Siamo qui, dopo quattro mesi dall’inizio della pandemia, a fare i conti con il tempo che ci è stato rubato e che non tornerà più. Siamo ancora accompagnati da paure e pensieri, perché anche se sembra che ci sia stato un “liberi tutti”, la situazione è tutt’altro che tranquilla.
In questi mesi abbiamo
perso tanto in affetti, amicizie, contatti, condivisioni, incontri,
abbracci, presenze: quanto conta una stretta di mano, un abbraccio,
una pacca sulla spalla? Ora ci siamo accorti di questa preziosa
medicina per il corpo e lo spirito. Lentamente, con prudenza, con
attenzione, stiamo tornando a stare fuori, incontrare amici,
riprendere qualche abitudine.
Credo però che la maggior sofferenza si viva nelle case di riposo,
dove gli ospiti, abituati a presenze, rassicurazioni e cure da parte
dei famigliari, si siano trovati con un enorme, incolmabile vuoto.
Questo li ha resi ancora più fragili di prima e spesso, lentamente,
si lasciano andare… Dall’altra parte i famigliari, che con il
loro “esserci” andavano avanti con la consapevolezza di fare
tutto quello che era possibile, per rendere meno duro il periodo in
queste residenze, hanno il cuore lacerato e la mente piena di mille
pensieri.
Vedere, toccare, parlare,
sentire, coccolare, accarezzare, far compagnia… Tutto questo non
esiste più e se gli anziani si sentono persi, i famigliari vivono un
incubo che non ha fine.
Vedersi in videochiamata
è stato ed è sempre importante, vedersi da lontano una volta alla
settimana, con tutte le sicurezze prescritte è qualcosa di più, ma
non poter stringere la mano del proprio caro, spezza il cuore,
scompiglia la mente e ferisce l’anima.
Mesi fa speravamo di
rivederli, cercavamo di rassicurarli dicendo che presto sarebbe tutto
finito, ma ora non abbiamo speranze di entrare nelle strutture come
prima, possiamo solo pregare che i nostri famigliari tengano duro,
anche se spesso si abbandonano perché non hanno più quell'
“aspettare” che arrivi qualcuno… come dice mia mamma quando
cerchiamo di rassicurarla:
“Non prendermi in giro… mi vedrai da
vicino quando sarò morta…”
Sappiamo che tutta questa
situazione serve a prevenire i terribili danni di questo virus che ha
decimato tanti anziani, eppure nella mente e nel cuore rimangono le
richieste dei nostri cari che non possiamo esaudire… Terribile e
devastante sentirsi impotenti!
Quanto tempo ci è stato
rubato con loro, quanti momenti per stare insieme abbiamo perso,
quante parole non abbiamo udito e detto…
Tempo rubato che non
ritornerà più…
Lucia Marangoni Damari
È una situazione anomala, triste, tanto triste... che solo chi la vive puó capirla... Speriamo cambino a breve le direttive regionali, ma non mi riesce purtroppo di essere ottimista...
RispondiEliminaAnche il vostro scrivere è un segno di vicinanza. Leggere vuol dire anche condividere e poi sentirsi vicini , è una pacca sulla spalla virtuale .
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