【Gianni
Spagnolo © 200509】
Proprio così, in questo post parliamo di spusse, un argomento un po’ scostante che
farà storcere il naso, è il caso di dirlo, ai più.
Dei nostri cinque sensi, l'olfatto è quello meno considerato, dato che la nostra modernità s’è specializzata nella
neutralizzazione degli odori, specie di quelli naturali. Eppure, almeno i più
stagionati di noi, hanno sperimentato un mondo in cui essi erano onnipresenti e caratterizzanti. Quando si dice
di “andare a naso”, raramente si sbaglia; diversamente "dall’andare a occhio”,
che è meno preciso. Il fiuto è infatti il
nostro senso più ancestrale, più animale, più istintivo. Esso è un processo
complesso che attiva molteplici meccanismi cognitivi che vanno
dall'individuazione, all'identificazione, fino alla rappresentazione mentale,
operazioni che richiedono attenzione e memoria. È proprio la memoria l'aspetto più
collegato all'olfatto, dato che permette il riconoscimento dell'oggetto-fonte
dello stimolo associandolo ad esperienze di vita. Riconoscere un odore
significa infatti rappresentarselo e dunque averlo già sperimentato. L’identificazione
d’un odore determina il confronto dell'esperienza attuale con quelle già vissute, per poi passare ad una classificazione delle sensazioni in rapporto alle nostre
personali categorie mentali. La memoria olfattiva ha una capacità unica di
restituire, quando stimolata, un'esperienza passata e profondamente radicata
nei ricordi: può immediatamente ridestare un'ondata di ricordi sopiti,
lasciando riaffiorare un episodio della nostra esistenza che, a seconda dei
casi, ci riempie di gioia, o di malinconia, di tristezza o di nostalgia. Niente
è più memorabile d'un odore, capace di resistere al logorio del tempo come
nessun altro dato sensoriale.
Su questo fenomeno rifletté anche Marcel Proust, per
cui è conosciuta anche “Sindrome di Proust” l'abilità degli odori di evocare
spontaneamente, in modo vivido e fortemente emotivo, eventi autobiografici del
passato. Nella sua opera “Recherche”, lo scrittore rievoca proprio un particolare
evento che lo colpisce nell’olfatto e nella memoria: egli afferma che sentendo
l'odore delle Madeleine (dolcetti
soffici a forma di conchiglia) si ricorda improvvisamente della propria
infanzia, della zia Léonie che gliele offriva e di quando egli le mangiava. Gli odori attivano dunque la memoria episodica, un tipo di memoria che riguarda il
ricordo di eventi particolari soprattutto legati alla vita dell'individuo.
Ricordi inediti, in apparenza sommersi, riaffiorano in maniera
sorprendentemente vivace e ricca, anche talvolta si è incapaci di denominare
l'evento odoroso scatenante.
Il passare del tempo, che in genere affievolisce
gli stimoli visivi e verbali, non sembra incidere sugli stimoli olfattivi:
raramente gli odori si presentano isolati dal contesto della sensazione
d'origine, alla quale invece sono fortemente correlati; a questo si aggiunge
anche la componente emotiva, per cui le percezioni olfattive sono conservate in
maniera olistica, come una percezione unica. Si tratta però d’una relazione asimmetrica:
un odore ci riporta alla memoria episodi del passato con ricchezza di
particolari, ma la rievocazione di una particolare circostanza non ci permette
di rivivere internamente l'esperienza di un odore. Questo determina la quasi
impossibilità di poter rievocare deliberatamente un odore noto.
L’olfatto sembra dunque avere una marcia in più rispetto
agli altri sensi per risvegliare i ricordi. Se però gli odori non ci sono più,
anche buona parte della memoria ad essi collegata è di fatto inibita. Se
pensiamo infatti all’infinità di odori della nostra infanzia che non ci sono
più, rimaniamo sconcertati. Certo, quando si parla di odori, s’intendono sia
effluvi gradevoli che quelli meno apprezzabili, anzi, direi che le spusse fanno forse la parte del leone. L’odore dei
mughetti colti in Scalòn o del muschio per il presepio era certamente più
gradevole dell’afrore di stalla o dello stantìo della cantina, però sempre di perdita
si tratta. Del pungente effluvio dei capussi messi a macerare, del ranso del burro a primavera, dei miasmi dei luamari accanto alle stalle, del calìdine del camino con la bassa
pressione, ecc. Ma anche del fieno ribaltato, del latte appena munto, del fuoco nella stufa, della resina sulle mani, dell’inchiostro nell’ampolla, del sugo della nonna, … e tanti altri che non ci sono più. Delle spusse non ne
sentiamo certo nostalgia, legate come sono a condizioni di vita sorpassate e disagiate, ma è indubbio che fanno comunque parte del nostro
vissuto e della nostra memoria. In effetti quest’ultima è parecchio spussona perché
gli odori, a differenza di altre informazioni mnemoniche, abbiamo appena letto che non
si dimenticano mai.
M’è capitato talvolta, viaggiando in paesi lontani
e dalle precarie condizioni di vita, di ritrovare odori perduti, che mi richiamavano
alla memoria sensazioni ed episodi vissuti che altrimenti mai mi sarei sognato
di ricordare. Erano prevalentemente spusse, è vero, ma anche la spussa ha un
suo perché e fa nostalgia. Spussa canaglia!
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