giovedì 23 luglio 2020

La bambina che giocava a campana


Nel piccolo borgo che dormiva tranquillo sotto i pini e i faggi, c'era una casa con un grande cortile in mattoni viola e gialli. Nessuno viveva lì da tempo eppure, nelle notti piene di stelle e di canti di uccelli, profumate di erba e di magnolia, le lucciole illuminavano il giardino ed il vecchio orto e rendevano vivo quel luogo per tanti anni pieno d'amore. Tutti ricordavano il brusio dei pomeriggi d'estate, o il camino fumare in inverno e disperdere nella neve il bianco del cuore e tutti sapevano di quella piccola magia che per anni era stata tramandata e che ognuno conservava nel cuore. Era vissuta lì una bambina, sotto l'ombra del bosco, protetta dall'amore dei nonni, ed ogni sera vedeva con loro sorgere la luna dalla porta di casa ed iniziava a danzare nell'orto, piena di felicità, poi sulla strada, insieme ai grilli d'estate ed ai gatti in inverno. Aveva imparato ad andare in bicicletta seguita dallo sguardo attento della vicina, un pomeriggio di giugno, quando erano in fiore le ortensie rosa e viola e le rondini volavano da tetto a tetto ad annunciare le nascite. Ogni pomeriggio giungeva correndo in quella casa fatto di amore e di abbracci, di parole gentili, delicate, di amore e di garbo, di purezza e di eternità. Giocava, protetta dall'ombra dei tetti delle case vicine, a campana, spesso da sola, e mentre saltellava e cantava, immaginava luoghi familiari pieni di affetto e di amore. I capelli si alzavano ad ogni salto, così come il vestito e lei sorrideva, poi rideva sotto il sole che guardandola la proteggeva. Mentre saltava sorridendo in mezzo alle sue estati, passarono gli anni, ma quel luogo così sereno, la proteggeva dai dolori del mondo, la coccolava e sapeva tutto della sua anima e del suo cuore ed a volte con lei piangeva nelle giornate di pioggia o sorrideva alle prime luci dell'alba e di brina quando il suo cuore rideva. Fu così che da grande quella bambina tornó spesso in quella casa gialla, la casa dei nonni, e restava seduta sotto il pergolato, parlava con essi, anche quando non c'erano più. Ma li sentiva. Nel vento che più forte scapigliava le fronde degli alberi come un saluto o spesso un dialogo al cuore, li sentiva nel profumo di peonie e di gelsomini, li sentiva nell'eco della valle addormentata, a cui affidava i suoi pensieri, a volte le sue lacrime e molti suoi sorrisi. Chiudeva gli occhi seduta sui gradini in cemento e lasciava la testa dondolare mentre cantava sussurrando le canzoni imparate da piccola: melodie d'amore o canzoni antiche, che prendevano vita e ricavano respiro ad antichi uomini che sotto il sole lavorano i campi ed aspettavano la sera per portare un fiore sul davanzale della donna che amavano in modo pulito ed eterno. Si guardava intorno e rivedeva la bambina che imparava ad andare in bicicletta seguita dalla mano ferma della vicina che le sorrideva, rivedeva un temporale estivo in mezzo al sole che prepotentemente usciva dalle nuvole e le mandava via lasciando spazio all'arcobaleno ed alle gocce fresche che cadevano dal pergolato di uva e rivedeva quella bambina col cuore pieno di amore che correva tra le piante dell'orto, che amava già tutta la vita in tutte le sue forme. Sentiva le grida degli altri bambini che giocavano, sentiva le melodie della piccola ape della frutta e ballava, saltava e toccava il cuore del cielo. Anche da adulta, seduta, si vedeva di nuovo imparare a ricamare, fare i dolci in un pomeriggio buio di dicembre, sbagliarsi una mattina fredda e toccare la porta chiusa di quella casa, che tutto sapeva senza bisogno di parlare. Mentre con la memoria degli occhi e del cuore ripeteva questi gesti, c'erano i rintocchi della campana, che scendevano uno dopo l'altro come i bambini sulla slitta sulle colline piene di neve, e venivano giù dalla rocca della chiesa attraverso le vie del piccolo borgo ed entravano in modo gentile in ogni casa, dentro ogni stanza illuminata d'oro e d'arancio mentre il sole dietro la montagna andava a dormire tardi, nelle lunghe sere d'estate. Anno dopo anno, quel rito si è sempre ripetuto e quel cortile divenne un luogo di amore, un cui farsi cullare e proteggere quando gli attacchi del mondo graffiavano il cuore. Ora di notte qualcuno dice che sente ancora i rintocchi del sasso lanciato e dei salti della bambina, che con i capelli ed il vestito che si alzano, sorride al cielo e ride al sole, mentre volano le rondini sul cortile che sapeva tutto, ora come allora e non aveva bisogno di parole, e che, protetto dall'ombra dei tetti e del bosco, proteggeva anche il cuore della bambina che un tempo lontano, ridendo, giocava a campana.
Dana Carmignani

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