lunedì 20 luglio 2020

Laste Basse alle armi


Gianni Spagnolo © 200715
Sappiamo tutti, per averlo letto qua e là, quanta parte ebbe il conte Francesco Caldogno nella nostra storia. La sua attività e le sue analisi sono richiamate in buona parte delle pubblicazioni che riguardano le vicende del nostro territorio. Sua è la celebre "Relazione delle Alpi Vicentine e de' passi e popoli loro" (1598) nella quale denuncia le usurpazioni territoriali operate dai confinanti imperiali. Egli condusse infatti un’opera sistematica di rilevamento e difesa dei confini, organizzando una serie di pericolose spedizioni che gli valsero la stima di molte autorità veneziane, ma anche qualche invidia per tanta intraprendenza. Caldogno morì improvvisamente nel 1608, all'apice della carriera e pochi anni dopo essere stato nominato Provveditore ai confini montani vicentini, ma senza però vedere concretamente attuata quella milizia confinaria, la cui istituzione aveva tanto caldeggiato. Da abile e paziente mediatore, egli infatti si prodigò con ogni mezzo per organizzare una milizia locale che presidiasse adeguatamente i confini vicentini con l’Impero. Fu però il suo nipote omonimo che nel 1623 presenziò all'istituzione ufficiale della “Milizia dei Sette Comuni”: un piccolo esercito di iniziali 1600 effettivi a reclutamento locale ed esclusivamente destinato alla difesa del proprio territorio; non impiegabile per statuto al di fuori di esso. Ciò non impedì tuttavia ad alcuni dei nostri di servire individualmente con onore nelle battaglie europee del tempo e contro gli ottomani. Di questo piccolo esercito ho già trattato in un post precedente e perciò non mi dilungo. 
https://bronsescoverte.blogspot.com/2018/10/la-milizia-dei-7-comuni-nellalta-val.html
Credo che il Caldogno (zio) amasse la nostra terra e intendesse stabilirvisi una volta cessato il servizio. Aveva proprietà a Chiuppano, dove faceva spesso base per le sue visite sulle montagne, ma tentò di farsi investire dei Torrioni di Pedescala con l’intento di aprirvi anche un’osteria. L’operazione fu osteggiata dai comuni interessati e perciò non se ne fece nulla. Probabilmente, da militare, soffriva nel vedere quelle rovine abbandonate e intendeva porvi rimedio. Se non c’è riuscito lui, al quale certo non difettavano caparbietà, doti organizzative, mezzi ed entrature politiche, non c’è da stupirsi se a distanza di quattrocento anni siamo ancora più o meno allo stesso punto.
È interessante e curioso leggere come l’appartenenza ad una milizia territoriale fosse sentita dalla gente locale. Torma perciò utile riportare il verbale della Vicinìa tenutasi alle Laste Basse (cioè a S. Fermo, sul Cherle) nel 1610. Il Conte Caldogno pensò bene infatti di associare alla Milizia anche le comunità di Tonezza e delle Laste, che ai Sette Comuni erano contigue, parlavano la stessa lingua e ne condividevano usi e costumi, anche se non appieno i medesimi privilegi. Il testo offre anche uno spaccato dei nomi dei capifamiglia e dei luoghi, essendo interessati tutti i centri abitati del comune, incluso quelli vallivi di Montepiano e della Zoetta (Civetta-Giaconi). Dallo scritto emerge chiaramente quanto valse l’opera di sprone ed aggregazione operata dai Caldogno, che seppero motivare e convincere questi montanari sempre attenti alle loro prerogative. 
Ecco dunque la trascrizione letterale completa del verbale di Vicinìa:
Laus Deo (lode a Dio)
Vicinanza dei particulari dalle Laste Basse con quelli di Motepiano
Nel nome del Signor Iddio corendo l’Anno della sua nascitta del Mille, et seicento, et dieci inditione ottava in di de Domenica alli 13 del mese di giugno, nel loco delle Laste Basse del vicentino distreto, in casa, et habitatione de Zuanne figliolo del fu Vitto Fait del ditto loco delle Laste; presenti Zambatista figliolo de Isepo di Lorenzi da San Pietro di Val d’Astico pertinenze di Rozzo del vicentino et Zambatista figlio del fu Bortholamio delli Delai della villa delli Forni anca esso del vicentino et tutti doi testimoni à queste havutti, chiamatti, pregatti, et spicialmente ricercatti.
Nel qual loco tutti li infrascritti capi di famiglia si redussero per fare le cose infrascritte con la loro pubblica vicinanza.
Carissimi fratelli poiché sapemo noi tutti con quanta benignità il Serenissimo Nostro Principe di Venezia ne tratta come se fussimo propri figlioli, il che vedemo in effeto dalle amorevoli offerte fatane dall’Ill.mo sig. Capitano mentre che è stato in visita di questi lochi come dalla protetione che di tutti noi tiene in particulare, et universale il Molto Ill.mo et Ecc.mo Sig. conte Francesco Caldogno:
perciò essendo in dovere di mostrare verso la serenità del Nostro Principe l’affitione, et viva fede che regna in noi tutti con questa nostra pubblica, essendo così stati esortati molte volte dal Molto Ill.mo sig. conte Francesco suddetto è il dovere, et così vogliamo, et deliberiamo di accetare ancor noi in particualre quella quantità de archibusi che parerà al sudeto Molto Ill.mo sig. conte Francesco Caldogno di darne senza pero niuna nostra spesa contentandossi di andare ad esercitarssi sotto esso sig. conte Francesco nella valle del’Astico alli Forni alli tempi che sua signoria farà esercitare anco quelli da San Pietro, di Pedescala et altri con conditione però che noi non siamo mai costretti di andare a fare fationi di sorta alcuna fuori di questi nostri confini tra l’Astico, et la Posena se no come di sopra si è detto facendo sapere ad esso conte Francesco che saremo pronti di seguitarlo in tutto quello che occorrerà per sevizio della Serenissima Repubblica et per questo sia et difesa di questi lochi, et passi desiderando anco che Sua Signoria facci anco sapere à sua Serenità (il Doge n.d.r.) perché volemo et intendemo essere parimenti pronti, et fidelli al pari de ogno altro, et particolarmente come sono quelli delli Sette Comuni pregando Sua Serenità di volerne mantenire, et ampliare li nostri privilegi si come farà anco ad essi delli Sette Comuni, et che intendemo più tosto di dare che di recevere esempio da niuno altro della fideltà che dovemo havere verso Sua Serenità la quale il Signore iddio conservi perpetuamene, et così fu deliberatto universalmente da tutti.
Nomi de tutti quelli che furono presenti a questa vicinanza, et deliberatione, et presenti: Zuane Fait, Lunardo di Ghirardi suo genero, Zuane de Zanfilippo degan (decano), Antonio Slemer, Zuane Slemer, Marco f. di Lunardo Felpo (Felipo - Filippi) di Boschieri, Giorgio Felpo di Boschieri, Marco Felpo di Boschieri, Gasparo Zeche, et Zuane suo figliolo, Piero Felpo di Boschieri, Domenego Fait, Lorenzo Fiorentini, Antonio Munaro dalla Zoetta il quale ha promesso anche per Crestan f. Zacomo dalla Zoetta, Paullo q. Zuane de Montepiano, Zuane q. Antonio Munaro da Montepiano, Piero q. Mattio Munaro de Montepiano, Valentin q. Zuane Munaro de Montepiano, Zuane q. Mattio Tamburinaro da Montepiano, Mattio q. Pietro Tamburinaro de Montepiano, Stefano del q. Lorenzo de Montepiano, Piero q. Crestan dalla Zoetta, Piero q. Mattio dalla Zoetta, et Crestan q. Zuane dalla Zoetta.
Li quali tutti facendo per se, et loro heredi hanno promesso per loro, et successori soi quanto di sopra.
Et ego Lodovicus f.q. Johanes Cerattiis de Furnis scribet….

Qui sono elencati in tutto 25 capifamiglia per un totale stimabile in  circa 170 abitanti. 13 di loro abitano sulla montagna tra il Cherle e il Coston, alle Laste Basse, 5 alla Zoetta (Civetta-Giaconi) e 7 a Montepiano (dei quali 2 a Tamburinari). Vediamo come i Lastarolli siano distribuiti grossomodo equamente fra la montagna e la valle. In Valle esistevano allora due centri abitati: la Zoetta e Montepiano. Montepiano (con Tamburinari) ha mantenuto il toponimo fino ai giorni nostri e anche i cognomi dei relativi ceppi familiari. La Zoetta invece corrisponde alla Val Civetta e quindi all’odierna contra’ di Giaconi. Qui gli abitanti sono indicati con il toponimo di provenienza, anche se possiamo intravedere in quel Zacomo dalla Zoetta (Giacomo dalla Civetta) la probabile origine del cognome Giacon che poi caratterizzò quelle famiglie. L’Antonio Munaro dalla Zoetta fa intuire che in quel luogo ricco d’acque ci fosse un mulino, cosa assai più ovvia che non a Montepiano, dove pure i Munari sono prevalenti, ma che la tradizione dice provenire da Gallio. Dei cognomi antichi della montagna: Slemer, Fait, Filippi (Felpo di Boschieri), Zeche (Ziche?) e Fiorentini, mi pare sopravvissuto solo quest’ultimo, mentre gli altri si sono trasferiti e/o trasformati in seguito nei cognomi attuali del moderno comune di Lastebasse.

4 commenti:

  1. ringrazio lo Storico per questi flash di luce che rischiarano la vita di Valdastico di tanti anni fa.

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    1. Grazie per l'apprezzamento Augusto, ma scrivi pure in minuscolo. Tra qualche giorno ci sarà qualcosa anche su Pedescala, giusto per spaziare lungo la Valle.

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  2. Magnifico il tuo lavoro di ricerca Gianni, e, sopratutto di condividere con i lettori di Bronse.

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  3. Sono stato all'Archivio diocesano di Trento per proseguire nella mia ricerca genalogica. Memore di questo post ho notato che l'appellativo Fait è il soprannome di un ramo dei "(De) Guidi" di San Sebastiano/Folgaria. Grazie per il prezioso lavoro che quotidianamente mettete a nostra disposizione. Simone.

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