se confronti x.es. l'opera dei coevi abati Agostino Dal Pozzo e Marco Pezzo, capisci che differenza corre fra il primo, che approccia la cosa con rigore e spirito scientifico (caso raro per l’epoca) e non trae conclusioni definitive dove non lo può fare e il secondo che non usa la stessa umiltà. Dal Pozzo consumò l’esistenza negli studi e nelle verifiche personali delle fonti, cosa che gli procurò anche problemi di salute, ma che mi pare ben pochi abbiano fatto successivamente. Anche sull’opera che cita Odette vedrei alcune conclusioni un po’ affrettate. Ma siamo sempre nel campo delle opinioni personali dove tutto è discutibile.

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    3. Non conosco il Pezzo, invece ho letto alcuni tratti delle Memorie istoriche dei Sette Comuni vicentini; purtroppo ho solamente il formato e-book, quello cartaceo non l'ho trovato se non a prezzi esorbitanti!

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  8. Descrizione molta "onirica" della storia della nostra valle,senza alcun dato storico,tutto
    supposizioni....ad usum delphini........

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  9. Anche il Big Bang sul quale istruiamo i nostri ragazzi è una teoria basata su constatazioni logiche dell'universo in espansione, anche l'evoluzione della specie è una teoria, .. per non parlare delle ipotesi aliene e di brodi primordiali. Risposte categoriche e incontrovertibili non ne vedo e quello che oggi par vero domani può non esserlo più. Per un contadino del 1300 che s'affacciasse alla porta di casa sua, la concezione cosmogonica aristotelica (che resse per mille anni), ovvero il fatto che la terra fosse piatta e il sole le girasse attorno era un fatto acclarato e indiscutibile, soprattutto verificabilissimo attraverso i mezzi che aveva a disposizione, cioè i suoi sensi. Il dubbio e le supposizioni, anche ardite, anzi, meglio se ardite, hanno fatto progredire l'umanità. L'ipse dixit, mio caro/a, viene proprio riferito ad Aristotele.

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  10. Mmmhh, .. interessante, ...ca veden andò che te va a finire con sta storia del poronono, Sperobèn che no te salte el bao de insinganarne su che vegnemo tuti dai DxA, vero? Parché sonò a tinsàco!

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  11. Ben Sponcio,ocore farte un disegno.....

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  12. Te vorissi dire un capitèlo??!!

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