"A Mosca viveva un vecchio, un “generale”, che aveva passato tutta la
sua vita ad andare in giro per penitenziari e criminali.
Costui si
fermava davanti ai deportati, domandava di cosa avessero bisogno.
Raramente chiedeva dei loro reati, sebbene ascoltasse con attenzione se
era il condannato che cominciava a parlare.
Parlava con loro come
fossero fratelli, ma loro per primi, alla fine, lo considerarono un
padre. Così aveva fatto per molti anni, fino alla sua morte. Era
arrivato al punto che tutti, in Russia e in Siberia, lo conoscevano.
Mi ha
raccontato un ex deportato che aveva personalmente verificato come i
più inveterati criminali si ricordassero del generale. In verità, non lo
ricordavano con fervore o particolare solennità. Ma avveniva che uno di
quei “disgraziati”, che magari aveva ucciso una dozzina di persone, a
un tratto, di punto in bianco, sospirava e diceva: “Ma ora sarà ancora
vivo il vecchio buon generale?”.
Ma come facciamo a sapere quale seme avesse lasciato cadere quel “vecchio
buon generale” nell’anima di un uomo che, dopo vent’anni, non l’aveva
più dimenticato?
Perché qui si tratta della vita intera e delle
innumerevoli sue ramificazioni di cui restiamo all’oscuro. Il miglior
giocatore di scacchi, il più acuto scacchista può computare
anticipatamente solo alcune mosse. Quante sono qui le mosse e di quante
cose restiamo all’oscuro? Gettando il vostro seme, gettando la vostra
“carità”, la vostra buona azione, in qualsiasi forma essa sia, donate
parte della vostra individualità e accogliete in voi una parte
dell’individualità altrui; partecipate con reciprocità alla vita
dell’altro. D’altro canto, tutte le vostre idee, tutti i semi che avete
gettato, quelli che forse voi stesso avete dimenticato, germoglieranno e
cresceranno: chi avrà ricevuto qualcosa da voi, lo trasmetterà a
qualcun altro. Pertanto, come fate a sapere quale ruolo avrete avuto nel
compimento delle sorti umane?
Fedor Dostoevskij
L'idiota
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