lunedì 4 marzo 2013

Ai frischi



(nele Frate de Campolongo)    

       Era il luglio del '43, terzo anno di una guerra "lampo" che invece durava nel tempo, e tante vittime aveva già fatto e stava facendo, rovinando moralmente famiglie intere del nostro paese.

Fu in questo periodo che i Miei decisero di andar a far erba sù al Cimante vicino al forte di Campolongo.

Portélo con voialtri, disse mia sorella maggiore, no te vidi  che tristo che l'é.

Fu così che il mattino dopo, mi trovai con  mia sorella davanti alla malga delle Fratte in cerca di latte. La malga era composta da due edifici di dieci metri di lungo, cinque di alto, con il tetto molto pendente coperto di lamiere.

Erano separati  da una vasta corte, ma uniti fra di loro ai due lati, da un muretto con nel mezzo un passaggio chiuso da una stanga.

Entrati nel vasto corridoio della casàra, a destra si trovava la scala che portava al sotto tetto, dormitorio del casàro e dei vaccari, vero forno nei giorni caldi e na giassàra nei giorni freddi. Un po' più avanti, sempre a destra, si trovava lo stanzone della lavorazione e della stagionatura del formaggio, alla sinistra due tavole su dei cavalletti dove erano adagiate delle vaste bacinelle contenenti il latte munto alla sera. Questo latte, il mattino veniva spannato, la panna messa nel burcio per fare il burro. Dall'altra parte si trovava su una potenza la caliéra per fare il formaggio. Era già con il latte dentro ed il fuoco che ardeva.

Appesi ad un lato, lo spino per agitare e la lira per spezzettare la cagliata, delle fasce e dei panni di lino. A sinistra, una grande tavola circondata da panche, nell’angolo el fogolàre con il fuoco acceso e sulla graticola, sopra le braci, le fette di polenta. "Oh! ecco el Baise, disse el paròn," desso ti te resti qua. Dopo qualche discussione fra i grandi si decise che potevo rimanere.

Qualche momento di silenzio ed ecco apparire sulla porta lui: era il mio miglior amico. Eravamo nati e cresciuti assieme, tanto che qualche donna ci scambiava spesso l'uno per l'altro. Lui era molto povero,  ma era d'una intelligenza superiore e di una grande bontà. Io ero tutto terra e mucche, lui era sempre libri e stelle. Si rinnovava in noi due la coppia, che era stata composta da mio fratello e suo zio. Sempre assieme, anche in guerra, in Albania.

Erano insieme anche quel giorno, nascosti dietro un sasso, fucile in mano. Una bomba, uno scoppio; mio fratello si svegliò qualche giorno dopo in ospedale, una spalla perforata da una pallottola, varie ferite su tutto il corpo ed i piedi congelati. Quando chiedeva dell'amico lo ubriacavano con della graspa.

La notizia della scomparsa del figlio e del fratello sconvolse la vita delle due donne, quasi persero il senno. La mamma riversò verso il figlio un amore malsano ed oltre misura protettivo e ciò influenzò molto la sua vita. Passato il primo stupore cominciammo subito a vivere una vita spensierata.

I nidi degli uccelli comuni, quelli dei coturni o el galo sidròn non avevano più segreti per noi.

Attenti alle vipere! Un giorno in cerca di  fragole ed asaréle nel prà de Zorzi , si impadronì di noi una grande paura. Da un buso de na masiéra uscì un carbonàsso enorme che non finiva mai, ma le nostre vere vittime erano le erbesìne, ne facevamo di tutti i colori, a pensarci adesso quanto può essere crudele un bambino!  
I giorni passavano come un lampo. Un pomeriggio trovammo un vaso semi vuoto di minio rosso, andammo a cercare un rochélo e stampammo un bel cerchio rosso, sul triangolo bianco che hanno le vacche binde in fronte. 
Per noi era un capolavoro, ma non per il padrone della malga.

Arrabbiatissimo mi fece prendere il mio prosac in spalla e accompagnato dalla figlia mi spedì a casa!

Così  finirono le mie vere ed uniche vacanze.

Lino Bonifaci

11 commenti:

  1. ma come uniche vacanze...peccato che le fratte praticamente non le esiste più, era la malga più vicina al paese, a mi me piase ancora pasare par le fratte...

    RispondiElimina
  2. Uniche... dai Lino... che poi ti sei rifatto alla grande...lo sappiamo tutti che sei sempre a Lanzarote...

    RispondiElimina
  3. Vere "vacanze" piero,dove nessuna ne comandava mai niente.Mai sucesso a casa mia.Te vedaré che a casa mia
    non te desmentegavi el to nome no.Lino va darghe da magnare alle vacche.Lino va su alla fontana dei lucca
    a farle bevare.Lino porteghe le lavaure ai mas ci .E sempre cussi tutti i giorni.E cio' ti te si un sior i te disea la gente.Grasie de un sior,paron de laorare fin che te vulivi si;,intanto che el poareto el nava all'"apalto"a farse la partia
    de carte alla domenega, ti te tocava andar do in ti prè dell'astego a voltar l'acua.Do ore a restar là a vedre l' acua
    che la va de cua e delà.E stare attento che magari no i te la gire sul suo i altri. Ma setu che belo!!! Intanto i to amici
    i batea el fante.E cio' ti te si un sior ............

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie papà, di lasciarci la memoria dei vostri tempi "vecci" a noi figli e nipoti....e grazie anche a tutti gli altri di avere creato questo ritorno nel tempo...

      Elimina
    2. Oh la Nadine! Benvenuta tra noi cara!
      Quante grazie dovremmo dire pure noi a tuo Papà? Vanne orgogliosa!
      Ora valuteremo chi è più bravo con i messaggi sui post...
      Linopedia? Anne? Nadine? - Manca Pierre... la concorrenza è un motore straordinario...

      Elimina
    3. Come Figaro Lino lora...
      Figaro de qua, Figaro de là...
      tutti mi vogliono, tutti mi cercano...

      Elimina
  4. Caspita Lino, .. ma adesso che puoi battere il fante e anche il cavallo a piacimento ....ti hanno impegolato col blog...

    RispondiElimina
  5. A me per dirti il vero,amico ,non era il fatto di giocare...ero una frana,ma era vivere
    l'ambiente:il luogo chiuso,il fumo delle sigarette di "trinciato forte" mescolato alle
    svizzere,le urla e le "giaculatorie" di quello che giocava e voleva sempre vincere e le risate
    de suo compagno che le lo fasea andare ancor piu' in bestia!!! E le "pache" sulla tola:
    puuuum capoto!!!e i bicchieri che tremavano e rovesciavano il vino che lasciava un aureola
    nera sulla tavola.Ed era poco bello a tarda sera, veder alzarsi da tavola il vecchieto
    barcollante e dirigersi nel primo angolo per liberarsi ....A che tempi!!!!Addio,addio.....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eh si ciò, si vede che di ben altra tempra sei forgiato.
      Vedo però con piacere che questo piccolo spunciòto ti ha stimolato a delineare un affresco, breve ma pregno, delle patrie osterie; perché allora non ne fai oggetto di un bel post?

      Elimina
  6. Phil,grazie del suggerimento,"cerchero'" se ne saro'capace......Guarda che due anni fa non
    sapevo ancora che cos'era il computer .Prima del racconto di San Giovanni Nepomuceno di sei
    mesi fa,adoperavo la penna solo per firmare qualche assegno,o rispondere a qualche lettera
    della Sicurité Sociale.Altri erano i mie strumenti di lavoro:le mani e poco il cervello.
    Fu la "CAPESSA" e gli altri" SOCI" del blog che mi spinsero, malgrado la mia veneranda età,
    a scrivere qualche ricordo.....Allora se troverai qualche "pecca" nei mie racconti,chiedo
    venia.......

    RispondiElimina
  7. Suvvia Lino, non fare il modesto: chissà quanti pezzi avrai nel cassetto della memoria che aspettano solo di essere pigiati col ditino sul tastino.
    Poi tu hai fatto le scuole più alte di tutti su ai Baise e le uniche pecche le hai fatte sulla neve.

    RispondiElimina

Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...