La primavera di cento anni fa fu terribile per le popolazioni dell’alto vicentino. Gli austriaci lanciarono l’Offensiva di primavera (detta anche Straffexpedition), e in 13 giorni dal passo della Borcola l’esercito austriaco arrivò ad Arsiero (28 maggio 1916), marciando alla velocità strepitosa (per un esercito con cannoni masserizie tende e cucine da campo) di oltre un chilometro al giorno.
Ora dal Novegno gli Austro-Ungarici vedevano la pianura. Se fossero riusciti a sfondare, la battaglia avrebbe abbandonato le fredde montagne e si sarebbe trasferita sul piano, forse tra Vicenza e Padova si sarebbero costruite trincee e la fertile pianura veneta si sarebbe ridotta come come le pianure alsaziane, avvelenata dai gas.
L’esercito italiano sapeva di dover resistere, sui monti,
sull’altopiano, ma anche nell’ampio bacino della bassa valle
dell’Astico. Il punto cruciale era lì: la rocca di Meda e il fianco del Summano chiamato Costa La Rancina
da dove si controllavano gli sbocchi delle valli di Posina dell’Astico,
da dove si osservava il Monte Cengio e le propaggini dell’Altopiano dei
Sette Comuni.
Una squadra del Genio
C’è bisogno del Genio Militare per progettare fortificazioni,
trincee, nidi di mitragliatrici. Meda diventa luogo affollatissimo, in
quegli anni sorgerà addirittura una fabbrica di prefabbricati
in cemento armato, produceva pezzi standardizzati mezzo secolo prima
che queste fabbriche sorgessero come funghi. Bastava piazzarli uno sopra
l’altro per costruire rapidamente un posto di difesa.
E difatti il Genio Militare arriva e progetta fortificazioni,
trincee, nidi di mitragliatrici e trappole. Per fare tutto questo c’è
bisogno di rilievi, misurare angoli e distanze e disegnare planimetrie
che indichino la posizione esatta delle opere di difesa e la visuale che
da esse viene abbracciata.
Quei disegni sono stati trovati, nel fondo degli archivi. Qualche
disegno spicca tra gli altri per il suo realismo, per l’abilità con cui
l’estensore ha saputo rendere la scena. Ecco uno dei più belli
E’ talmente fatto bene che è possibile ricostruire un modello in
scala di Meda e valutare l’appropriatezza delle opere difensive. Questo
modello è ancora oggi visibile a Roma.
I ricercatori del gruppo AVVI si imbattono in altre sorprese, scoprono …
disegni, esecutivi, rilievi, mappe con indicato l’avanzamento dei lavori ma, anche, con nostra grande sorpresa, alcuni schizzi che rappresentano luoghi della valle dell’Astico che da subito hanno attirato la nostra attenzione: il livello grafico era tale che non potevano non essere notati. La presenza, all’interno dell’esercito, di persone con abilità grafiche era nota; spesso venivano impiegati per descrivere territori, rilievi, fortificazioni nemiche e in generale per poter avere uno sfondo grafico su cui discutere strategie e azioni.
Quello che però attirava di questi schizzi era, rispetto ad altri, la bellezza. Un quadro, una piccola opera d’arte più che un disegno di cantiere o di guerra.
I disegni di questo sconosciuto autore saltano subito agli occhi e
ogni volta che se ne vede uno, si riconosce la mano inconfondibile:
viene chiamato il soldato dalla mano felice.
Di chi sono quei disegni?
Ad un certo punto sorge la curiosità di capire che cosa ci sia dietro
quelle rappresentazioni. Occorre sapere chi, tra gli ufficiali del
genio sia stato mandato in zona. Un giorno ci si imbatte in un
foglietto.
La squadra del genio che arriva in zona è composta da:
- Ten. Carlo Boffi
- Ten. Camillo Costantini
- Ten. Gino Fabbrici
- S.Ten. Carlo Ferro Milone
Chi dei suddetti è l’autore? O forse l’autore è un semplice soldato senza nome?
Possibile che, lavorando presso il Genio Militare, si imparasse a rappresentare il territorio con tanta precisione?
Estendendo la ricerca l’attenzione si è concentrata sul Sottotenente Ferro Milone. Una ricerca sulla Treccani ed ecco che si scopre che si tratta di un vero e proprio …
… artista
Carlo Ferro Milone è infatti pittore diplomato all’accademia di
Torino. Al tempo della guerra è già abbastanza affermato da aver vinto
concorsi importanti: nel 1903 aveva partecipato alla Biennale d’Arte di Venezia e vi tornò nel 1905 e nel 1910. Vinse premi a Parigi. Dal 1910, su proposta del Consiglio accademico, fu nominato professore aggiunto al corso di pittura dell’Accademia di Torino.
Nel 1904 era partito per il Siam e aveva decorato il palazzo reale di Bangkok
“suoi sono gli affreschi di alcune sale, i dipinti con scene mitologiche locali, tra i quali un grande quadro ad olio con la Leggenda delle Kimara (ibid., p. 46), disegni per servizi da tavola in porcellana e il conio di alcune monete. Il soggiorno nel Siam, prolungatosi fino al 1907, arricchì l’arte del F. di nuove suggestioni culturali, senza però modificarne sostanzialmente lo stile.
Egli realizzò in Oriente bozzetti, disegni, acquerelli e ne presentò novantasei, dall’intensa policromia e ravvivati dall’uso dell’oro, nel 1911 all’Esposizione di Torino dedicata al Siam, per documentarne la vita in tutti i suoi aspetti“. (http://www.treccani.it/enciclopedia/ferro-milone-carlo-cesare_%28Dizionario_Biografico%29/)/
Afferrato il filo occorre svolgerlo fino in fondo. La ricerca ha
portato i ricercatori del gruppo AVVI ai discendenti dell’artista e al
figlio che, coincidenza, risiede a Vicenza ove la professione di medico
primario l’ha portato a stabilirsi.
Il prof. Francesco Ferro Milone, persona cortese e disponibile, ha accettato subito la nostra visita e ci ha incontrati per conoscere le scoperte che avevamo fatto riguardo al padre. Le sorprese però non sono finite lì… dalle monografie dedicate a Cesare Ferro risulta che i nostri luoghi sono stati rappresentati più volte nei suoi schizzi assieme a ritratti di persone, sia militari che civili.
Guardate questo paesaggio.
E ora guardate la mano felice con cui tratteggiava i volti dei suoi compagni di guerra.
Oppure guardate questo autoritratto.
Un enigma: la ragazza di Santorso
Amava disegnare, il Sottotenente Carlo Ferro Milone, paesaggi e
persone e i suoi quadri e disegni ci restituiscono in modo vivido
persone e paesaggi delle nostre zone.
Poi nel 1917 compare un ritratto. Una semplice
veste scura senza colletto, una sciarpa bianca aperta davanti, il viso
di tre quarti e gli occhi puntati su quello strano soldato che alternava
l’obbedienza agli ordini e la matita. Il viso è serio, le gote sono
rosse forse per il sole forse per timidezza, dai capelli portati con la
scriminatura parte un ricciolo, le labbra sono piene, lo sguardo serio.
Nella sua semplicità il ritratto è enigmatico e affascinante. Non a
caso, compare nel libro dedicato all’opera di Ferro Milone.
Ma seguiamo la descrizione degli scopritori.
In particolare un’opera ci ha colpito – Ragazza di Santorso (1917) – presente nel primo libro dedicato all’artista, pubblicato nel 1935 in seguito alla sua prematura scomparsa a causa di un incidente automobilistico l’anno precedente.
Non conosciamo l’Identità della ragazza ritratta, brevi ricerche tuttora non hanno dato esito positivo.
Così come non abbiamo ancora chiaro cosa potessero servire gli schizzi di paesaggio di Cesare Ferro. Troppo artistici per avere finalità solo militari e di comunicazione agli alti comandi del Genio Militare?
Una caccia al tesoro
Al di là dei fatti, delle funzionalità, degli scopi che certi lavori possono aver assolto, il primo conflitto non solo ci ha lasciato tracce indelebili nel paesaggio che ne ricordano la macchina da guerra e per certi versi l’orrore, ma ha anche contribuito a creato rapporti, condividere conoscenze e “obbligato” artisti come Cesare Ferro a rappresentare paesaggi e persone sconosciute che sono giunte sino a noi grazie al suo talento. Per questi motivi ci piacerebbe indagare, anche coinvolgendo la popolazione, sull’identità della persona ritratta e continuare la ricerca per capire se, dalla mano di questo artista, sono nate altre rappresentazioni dei nostri luoghi tuttora sconosciute.
Qualcuno può dare una mano a scoprire a chi appartiene quel ritratto?
- Qualcuno, tra i ricordi dei nonni ha visto una foto che rassomigli a quel ritratto?
- Potrebbe domandare ai nonni se ha mai conosciuto quella ragazza?
- Magari in qualche soffitta c’è un biglietto o qualche schizzo che il sottotenente ha regalato alla “ragazza” in cambio della pazienza di posare per ore davanti allo sguardo attento dell’ufficiale.
Fate girare il ritratto, potreste scoprire una bella storia.
L’articolo nasce dal lavoro e dalle ricerche del gruppo AVVI del quale parliamo più sotto. Si ringrazia la famiglia Ferro Milone per aver messo a disposizione materiale inedito e per averne permesso la pubblicazione.
Del ritratto di ragazza si è parlato anche qui: http://www.altovicentinonline.it/curiosita-3/santorso-chi-e-la-ragazza-del-ritratto-alla-ricerca-di-una-identita-perduta-dal-1917/
Carlo Cesare Ferro Milone
Nacque a Torino il 18 apr. 1880. Dopo aver frequentato le scuole tecniche si iscrisse all’Accademia Albertina, dove terminò gli studi nell’ottobre del 1899.
- La prima esposizione risale al 1898.
- Partecipò a mostre a Milano e a Livorno dove ottenne una medaglia d’oro.
- Nel 1903 prese parte alla V Biennale di Venezia – dove fu presente anche nel 1905, 1910, 1920, 1922 e 1926.
- Nel 1904 vinse una medaglia d’oro al Salon di Parigi.
- Sempre nel 1904 partì per il Siam dove decorò il palazzo reale di Bangkok.
- Dal 1910 fu nominato professore aggiunto al corso di pittura dell’Accademia.
- Dal 1922 diventa professore di disegno.
- Dal 1930 al 1933 ricoprì l’incarico di Presidente dell’Accademia.
Nel periodo del primo conflitto mondiale, nonostante la partecipazione alla guerra, continuò a lavorare.
Tra il terzo e il quarto decennio del novecento eseguì gli affreschi nella cappella Riccardi Candiani a Neive (Cuneo).
L’attività del Ferro Milone procedette
parallelamente con importanti commissioni pubbliche: partecipò nel 1927
al concorso per la decorazione del soffitto di un salone di palazzo
Madama a Torino; nel 1931 fu incaricato dal podestà di Imperia di
decorare il grande salone di ricevimento del palazzo comunale, dove il
F. dipinse ad affresco personaggi illustri e figure allegoriche.
Morì a Torino il 15 marzo 1934, e fu sepolto a Usseglio.
Nel 1935 all’Accademia Albertina fu organizzata una retrospettiva per celebrare il maestro; nel 1938 alla Promotrice torinese furono esposte quattordici sue tele e nel 1940 alla Biennale di Venezia gli fu dedicata una sala con diciassette opere, provenienti soprattutto da collezioni private.
Per approfondire vedasi il libro di Ernesto Lugaro, “Cesare Ferro. Un
pittore fra Torino e Bangkok” – edizione del 1935, ristampa anastatica
del 2007.
Altre notizie si trovano a questo indirizzo: http://www.treccani.it/enciclopedia/ferro-milone-carlo-cesare_%28Dizionario_Biografico%29/
Gruppo AVVI
Progetto Avvi è un
gruppo di professionisti che dal 2014 si dedica allo studio del
territorio dell’Alto Vicentino in un ottica di marketing territoriale.
Opera nel campo della ricerca storica, della promozione culturale e
turistica, della pianificazione territoriale. Ne abbiamo parlato qui: https://accogliamoleidee.wordpress.com/2015/10/10/attraverso-le-valli/
I riferimenti del progetto AVVI sono:
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