lunedì 27 giugno 2022

Una sosta… rigenerante!

Giugno era arrivato e aveva portato le calde giornate d’inizio estate; il cielo azzurro si posava sul verde delle montagne, gli uccelli regalavano le loro melodie, la sera era una musica di grilli e le piccole lucciole con il loro lumicino, rischiaravano gli steli d’erba nella notte buia. 

Era spuntato un nuovo mattino e in località “Masi”, dopo il ponte di Pedescala, il fieno era pronto da falciare. Nonno Mènego, di buon mattino, aveva falciato il prato con la sua “false” sempre ben affilata con la “pria” che teneva nel “coàro” fatto con un corno di “vaca” attaccato alla cintura e attendeva che il sole facesse il suo lavoro: seccare il fieno per nutrire le sue mucche l’inverno successivo. 

Durante la giornata lo aveva “voltato”, fatto “antòn” e poi fatto “marèlo”: era necessario lavorare i lunghi steli con la forca o con il “restèlo” per avere un risultato eccellente. Mènego portava sempre con sé il nipote Giovannino perché era contento di stare con lui, raccontargli storie di un tempo e insegnargli i lavori  manuali. 

Il piccolo lo faceva sorridere perché provava a saltare i “marèli”, ma non ci riusciva e li disfava tutti… il vecchio con pazienza li rimetteva a posto facendo solo finta di arrabbiarsi: voleva troppo bene al nipotino anche se era un po’ monello! Le lunghe file di “marèli”, tutti ben allineati e diritti, erano l’orgoglio di Mènego; lui li ammirava contento del lavoro, ma sapeva che l’indomani li avrebbe “trati fòra”, poi dopo averlo girato e fatto “antòn”, il fieno sarebbe stato pronto da portare nella “tèsa”, avvolto da “nissolòni” sapientemente legati e poi trasportati a casa con un carretto. 

Ma  per quella sera, l’uomo aveva finito il suo lavoro, mise la forca sulla spalla e si incamminò verso il paese con Giovannino per mano. Passato il greto del torrente Assa ora asciutto, sentì più forte il rumore dell’Astego e con passi lenti e cadenzati, attraversò il prato. 

Arrivato quasi sul bordo del torrente, lasciò la mano del nipotino perché salisse sul “brìscolo” che aveva costruito per i bambini che passavano di lì e che potevano dondolarsi cullati dallo scrosciare dell’acqua sottostante. 

Si tolse il cappello, si asciugò la fronte ed il collo con il grande fazzoletto che aveva in tasca e si sedette ai piedi di un albero, appoggiando sul tronco la sua curva schiena. 

Giovannino gridava di gioia dondolandosi, mentre la brezza della sera, accarezzava le foglie. Il rumore dell’acqua, il verde del bosco, l’azzurro del cielo: tutto intorno sembrava una cartolina! Mènego aveva bisogno di una piccola sosta prima di tornare a casa; tirò fuori un sigaro e lo accese gustandosi il profumo e il sapore, assaporò quei momenti come un dono prezioso, chiuse gli occhi e…. 

Si appisolò, ma rimase sempre all’erta osservando il dondolio del “brìscolo” accompagnato dal cigolare del ramo su cui era attaccato. 

Pensò al suo lavoro, a Giovannino e al desiderio di stare con lui più che poteva per trasmettergli storie, proverbi e tutto il suo sapere ricevuto a sua volta dal nonno. 

Quello era il luogo ideale per ristorarsi, ascoltare, raccontare e il vecchio pensò che ogni giorno, dopo il lavoro dei campi, si sarebbe fermato lì a riposare, ma anche a tramandare con parole e gesti, tutto quello che sapeva e aveva tanto da raccontare! Era certo che il bambino avrebbe imparato in fretta e una volta adulto, avrebbe fatto la stessa cosa con i suoi figli e nipoti, generazione dopo generazione: questo era il sogno del vecchio che sperava in cuor suo di non essere mai dimenticato….

Se vi fermate al ponte di Pedescala e vedete Mènego e Giovannino, avvicinatevi con discrezione e ascoltate… fra il rumore dell’acqua e il fruscio delle foglie, potrete sentire le storie meravigliose che il nonno sta raccontando al nipotino! 

Lucia Marangoni Damari

Pedescala 20/06/2022









1 commento:

  1. Odette Fontana Favre27 giugno 2022 alle ore 09:31

    Ci sembra essere nel mondo delle fate, con tutti quest bellissimi bambocci di pezza, in diversi paesi della Val d'Astico. Poi c'è la poesia di Lucia che fa pensare ad una frase di Pablo Neruda :"Ognuno di noi porta in sé una favola, che non sa leggere da solo. Ha bisogno di qualcuno che, con meraviglia e incanto negli occhi, glielo legga e glielo racconti."

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