giovedì 6 ottobre 2022

L'uomo carbone

 

L’accordo italo-belga del 1946, oggetto in seguito di successive integrazioni e precisazioni, prevedeva che il Belgio accogliesse migliaia di lavoratori italiani nelle sue miniere di carbone e assicurava all’Italia un’importante fornitura di carbone, proporzionale al numero di minatori inviati. In questo modo, il Belgio superava la carenza di manodopera che ne stava rallentando la ripresa industriale, mentre l’Italia, Paese sconfitto nella seconda guerra mondiale e che versava in condizioni economiche disastrose, trovava una valvola di sfogo alla dilagante disoccupazione che caratterizzava il dopoguerra e si garantiva una materia prima indispensabile alla Ricostruzione.

Ma all’ombra dei trattati si aprirà il dramma di migliaia di lavoratori, che si troveranno ad affrontare durissime condizioni di vita e di lavoro, che susciteranno vane critiche dello stesso governo De Gasperi e saliranno drammaticamente alla ribalta alcuni anni dopo la sua morte, quando un incendio scoppiato nella miniera del Bois du Cazier di Marcinelle perderanno la vita 262 persone, tra cui ben 136 immigrati italiani.

L'accordo prevedeva il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio e in cambio il governo belga s'impegnava a vendere mensilmente all’Italia un minimo di 2.500 tonnellate di carbone ogni 1.000 minatori immigrati. La manodopera non doveva avere più di 35 anni e gli invii riguardavano 2.000 persone alla volta. Il contratto prevedeva 5 anni di miniera, con l’obbligo tassativo, pena l’arresto, di farne almeno uno. Le pattuizioni tra i due governi erano dettagliate e minuziose in merito al reclutamento e allo spostamento dei lavoratori, ma nulla venne scritto relativamente ai loro diritti, alla loro salute e sicurezza; infatti in miniera i morti saranno migliaia.

Val la pena di soffermarsi sulle condizioni di quella vita e sul sistema avvolgente della miniera.  La strada sulla quale cammini è della miniera, come la casa che abiti; dei padroni della miniera è lo spaccio, il piccolo cinema, la ferrovia, il pullman, il terreno da costruzione, i mobili, i letti, il bar, la birra che bevi, il pane che mangi. Tutto è del patron. Se manchi un giorno dal lavoro l’affitto del mese ti viene conteggiato al 50% in più; se manchi due giorni ti viene raddoppiato. Se perdi una pala sotto una frana la devi pagare, se non capisci l’ordine di uno chef che parla in dialetto fiammingo prendi una multa che va a finire alla congregazione religiosa del luogo... e via di questo passo.

La miniera dava sì lavoro, ma a caro prezzo; talvolta quello della vita stessa. Non solo per le condizioni oggettivamente durissime del lavoro sottoterra e dei relativi incidenti, ma anche, e soprattutto, per le conseguenze differite sulla salute. Di miniera si moriva infatti giovani per silicosi o antracosi a quarant'anni o giù di lì. Quante vedove e orfani ha causato la "prussiera", così era chiamata allora questa patologia, nelle nostre zone? Ne morì mio nonno a 47 anni, minatore dall'età di 13 e come lui molti paesani emigrati, suoi contemporanei. Quelli che non riuscì a piegare la guerra, ci riuscì subdolamente la miniera.   

1 commento:

  1. Da brividi! Questo dovrebbe essere obbligatoriamente il rovescio della medaglia per chi percepisce indebitamente il reddito di cittadinanza e ….per distrarre qualche ns. politico impegnato h24 a lavorare per noi!!!

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