lunedì 6 giugno 2022

Il cestino da lavoro (oggetti in disuso)

Tra le tante cose scomparse dalla lista della “dota” di una ragazza, c’è anche il cestino da lavoro: indispensabile scatola in legno, a più ripiani che conteneva tutto l’occorrente per cucire, rammendare, aggiustare.  

Mia mamma ne aveva uno molto bello e anche capiente; da piccola amavo aprirlo perché mi incuriosiva il contenuto: era la scatola delle meraviglie! Bottoni di ogni misura, ganci per i reggiseni (maschio e femmina) e per le calze da donna (quelle che si attaccavano a una specie di bustino), spagnolette e fili vari, pizzi e merletti di varie fatture, elastici di varie misure (alle mutande si cambiavano gli elastici) nastro, sbiego, tempèla, corda, metro, spilli e aghi di varie misure, gesso per segnare, ditali, spille di sicurezza, uncinetti vari, forbici, piccoli “gemi” o “gugliate” di lana per aggiustare le calze e tutte quelle cose inerenti al cucito. 

Era come guardare nello scrigno di un grande tesoro, con cose sconosciute di cui chiedevo sempre informazioni; mi piacevano tanto i bottoni di madreperla che venivano attaccati ad ogni federa. 

Tutto si aggiustava, si rammendava, si cuciva, ogni indumento veniva messo a posto e spesso riviveva in altro modo: una gonna lisa diventava un grembiule, con pezzi di stoffa si confezionavano vestitini, niente veniva scartato. 

Mia mamma aveva la macchina da cucire a pedale, quasi un lusso se si pensa che a quei tempi c’erano quelle a mano, si arrangiava in ogni cosa e spesso cuciva a noi figli, quello di cui avevamo bisogno; era molto brava ad aggiustare a mano e se qualche rammendo non veniva come diceva lei, disfava il lavoro e lo rifaceva fino a che non risultava perfetto. Aveva imparato da giovane da sua mamma che le faceva cucire le pezze sui pantaloni del papà e dei fratelli: quando controllava il lavoro, se non era perfetto, tirava via la pezza dicendo che  fino a che non era attaccata bene, avrebbe continuato a “sbregàrla via”.

Quando mi sono sposata ho avuto il mio cestino da lavoro completo del necessario e il regalo di nozze del nonno e degli zii di mio marito, è stata la macchina da cucire che ancora funziona dopo ben 41 anni!  

Anche ai miei tempi, il necessario per cucire e arrangiarsi per ogni più piccolo bisogno, era cosa normale. Il mio cestino è simile a quello di mia mamma, solo più piccolo, ma c’erano anche dei piccoli cestini in vimini, dove il necessario per cucire era sempre a portata di mano. 

Ai tempi odierni, spesso il contenitore per il cucito che le ragazze possiedono quando mettono su famiglia, è una piccola bustina con all’interno una spagnoletta bianca, una nera, qualche ago e una piccola forbice. Non si usa più rammendare o aggiustare i buchi delle calze, si buttano direttamente nelle immondizie; bottoni ce ne sono pochi perché sono stati sostituiti da cerniere, spesso non si ha tempo per “giustàre” e così il cestino da lavoro è quasi sparito. Solo per chi ha la passione del cucito, del lavoro a maglia, del ricamo, dell’uncinetto, avere un contenitore per tutto il necessario è indispensabile e viene conservato con cura. 

Il cestino da lavoro di mia mamma è ancora là, nonostante lei abbia lasciato la casa da anni, è un testimone prezioso di tante ore passate a rammendare o a cucire per la sua famiglia, spesso di sera, seduta sulla tavola per essere più vicina alla  fonte di luce, così da vedere meglio. Guardandolo ho pensato a chi l'ha costruito con maestria, a mia mamma che lo ha adoperato e mi viene il magone perché mi rendo conto che tanti pezzi di storia scompaiono e non è possibile mantenerli in vita.  Ultimamente c’è una riscoperta dei vecchi oggetti della generazione passata che, cambiando completamente funzione, tornano alla luce dopo anni di oblìo.

Ogni più piccolo oggetto del passato, porta con sé una storia particolare e mi piace immaginare che, nel silenzio delle cantine o delle soffitte, ognuno possa raccontare la propria vita e vada sempre fiero del servizio che ha fatto.

Lucia Marangoni Damari

Pedescala 1 giugno 2022




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