In Italia si sta verificando ormai da oltre tre anni un’autentica
diaspora che coinvolge pensionati, imprenditori e giovani ragazzi del
nostro Paese. Proviamo a fare un focus su questo fenomeno che è
caratterizzato da una dimensione progressivamente in crescita, questo soprattutto per l’oggettiva incertezza
che delinea ormai vivere, lavorare e fare impresa in Italia. Riportiamo
alcuni dati che ci confermano la presenza di una consistente quota
della popolazione italiana all’estero, nello specifico stando alle
iscrizioni dell’Anagrafe Italiana dei Residenti all’Estero, vi sono oltre 4,3 milioni di nostri connazionali,
rappresentativi del 7% della popolazione, che vivono in altri Paesi.
Circa il 55% di essi ha scelto l’Europa continentale, quindi un Paese
geograficamente non molto distante dall’Italia, un 40% ha preferito le
Americhe, tanto il Nord quanto il Sud, ed infine il rimanente 5% nel
resto del mondo. E’ significativo conoscere come circa il 10% della
popolazione degli italiani residenti all’estero siano
pensionati, stiamo parlando di oltre 470 mila persone che hanno un’età
superiore ai 60 anni. Le più grandi comunità di italiani all’estero le
potete trovare rispettivamente in Argentina, Germania e Svizzera, mentre
le regioni che hanno prodotto il maggior numero di emigrati sono le regioni meridionali,
con in testa la Sicilia seguita a ruota da Campania e Calabria. Quale
luce verde fa scattare il desiderio di trasferirsi per sempre in un
altro Paese? Le motivazioni sono grosso modo riconducibili al declino che caratterizza il nostro Paese in senso globale.
Chi parte e abbandona l’Italia è ormai consapevole di come questa
nazione non rappresenti più per antonomasia il Bel Paese, con una classe politica allo sbando, un’economia decadente priva di leadership, una tassazione vessatoria ormai fuori controllo e una burocrazia insopportabile.
A fianco di questi argomenti che tutti quanto noi condividiamo si è
andato ad aggiungere anche la percezione di un futuro sempre più cupo,
il degrado culturale ed una disonestà ormai dilagante
in tutti i settori vitali del Paese. Chi sono gli italiani che decidono
di abbandonare il Titanic Italia? Li possiamo dividere in tre grandi
categorie, prima fra tutti quella dei pensionati,
persone anziane che devono scontrarsi con un costo della vita
costantemente in crescita, con una perdita di potere d’acquisto e la consapevolezza
che abbandonare il Paese per andare a vivere in località più
accoglienti sia dal punto di vista climatico che dal punto di vista
economico rappresenta ormai una scelta obbligata,
l’unica soluzione per sopravvivere ed evitare di morire in povertà. Le
mete prescelte in questo caso individuano un insieme di Paesi che hanno
caratteristiche fra loro similari: condizioni climatiche molto attraenti,
convenienza economica data dal basso costo della vita e presenza di
altre comunità di italiani pensionati. Ricordiamo inoltre che vi sono
numerosi Paesi che hanno iniziato il cosiddetto retirement marketing,
ovvero la propaganda nei confronti dei pensionati di tutto il mondo, in
particolar modo nei confronti di quelli delle economie avanzate, per
attirarli da loro attraverso benefici ed incentivi. Tra questi troviamo Spagna, Cipro, Croazia,
Portogallo, Grecia e Malta per rimanere in Unione Europea, mentre fuori
dai confini comunitari hanno iniziato a diventare molto competitive le
offerte anche di Tunisia, Costa Rica, Repubblica Dominicana e
Thailandia.
In questi ultimi cinque anni sono diventati anche molto interessanti
per pensionati con rendite modeste, tra i 700 e i 1000 euro al mese,
anche Kenya, Ecuador e Bulgaria, che espongono tuttavia il pensionato ad
altre criticità, non di certo economiche. La seconda
categoria di italiani che emigrano è rappresentata dagli imprenditori
nel senso lato del termine, sono tanto professionisti quanto
rappresentanti di piccole e medie imprese che decidono di delocalizzare la propria attività
trascinandosi la famiglia ed i figli con un unico mantra mentale,
“ovunque, ma via dall’Italia”. Questi soggetti prediligono Paesi invece
che offrono il cosiddetto marketing fiscale, ovvero una serie di
incentivi soprattutto fiscali molto invitanti per spingere
l’imprenditore italiano a chiudere la propria attività e trasferirla fisicamente nel nuovo Paese
in questione. Abbiamo da questo punto di vista numerosi esempi di Paesi
che si rendono disponibili per attrarre imprenditori ed investitori, si
va dall’Austria al Marocco, dalla Serbia alla Turchia, dal Brasile
all’Irlanda, dalla Polonia agli Emirati Arabi Uniti (soprattutto Dubai) e
così via discorrendo, Paesi che si occupano di organizzare degli autentici road show all’interno
del nostro territorio italiano, solitamente presso associazioni di
professionisti o invitando gli imprenditori a partecipare a
presentazioni sulle potenzialità offerte dal tal Paese in questione.
Infine diamo uno sguardo sulla consistenza e composizione della terza
categoria di italiani che decidono di abbandonare l’Italia, che è composta da giovani laureati e giovani coppie appena sposate le quali percepiscono un consistente ridimensionamento della qualità e dello stile di vita,
si rendono conto della contrazione del mercato del lavoro e delle sue
conseguenti minori opportunità occupazionali e magari hanno una prole
molto giovane che consente loro di scegliere di abbandonare il Paese
senza per questo generare un trauma adolescenziale ai propri figli.
Mollare tutto per trasferirsi in un altro Paese presuppone anche
delle criticità, e come cita simpaticamente il detto inglese “life is
not always strawberries and cream” (la vita non è sempre panna e
fragole), non è detto che abbandonando un inferno come l’Italia si approdi magicamente in un qualche paradiso.
Infatti una delle principali criticità che mediamente gli italiani,
soprattutto di età adulta, incontrano è quella legata alla lingua. Una
modesta o assente conoscenza della lingua del Paese in cui si desidera
trasferirsi può generare fenomeni di discriminazione o difficoltà di inserimento sociale.
In aggiunta a questo, ulteriori elementi di criticità sono imputabili
alla conflittualità e diversità culturale, soprattutto nei confronti di
Paesi africani, come Tunisia, Marocco e Kenya o ai fenomeni di microcriminalità
praticamente diffusi ovunque in Paesi molto attraenti sul piano
climatico come quelli del Centro e Sud America. Infine per tutti, tranne
per i Paesi europei, permane un grande punto di domanda, quello legato
all’assistenza sanitaria. L’italiano medio è abituato ad essere coperto a 360 gradi su tutto e per tutto,
nel momento in cui si abbandona l’Italia questo tipo di protezione
viene perduta. Per questo non è solo vivamente consigliato, ma in alcuni
Paesi addirittura obbligatorio, stipulare una copertura sanitaria
privata per far fronte alle proprie future esigenze. Non esiste in
estrema sintesi nessun paradiso fuori dall’Italia, esistono Paesi che a fronte delle singole personalità e soggettività possono proporre delle aspettative di vita migliore per determinati ambiti e senza eccellere in termini assoluti su tutti gli altri Paesi: pertanto lo spirito di adattamento rappresenta una delle principali virtù da possedere qualora si decida di intraprendere questo nuovo percorso di vita.
(E: Benetazzo)
Ho letto con interesse mollo tutto.l'unico vantaggio di valdastico è pressoché l'assenza di criminalità anche perché, a chi vanno a rubare se non le patate o le mele. Da noi invece c'è da un esodo per lidi lontanissssimi di sola andata. Se non nascono bimbi e i giovani se ne vanno rimarranno i ricchi del paese rinchiusi nei loro possedimenti con i caprioli e le caprette .
RispondiEliminaDe solito se lamenta del brò grasso quili che no ga mai strassinà el culo fora dala corte. Quili che invesse i ghe ga toca far il turisti par necessità taré chei no la pensa mia cussita. Chi che ga salute e schei sta ben dapartuto, i altri in nessun logo.
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