Mia Nonna la Bepa, “Toldo
Giuseppina” nata a Rotzo nel 1901 sposò Sartori Domenico “Menego
Baston” con il quale non ebbe la fortuna di una vita lunga e
serena. Menego, all’età di 29 anni, caricandosi un fascio di
ramaglia sulle spalle in località Valeri, venne morso nel collo da
un “àspese” (Aspide).
Riuscì comunque ad ucciderlo prima di
ridiscendere a casa. La nonna mi ha sempre raccontato che da lì in
poi la sua salute non fu più quella di prima ed infatti nel giro
di un anno morì.
Cosi la Bepa si ritrovò da sola con 3
figli molto piccoli, due maschi e una femmina. Tempi durissimi,
tempi di fame e grande miseria e in più una grande disgrazia per la
morte del marito che avrebbe potuto con il lavoro portare a casa
qualche “scheo” indispensabile per dar da mangiare ai propri
figli.
La Bepa dovette rimboccarsi le maniche
per sfamare da sola i suoi figli. Fece qualsiasi lavoro pur di aver
qualche cosa da comperare per mangiare.
A quel tempo c’era una ditta
“Poletto”, che faceva delle dighe di contenimento degli
affluenti dell’Astico.
Mi raccontava mia nonna Bepa che c’era
un camion che portava sacchi di cemento ai Cerati, questi servivano
per fare il calcestruzzo per costruire una diga sopra la “Bote”,
cosicché mia nonna per fare un po’ di soldi, si recava ai Cerati e
si caricava sulla schiena un sacco da 50 Kg di cemento e da lì
iniziava a salire per portarlo fino
alla diga.
alla diga.
Saliva la vecchia "pontara",
poi arrivata all’altezza dei carabinieri prendeva un sentiero che
portava, passando dietro la casa attuale di “Bojo”, fino alla
contrada dei Pertile, davanti al portico di Bonifaci Stefano, per
fermarsi poi alla fontana come prima tappa per riprendere il fiato.
Proseguiva poi per il “salìso” ora
cementato e asfaltato fino alla contra' Lucca fermandosi per la
seconda volta alla “fontana de sora” per bere un sorso d’acqua
e riposarsi un altro po’.
Riprendeva ancora la marcia passando
davanti al capitello della Madonna sempre salendo per il "salìso" e per
la contra' “in Galina” poi subito a destra continuando la irta
salita dell'ultimo tratto del "salìso" ora non più praticabile fino
ad arrivare alla “svolta dei Menonce” proseguendo poi sulla
strada sterrata della "Singéla".
La tappa successiva era all’ombra
sotto le case del “Cuco”, proseguiva poi fino "a la Bote"
per poi riprendere la strada selciata, ad un certo punto ripidissima,
che portava alla meta dove depositava il sacco di cemento che gli
operai aspettavano per fare la malta.
Tutto questo grande sforzo, questa
immane fatica, lo faceva per ben due volte e mi diceva che la paga
alla fine della giornata era di “20 schei” da non confondere con
le 20 lire di una volta!
Di quello che mia nonna mi raccontava
conservo un ricordo molto molto triste, quello di una donna che ha
dato tutto nella sua vita per i suoi figli, ma la vita, diciamolo
pure, è stata con lei ingrata e per niente riconoscente portando
nuovamente nella sua famiglia, anche negli anni seguenti, disgrazie
e morti. I suoi due figli, Sartori Antonio disperso in Russia all’età
di 19 anni e Sartori Severino, mio padre, morto in un incidente sul
lavoro all’età di 44 anni nell’ultimo giorno di lavoro dei
freddi mesi invernali di quegli anni.
Nico Sartori
Un racconto triste e drammatico. Mi ricordo le raccomandazioni di mia mamma che mi esortava di guardare bene le " fascine " di legna prima di caricarle in spalla , alludendo al giovane morso da un'aspide. Quanto hanno sofferto i nostri " veci " per una crosta di pane e un pezzettino di terreno ora quasi tutto abbandonato o minacciato da impianti industriali.
RispondiEliminagrazie Nico per questa toccante testimonianza, non bisogna dimenticare....
RispondiEliminaErano anni duri ma felici, ricordo quando andavo con i secchi di rame a prendere l'acqua alla fontana, e con la capra (zola) lungo i sentieri, e strade, a Messa ogni mattina prima della scuola, ora è tutto diverso, dove andremo a finire...
RispondiEliminaDobbiamo ammetterlo: ora siamo abituati troppo bene e troppi, fan fatica a credere a queste testimonianze di vita vissuta. Continuiamo a lamentarci per tutto, non siamo più disposti a fare nessun sacrificio e non apprezziamo quel che abbiamo. Proviamo a leggere più e più volte questa testimonianza di Nico, (e quante altre ne servirebbero?)forse ci lamenteremo un po' meno. E' vero, ci sono tanti problemi di varia natura, ma la vita dei nostri predecessori era sicuramente più dura e più triste.
RispondiEliminaCiao Nico, ricordo molto bene nonna Bepa, tra l'altro nella foto di spalle sembra proprio lei, era sempre vestita di nero e anche se sembrava un poco arcigna e parlava poco aveva negli occhi una certa dolcezza che lasciava intendere le sue sofferenze. Si vedeva che era una donna forte sia nel fisico che nel carattere, praticamente l'uomo di casa sia per i suoi figli che per i suoi nipoti. Floriana
RispondiEliminaInfatti giustamente dici:SEMBRA PROPRIO LEI.Perche'la foto e tratta dalla copertina del romanzo"DIRITTO DI MEMORIA"di ANDREA NICOLUSSI GOLO.Comunque e' solo una precisazione va' bene cosi'infatti penso che in quel ritratto tutti noi riconosciamo i nostri genitori,nonni, bisnonni ecc..che tanto hanno sofferto e "tribolato"per noi.CIAO FLORIANA un'ABBRACCIO
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