giovedì 7 marzo 2013

La polvere


La polvere



    

 Non era facile digerirla, ma le cose andarono così, dieci giorni di rigore per mancato rientro e quindi, dieci giorni di naja in più. Per fortuna, una licenza spense la tristezza , nel vedere i miei compagni tornare a casa dopo un anno di servizio militare. Alla fine del permesso sono rientrato a Belluno solo per prendere il congedo e dare addio agli amici.
Eravamo nei primi giorni di un luglio caldo; l’estate del 1978 si presentava con tutte le porte aperte e durante questi giorni di permesso successe quello che in Paese nessuno pare ora ricordare essere, almeno in quelle misure e proporzioni.
Quella mattina, verso le otto, una coppia di aerei da caccia sorvolò la valle dell’Astico, da sud verso nord lasciando dietro di loro una scia di fumo grigio e imprecazioni varie, per aver interrotto dei sonni profondi a noi, baldi giovani. Dopo varie imprecazioni dirette verso detti velivoli, mi rigirai nel letto, ma subito le campane annunciatrici della messa rimbombavano nella testa, praticamente capii che non era il caso di rimanere ancora a letto e mi alzai.
Aprii la finestra e, accecato dalla luce del sole, salutai la magnifica mattina estiva; la piazza del paese, la fontana, le scale di marmo e la facciata della chiesa, erano già baciate dal sole
Ero in bagno, quando un forte boato scosse tutta la casa e a seguire, un rumore di rotolamento, di frana, poi all’improvviso il silenzio. Corsi ad aprire la finestra che dava sulla piazza e l’immagine di tutta quella polvere che ricopriva ogni cosa mi sconvolse e il panico si diffuse in famiglia.
Proprio in quel periodo era in costruzione in via Giare la nostra nuova casa e vedendo che la zona della frana era in linea con il cantiere, a mio padre si fermò per un istante il cuore.

Non ebbe il coraggio di andare a vedere la situazione, ci andò molto più tardi. Il Sojo, il nostro Sojo, ci regalò veramente una bella giornata.

Piano piano la polvere scompariva e di corsa mi avvicinai a via Giare; nella casa sopra la macelleria dei Giacomelli una roccia di tre metri cubi si arrestò proprio sopra il bagno, fortunatamente non sfondò il solaio; proseguendo mi accorsi che diversi pezzi di roccia si arrestarono a tre metri dalla nuova casa, abbattendo solo alberi e paracarri, la casa fortunatamente non subì nessun danno.
La valle scavata dalla frana era larga circa quattro metri, partiva sotto la montagna fino al muro portante della strada delle Giare, sfondò tutti i muri e distrusse ettari di bosco; non contento mi arrampicai fino sotto il Sojo di mezzogiorno, pareva lo scoppio di una grossa bomba, per cento metri sia in largo che in lunghezza non esisteva più niente, tutto spazzato via dalla furia delle rocce.
Ricordo che in loco trovai due persone del paese: Antonio Toldo (montagnola) e Bepi Pretto (Cagnéta) e ci consolammo a vicenda rientrando in paese.
Molti anni sono passati, il Sojo se ne sta sempre tranquillo ad aspettare il bacio del sole, i lavori fatti per arginare eventuali frane sono col tempo un po’ degradati, le trincee scavate verso la parte alta hanno molto materiale al loro interno, avrebbero bisogno di una ripulita, ma questa è un’altra faccenda.   
S. Pietro in Valdastico 1978—Vicenza 2013

Piero Lorenzi

5 commenti:

  1. tutti si sono presi un bel spavento il primo pensiero è stato che meta paese era sparito ma per fortuna è andata piu che bene

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    1. Tu cara Giorgia potresti anche aggiungere che, da giorni, la tua cagna, rivolta verso il sojo... "ululava" e non ne capivate il motivo... Poi si è capito...
      Viene da chiedersi: Un cane, quante più "antenne" di noi ha?

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  2. Caro Piero, mi ricordo bene il periodo. Lavoravo a Vicenza e pranzavo nella mitica trattoria "da Righetti", punto d'incontro di tutti quelli che non potevano rincasare per il pranzo. Eravamo diventati tutti una grande famiglia. Fra questi c'erano anche tre geologi della Tecnogeo che era incaricata dei sopralluoghi ed ero costantemente aggiornata sul fatto. Ricordo che mi parlavano di una roccia molto "frola"...
    Sperémo chel Sojo el fassa el bravo e chel staga bon là... perchè credo che lo spavento sia stato per tutti enorme!

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  3. Ma ve l'immaginate il posto prima che crollassero le marogne? Come dev'essere stato il panorama? Dalle vecchie foto sembra proprio che quella distesa di sassi fosse sempre stata priva di vegetazione, solo negli ultimi decenni s'è imboscato quasi tutto. Il paesello emergeva dal fondo di una sassàra. Prudenti com'erano stiàni, vien da chiedersi anche perché abbiano costruito l'abitato in un posto così instabile. Che avessero avuto informazioni che ci sfuggono?

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  4. Posso confermare che, dalle Gioe alla valle dei Chestele, fino a venti metri sopra la strada delle Giare era una petraia
    bianca,un vero forno crematorio l'estate,priva di ogni segno di vita.Nei primi anni del dopo guerra,per opera della Fanfani,con a capo Toniti Nicola (montagnola) si comincio' a costruire i famosi" muraglioni".Per una quindicina di
    giorni(tempo massimo di lavoro) ci lavorai anch'io: 500 lire,e una scodella di minestone(una prelibatezza).
    D'allora comincio' a imboscarsi e la festa degli alberi aiuto'.Ma chi fu 'l'incosciente" che rilascio' il permesso di costruire
    al papà di piero in quel posto??? O ai fratelli Toldo (badoni) a costruire su per il saliso,sotto un soio con caduta sassi
    permanente?????Nel 1926 ai Mardemini fecero spostare la casa di sei metri con grande dispendio di soldi e perdita
    di spazio perché giudicato pericoloso il luogo!!!!!!Forse in Comune a quei tempi non esistevano ancora...............

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