martedì 12 maggio 2020

Spussamìnti


Gianni Spagnolo © 200509
Proprio così, in questo post parliamo di spusse, un argomento un po’ scostante che farà storcere il naso, è il caso di dirlo,  ai più.  
Dei nostri cinque sensi, l'olfatto è quello meno considerato, dato che la nostra modernità s’è specializzata nella neutralizzazione degli odori, specie di quelli naturali. Eppure, almeno i più stagionati di noi, hanno sperimentato un mondo in cui essi erano onnipresenti e caratterizzanti. Quando si dice di “andare a naso”, raramente si sbaglia; diversamente "dall’andare a occhio”, che è meno preciso.  Il fiuto è infatti il nostro senso più ancestrale, più animale, più istintivo. Esso è un processo complesso che attiva molteplici meccanismi cognitivi che vanno dall'individuazione, all'identificazione, fino alla rappresentazione mentale, operazioni che richiedono attenzione e memoria. È proprio la memoria l'aspetto più collegato all'olfatto, dato che permette il riconoscimento dell'oggetto-fonte dello stimolo associandolo ad esperienze di vita. Riconoscere un odore significa infatti rappresentarselo e dunque averlo già sperimentato. L’identificazione d’un odore determina il confronto dell'esperienza attuale con quelle già vissute, per poi passare ad una classificazione delle sensazioni in rapporto alle nostre personali categorie mentali. La memoria olfattiva ha una capacità unica di restituire, quando stimolata, un'esperienza passata e profondamente radicata nei ricordi: può immediatamente ridestare un'ondata di ricordi sopiti, lasciando riaffiorare un episodio della nostra esistenza che, a seconda dei casi, ci riempie di gioia, o di malinconia, di tristezza o di nostalgia. Niente è più memorabile d'un odore, capace di resistere al logorio del tempo come nessun altro dato sensoriale.
Su questo fenomeno rifletté anche Marcel Proust, per cui è conosciuta anche “Sindrome di Proust” l'abilità degli odori di evocare spontaneamente, in modo vivido e fortemente emotivo, eventi autobiografici del passato. Nella sua opera “Recherche”, lo scrittore rievoca proprio un particolare evento che lo colpisce nell’olfatto e nella memoria: egli afferma che sentendo l'odore delle Madeleine (dolcetti soffici a forma di conchiglia) si ricorda improvvisamente della propria infanzia, della zia Léonie che gliele offriva e di quando egli le mangiava. Gli odori attivano dunque la memoria episodica, un tipo di memoria che riguarda il ricordo di eventi particolari soprattutto legati alla vita dell'individuo. Ricordi inediti, in apparenza sommersi, riaffiorano in maniera sorprendentemente vivace e ricca, anche talvolta si è incapaci di denominare l'evento odoroso scatenante.
Il passare del tempo, che in genere affievolisce gli stimoli visivi e verbali, non sembra incidere sugli stimoli olfattivi: raramente gli odori si presentano isolati dal contesto della sensazione d'origine, alla quale invece sono fortemente correlati; a questo si aggiunge anche la componente emotiva, per cui le percezioni olfattive sono conservate in maniera olistica, come una percezione unica. Si tratta però d’una relazione asimmetrica: un odore ci riporta alla memoria episodi del passato con ricchezza di particolari, ma la rievocazione di una particolare circostanza non ci permette di rivivere internamente l'esperienza di un odore. Questo determina la quasi impossibilità di poter rievocare deliberatamente un odore noto.
L’olfatto sembra dunque avere una marcia in più rispetto agli altri sensi per risvegliare i ricordi. Se però gli odori non ci sono più, anche buona parte della memoria ad essi collegata è di fatto inibita. Se pensiamo infatti all’infinità di odori della nostra infanzia che non ci sono più, rimaniamo sconcertati. Certo, quando si parla di odori, s’intendono sia effluvi gradevoli che quelli meno apprezzabili, anzi, direi che le spusse fanno forse la parte del leone. L’odore dei mughetti colti in Scalòn o del muschio per il presepio era certamente più gradevole dell’afrore di stalla o dello stantìo della cantina, però sempre di perdita si tratta. Del pungente effluvio dei capussi messi a macerare, del ranso del burro a primavera, dei miasmi dei luamari accanto alle stalle, del calìdine del camino con la bassa pressione, ecc. Ma anche del fieno ribaltato, del latte appena munto, del fuoco nella stufa, della resina sulle mani, dell’inchiostro nell’ampolla, del sugo della nonna, … e tanti altri che non ci sono più. Delle spusse non ne sentiamo certo nostalgia, legate come sono a condizioni di vita sorpassate e disagiate, ma è indubbio che fanno comunque parte del nostro vissuto e della nostra memoria. In effetti quest’ultima è parecchio spussona perché gli odori, a differenza di altre informazioni mnemoniche, abbiamo appena letto che non si dimenticano mai.
M’è capitato talvolta, viaggiando in paesi lontani e dalle precarie condizioni di vita, di ritrovare odori perduti, che mi richiamavano alla memoria sensazioni ed episodi vissuti che altrimenti mai mi sarei sognato di ricordare. Erano prevalentemente spusse, è vero, ma anche la spussa ha un suo perché e fa nostalgia. Spussa canaglia!

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