venerdì 20 maggio 2016

Fatiche di una volta


Mia Nonna la Bepa, “Toldo Giuseppina” nata a Rotzo nel 1901 sposò Sartori Domenico “Menego Baston” con il quale non ebbe la fortuna di una vita lunga e serena. Menego, all’età di 29 anni, caricandosi un fascio di ramaglia sulle spalle in località Valeri, venne morso nel collo da un “àspese” (Aspide). 
Riuscì comunque ad ucciderlo prima di ridiscendere a casa. La nonna mi ha sempre raccontato che da lì in poi la sua salute non fu più quella di prima ed infatti nel giro di un anno morì.

Cosi la Bepa si ritrovò da sola con 3 figli molto piccoli, due maschi e una femmina. Tempi durissimi, tempi di fame e grande miseria e in più una grande disgrazia per la morte del marito che avrebbe potuto con il lavoro portare a casa qualche “scheo” indispensabile per dar da mangiare ai propri figli.

La Bepa dovette rimboccarsi le maniche per sfamare da sola i suoi figli. Fece qualsiasi lavoro pur di aver qualche cosa da comperare per mangiare.

A quel tempo c’era una ditta “Poletto”, che faceva delle dighe di contenimento degli affluenti dell’Astico.

Mi raccontava mia nonna Bepa che c’era un camion che portava sacchi di cemento ai Cerati, questi servivano per fare il calcestruzzo per costruire una diga sopra la “Bote”, cosicché mia nonna per fare un po’ di soldi, si recava ai Cerati e si caricava sulla schiena un sacco da 50 Kg di cemento e da lì iniziava a salire per portarlo fino
alla diga.

Saliva la vecchia "pontara", poi arrivata all’altezza dei carabinieri prendeva un sentiero che portava, passando dietro la casa attuale di “Bojo”, fino alla contrada dei Pertile, davanti al portico di Bonifaci Stefano, per fermarsi poi alla fontana come prima tappa per riprendere il fiato.

Proseguiva poi per il “salìso” ora cementato e asfaltato fino alla contra' Lucca fermandosi per la seconda volta alla “fontana de sora” per bere un sorso d’acqua e riposarsi un altro po’.

Riprendeva ancora la marcia passando davanti al capitello della Madonna sempre salendo per il "salìso" e per la contra' “in Galina” poi subito a destra continuando la irta salita dell'ultimo tratto del "salìso" ora non più praticabile fino ad arrivare alla “svolta dei Menonce” proseguendo poi sulla strada sterrata della "Singéla". 
La tappa successiva era all’ombra sotto le case del “Cuco”, proseguiva poi fino "a la Bote" per poi riprendere la strada selciata, ad un certo punto ripidissima, che portava alla meta dove depositava il sacco di cemento che gli operai aspettavano per fare la malta.

Tutto questo grande sforzo, questa immane fatica, lo faceva per ben due volte e mi diceva che la paga alla fine della giornata era di “20 schei” da non confondere con le 20 lire di una volta!

Di quello che mia nonna mi raccontava conservo un ricordo molto molto triste, quello di una donna che ha dato tutto nella sua vita per i suoi figli, ma la vita, diciamolo pure, è stata con lei ingrata e per niente riconoscente portando nuovamente nella sua famiglia, anche negli anni seguenti, disgrazie e morti. I suoi due figli, Sartori Antonio disperso in Russia all’età di 19 anni e Sartori Severino, mio padre, morto in un incidente sul lavoro all’età di 44 anni nell’ultimo giorno di lavoro dei freddi mesi invernali di quegli anni.
Nico Sartori

6 commenti:

  1. Un racconto triste e drammatico. Mi ricordo le raccomandazioni di mia mamma che mi esortava di guardare bene le " fascine " di legna prima di caricarle in spalla , alludendo al giovane morso da un'aspide. Quanto hanno sofferto i nostri " veci " per una crosta di pane e un pezzettino di terreno ora quasi tutto abbandonato o minacciato da impianti industriali.

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  2. grazie Nico per questa toccante testimonianza, non bisogna dimenticare....

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  3. Erano anni duri ma felici, ricordo quando andavo con i secchi di rame a prendere l'acqua alla fontana, e con la capra (zola) lungo i sentieri, e strade, a Messa ogni mattina prima della scuola, ora è tutto diverso, dove andremo a finire...

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  4. Dobbiamo ammetterlo: ora siamo abituati troppo bene e troppi, fan fatica a credere a queste testimonianze di vita vissuta. Continuiamo a lamentarci per tutto, non siamo più disposti a fare nessun sacrificio e non apprezziamo quel che abbiamo. Proviamo a leggere più e più volte questa testimonianza di Nico, (e quante altre ne servirebbero?)forse ci lamenteremo un po' meno. E' vero, ci sono tanti problemi di varia natura, ma la vita dei nostri predecessori era sicuramente più dura e più triste.

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  5. Ciao Nico, ricordo molto bene nonna Bepa, tra l'altro nella foto di spalle sembra proprio lei, era sempre vestita di nero e anche se sembrava un poco arcigna e parlava poco aveva negli occhi una certa dolcezza che lasciava intendere le sue sofferenze. Si vedeva che era una donna forte sia nel fisico che nel carattere, praticamente l'uomo di casa sia per i suoi figli che per i suoi nipoti. Floriana

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    1. Infatti giustamente dici:SEMBRA PROPRIO LEI.Perche'la foto e tratta dalla copertina del romanzo"DIRITTO DI MEMORIA"di ANDREA NICOLUSSI GOLO.Comunque e' solo una precisazione va' bene cosi'infatti penso che in quel ritratto tutti noi riconosciamo i nostri genitori,nonni, bisnonni ecc..che tanto hanno sofferto e "tribolato"per noi.CIAO FLORIANA un'ABBRACCIO

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