martedì 21 luglio 2020

Fredda bontà



Il sole si faceva sentire a giugno.
La luce esplodeva in giornate accecanti. Il verde dei prati di maggio, le rose fiorite sui muri, le lucciole, lasciavano il posto a prati di fieno rasati, dove alla sera era tutto un frinire di grilli, e a distese di granturco e di grano dorato pieno di rossi papaveri.
Cominciava la vera estate, che coincideva per i contadini con la raccolta del grano, e per noi ragazzi con la chiusura delle scuole, che avrebbero riaperto ad ottobre, lasciandoci quattro mesi di spensieratezza inimmaginabile.
Coincideva anche, l'inizio di giugno, per noi bambini, con un avvenimento che durava esattamente quanto la nostra estate: l'arrivo del gelataio.
Si chiamava Armando il nostro, ed era secco secco, allampanato, asciutto, naso aquilino sotto al berretto, in un viso marrone di abbronzatura.
Era nero come un tizzone nelle parti del corpo che uscivano dalla divisa bianca che indossava e certo era snello perchè... poromo, la sua delizia ce la portava davanti casa col suo carrettino a pedali.
Si partiva con quel particolare mezzo d'epoca carico della sua mercanzia, da un paese vicino, si faceva tutte le stradine interne per arrivare dietro al nostro paese, poi in un percorso riconfermato anno dopo anno, da lì girava sempre per strade piccole e sconosciute, verso la vinova, la nostra più grande di strada, e ritornava indietro dritto al suo paese.
Da noi arrivava dunque in un rientro, e più tardi che dalle altre parti pensavo, visto che si fermava in ogni aia che incontrava, ad ogni casa, ad ogni piccolo borgo o casamento.
L'orario dell'arrivo erano le quattro del pomeriggio e lo sentivi eccome, perchè Armando il gelataio, si annunciava con un suono particolare, una trombetta, a forma di cono quasi come quelli che biscottati, portava lui.
“Pppeeepppeeee.... ppeeppeeeee..”.. non era ancora alla svoltata e già suonava...
Non ce ne sarebbe stato bisogno, perchè noi figlioli, avevamo l'orario incorporato con l'arrivo del gelataio, e sapevamo perfettamente quando presentarci.
In quelle giornate dove già iniziava l'afa, dove dopo il desinare non sentivi più volare una mosca, dove i contadini riposavano con gli usci chiusi, noi bimbetti invece scalpitavamo in mezzo ai campi, sotto il sole, sudati, accaldati, ma improvvisamente, come ad un segnale adeguato, ancor prima che il segnale del suono ci arrivasse alle orecchie, come se ci fosse stato un comando divino che solo noi riconoscevamo, si usciva da tane e nascondigli, e come in quel film dove i giocatori di baseball appaiono come fantasmi, sbucando dal granturco, ci si avvicinava verso la vinova...
Si presentava un esercito di bimbetti scalzi, impolverati, anche noi uscendo dal grano, dal granturco, da sotto il ponte del rio, dalle canne che ondeggiavano al vento, dai fienili... tutti rigorosamente con un soldino in mano, e ci si sistemava sulla sprondina a lato della strada, silenziosi come non mai, in quella che sembrava un'esperienza quasi mistica.
Ed era un'esperienza mistica perchè quando lo vedevi un gelato? E qui te lo portavano fino a casa... poteva essere anche acqua che per noi era il migliore del mondo... ci davano dieci lire, non di più... un gelato da venti era già un lusso, e se ti capitava a volte, obbligava i ragazzini che ti vedevano a dirti sgranando gli occhi.. “DA VENTIII!!!”
La processione dei bimbetti era la stessa su tutta la via... noi ci si conosceva tutti e si riconoscevano i gruppetti che si formavano sulla curva; arrivavano anche dai mezzi interni i ragazzini, dalle case che non davano sulla vinova insomma, e là là pian piano ad ogni casone si piantonavano rigidi e zitti. Era questo il punto sembrava davvero un rito, una celebrazione quasi, al quale noi bimbetti si dovesse ritegno e rispetto... ci si accomodava anche... ci si leccava il ciuffo ribelle, sputandoci nella mano e passandolo fra i capelli, ci si spolveravamo le ginocchia, come se presentarsi davanti al gelataio fosse stato presentarsi davanti al prete per la comunione.
Azzimati, fermi immobili, col soldo in mano, si aspettava che Armando procedesse sulla strada e poi sistemati gli ultimi gruppetti, si fermasse da noi.
E così era, una benedizione quel soldo di gelato che distribuiva a noi bimbetti, che precisi senza scalpitare né litigarsi, ci si metteva in fila davanti a lui rispettosi… “ Te come lo voi bimbo?”...
Come lo volevi?... Quello c'era... tre gusti in tutto... alternati a giorni... un giorno era cioccolato, crema e limone, il giorno successivo era crema limone e torrone... a me andava male visto che mi piaceva il cioccolato e quindi mi toccava un giorno sì e uno no..., ma mi adattavo tranquillamente pur di mangiare qualcosa, anche ai gusti meno piacevoli, imparando già a non essere tanto schifiltosa perchè poteva essere peggio e non toccarmi nulla.
Mi attaccavo quasi al carretto, ci arrivavo appena con le mani e allungavo il soldo... lui sapeva che eran piccoli i nostri gelati, e lo sapevamo anche noi, eppure non si resisteva alla fatidica frase:
“Fammelo grosso ammeè Armando”...
Gli si apriva un sorriso in faccia, come al gatto di Alice nel paese delle meraviglie, dove vedevi solo i denti bianchi in tutto quel nero, e altrettanto sornione come il gatto ti diceva... “ Oh sì... vedrai come ti sistemo...” perchè era furbo pure e con due palettate, rigirava e rigirava quel cono, e faceva sembrare che te lo caricasse di chissà quanto e poi, con un gesto repentino impercettibile, con un'ultima rigirata di paletta ti rilevava il messo, pur apparendo rimasta la stessa sostanza... io una volta replicai accorgendomi del raggiro... “ O Armando dissi.. ma te mi ce lo levi!...”
“Sembra che ti ce lo levi bimba... - rispose lui porgendomi il cono ridendo... - ma un ti ce lo metto mia...”
Eran tutti così i grandi, con noi bimbetti ci si divertivano... rimanevi un po' lì sentendoti presa in giro, ma senza capire... perchè d'altra parte che poteva darti per dieci lire...
La rivincita l'avemmo un giorno che inavvertitamente, forse non aveva messo bene il freno... lui era sceso per porgere il gelato a un vecchietto e gli scappò il carrettino... prese la discesa davanti a noi bimbetti... ci superò il carretto, mentre Armando reggendosi il cappello lo rincorreva e si riversò nella fossa davanti dietro il fico, riversando dentro capovolta anche la sorbettiera con tutto il contenuto che formò una montagnola dolce...
Le nonne ci tirarono via a stento, perchè noi ci si precipitò nella fossa coi cucchiai... lui porino imprecava e sempre imprecando si riprese quel giorno il suo carrettino vuoto e se ne tornò al paese pedalando e perdendo la giornata... noi si allungava il collo verso quel ben di Dio di cui beneficiarono topi e formiche.
Come col suo arrivo decretava l'inizio dell'estate, quando non lo vedevi più sapevi che l'estate era finita, fino all'anno dopo che non tornava... ci son venuta grande con il suono della sua trombetta, anno dopo anno, aspettandolo, e lui pure anno dopo anno invecchiò... e si adeguò ai tempi motorizzando il suo carrettino, finchè ad un certo punto non lo vidi più e anch'io, partii da questi luoghi trascinata dalla vita, eppure ancora ci penso d'estate, ancora ogni tanto rido fra me e mi sembra di sentir suonare la sua trombetta dietro la svoltata alle quattro di un pomeriggio assolato di giugno, ancora vedo la sua risata candida e le prese in giro bonarie che ci appioppava.
Non so che fine ha fatto.. non era già giovane allora, forse non ci sarà più, ma se così fosse non riesco che ad immaginarlo, anche in quell'altro mondo, se non che pedala fra le nuvole col suo carrettino, suonando la sua trombetta, e se c'è, quel mondo, spero sia caldo come le nostri estati e che lui possa anche lì, vendere al meglio... la sua fredda bontà.
da "I NUOVI RACCONTI DI NONNA GIULIA"
di Dana Carmignani

1 commento:

  1. Come erano buoni questi gelati ! Non c'era tanta scelta : fragole, crema di vaniglia, ma di prima qualità. Un ricordo magnifico dell'infanzia, quando il gelataio alzava il coperchio cromato per la boule di gelato e che emaneva il profumo, la fragranza di questa bontà !

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