Il
24 maggio scorso si volle celebrare con grande solennità il
centenario della dichiarazione di guerra dell'Italia contro
l'Austria, nella prima guerra mondiale.
Naturalmente questa cosa
provocò grandi polemiche fra le personalità del Trentino alto
Adige, Sindaci dei due capoluoghi e i Schuetzen, contro alcune personalità politiche italiane. Era assurdo chiedere a una
buona parte degli
altoatesini (austriaci... più dei veri austriaci) maggioritari, di
festeggiare l'inizio
di una guerra che per loro non era una Guerra, ma semplicemente
l'apertura di un nuovo fronte.
Era già più di un anno che i figli
di questa terra si battevano e morivano accanto alle truppe imperiali
nei vari fronti dei Balcani, Polonia, Russia.
Si doveva punire i
Serbi che, il 28 luglio 1914, avevano
assassinato il principe ereditario al trono d'Austria, l'arciduca
Francesco Ferdinando e la moglie Sophie. Loro preferivano le bandiere
a mezz'asta in segno di lutto, ed un minuto di silenzio in memoria dei
caduti... TUTTI... e di TUTTE le guerre.
Non so in che maniera sia stato commemorato quell'infausto giorno di cento anni fa, a San Pietro.
Quel fatidico giorno fu, per i nostri Nonni, Padri, Madri, Fratelli e per tutte quelle Persone che vi
abitavano, il giorno più orribile della loro vita.
Ebbero qualche
ora di tempo, sotto il tiro dei cannoni, per abbandonare
casa, campi, e bestiame e partire con qualche misero straccio verso
l'ignoto, come degli zingari.
Non tutti ritornarono... e dopo più di quattro,
cinque anni di vagabondaggio per l'Italia.
E che cosa trovarono al
loro ritorno? Il paese distrutto. Case devastate, spogliate di tutto, costretti a sopravvivere nelle càneve, come i topi.
I campi
seminati sì , ma di bombe... ed una vita da ricominciare.
Ricordiamoci
che il nostro Paese, zona di confine, pagò un prezzo elevatissimo a
questa Guerra.
Oltre alla sua quasi completa distruzione, furono
più di duecento gli uomini richiamati, di cui centocinquanta Combattenti. Ventiquattro
furono
i Caduti ed un numero altissimo di Reduci feriti e mutilati.
Non ci furono nella nostra Valle dei veri e propri fatti d'arme, a parte qualche scaramuccia con gli Schuetzen nelle Marogne. La provvisoria conquista delle Norre sotto il Krojere, fu l'occasione per la costruzione della strada che parte dalle case più alte di Casotto fino al ponte sopra la cascata con la congiunzione del sentiero per Belfiore: “La strada dei taliani.” La si vede ancora anche da lontano.
Ci fu qualche tiro di cannone dal Forte Belvedere con dei leggeri danni alla chiesa di San Pietro che ricevette tre obici.
Il
solo vero fatto d'arme si consumò sulle montagne nei Bassoni,
Costesin.
Sanguinosi
combattimenti avvennero per la conquista del forte di Luserna, il
quale aveva già issato bandiera bianca, quando dei grandi rinforzi in
uomini e materiali arrivarono al forte, con cannoni e moderne
mitragliatrici.
Fu un'ecatombe
per i nostri Soldati inermi esposti al fuoco nemico. Molti di loro
furono lasciati sepolti sotto le macerie delle trincee bombardate.
Ancor
oggi nella piana di Camporosà, al limite con il Costesin vi é una
stele che ricorda il luogo dove furono sepolti più di millenovecento
di questi soldati.
Ed
il primo anno di guerra passò...
Nel frattempo gli Austriaci
stavano preparando una grande offensiva. Movimenti di truppe e
materiale bellico si notavano attorno ai Forti del Trentino.
Il
grande stratega (?), il Generale Cadorna, un lume di guerra, non ci
credeva. Non credeva ai disertori che lo informavano trattandoli
come spie.
Il 15 Maggio 1916, nel pomeriggio, un diluvio di fuoco si scaricò sulle
nostre Valli e montagne, tanto che la luce del sole fu oscurata
dalla polvere e dal fumo.
Era
la vendetta perpetrata dal generale austriaco Conrad von Hotzendorf
nemico acerrimo degli italiani, rei d'aver tradito la “Triplice
Alleanza”.
Incominciava così la Strafexpedition (spedizione punitiva) composta da 300 battaglioni e 2000 pezzi d'artiglieria contro la metà delle forze italiane.
Davanti
a tanta potenza “i nostri Forti” caddero ad uno a uno come
birilli malgrado
la strenua resistenza e gli atti eroici dei nostri Soldati.
Ed i Kaiserjaeger avanzavano...
Tra il ventisei ed il ventisette
maggio caddero Asiago ed Arsiero nelle mani austriache. Qualche
giorno dopo fu conquistato
anche il Monte Cengio, ultimo baluardo, malgrado una eroica resistenza
dei Granatieri di Sardegna, che privi di tutto armamento, pur di non
lasciarsi fare prigionieri, si avvinghiavano al corpo del nemico e si
gettavano assieme giù per i burroni sottostanti. Il due giugno la
controffensiva italiana arrestò l'avanzata austriaca.
Cominciva,
per oltre tre anni, cioé fino al 4 novembre1918, nelle nostre
montagne, la sanguinosa guerra di trincea, rendendo il terreno simile
al suolo lunare.
Cos'é rimasto di questa Guerra, oltre la facciata monumentale, ed il monumento ai caduti nel cimitero???
Ebbene sono rimaste tre gallerie!!!
Una,
quella “de Galo”, situata ai Lucca, alla Valle, sotto al sentiero
che conduce ai Valeri; assai conosciuta. Fu costruita come le altre
due nel 1914 dal Genio Militare.
Serviva da deposito di munizioni fabbricate dalle officine
costruite nelle baracche soprastanti.
Ancora recentemente in quei
terreni si potevano trovare delle "capéte", quadrettini di
polvere solida che serviva per riempire le cartucce. La terra
“avvelenata” produce molto poco.
A noi ragazzini, questa galleria, nei giorni piovosi serviva da palestra. Trovavamo la terra crea con la quale facevamo le “baléte” (palline).
L'altra
si trova, anzi si trovava, prima della curva in cima al campo.
Come
fu distrutta la calcara al Cucco, dai “vandali“ costruttori
della strada della Singéla, negli anni settanta, così fu riempita la
galleria di detriti.
La
terza si trova duecento metri sopra le case dei Baise, nascosta dalla
vegetazione. Serviva anche questa come deposito di munizioni della guarnigione
che era di stanza qui, di fronte a Belfiore, in faccia al Kròjere.
Lino Bonifaci
Ricordo bene queste gallerie specialmente quella sopra i Baise esplorata per un pezzetto fino a che uno spiraglio di luce e un filo d'aria lo permetteva dalla sottoscritta infanta in cerca d avventura, e cosa dire delle capete che si raccoglievano come fossero biglie o tollini e si custodivano gelosamente in posti segreti per il giorno della conta a chi ne aveva di più. E' proprio vero che la prima parte della nostra vita non conosce pericoli e paure.............chissà se i bambini di oggi conoscendo queste emozioni solitarie ma vere riuscirebbero anche a fare a meno degli atti di bullismo sempre più frequenti quando si trovano in gruppo?????? Floriana
RispondiEliminaTriste ma un bel racconto. BRAVO LINO
RispondiEliminaSembra un racconto dei miei nonni di quando ero piccola. grazie signor Lino e spero che scrive più di spesso.
RispondiEliminaTrès bon lino, bien fait, parfois, vous faites capolino. Ciò, come vala oltralpe, gai butà i fasolari?
RispondiEliminaQuanti morti inutili, da entrambi le parti, per la gloria di generali e politici rincoglioniti. Questi si sono goduti la '' vecchiaia '', i nostri soldati neanche la sepoltura in un cimitero. Oggi forse, hanno l'interesse e il buonsenso, di starsene buoni, perché una guerra nucleare non lascerebbe scampo a nessuno.
RispondiEliminaBravo Lino, Sei un faro in mezzo alle montagne!.chiaro,pragmatico ed empatico.
RispondiEliminac'è un libro dello storico Dominique Lormier, dal titolo La Bravoure méconnue des soldats Italiens.
Il libro sfata il mito dei soldati italiani "svogliati" e soprattuto è scritto da un francese.Non pecca di patriottismo o bonaria compassione che avrebbe potuto avere uno scrittore italiano nei confronti del proprio popolo.