La metafora ha in sé la
forza di risvegliare le risorse sopite del lettore e dare il permesso
di diventare quello che ciascuno vuole diventare.
C’era una volta un
principe che non aveva voglia di studiare, di leggere un libro, di
fare un viaggio. I genitori cercavano di stimolarlo in tanti modi, ma
non reagiva. Si sentiva appagato da ciò che non aveva e non aveva
nessuna curiosità, nessuna spinta a cercare qualcosa che turbasse il
suo statico equilibrio.
I genitori erano
preoccupati e si chiedevano cosa avessero sbagliato nella loro
educazione. Quando il principe era piccolo avevano cercato di
proteggerlo da ogni dolore, da ogni sofferenza. Volevano che fosse
felice, che conoscesse solo il bene e il bello. Si erano adoperati
ad assecondare ogni suo capriccio, per dargli ancor prima che lui
chiedesse, tutte le cose più belle e più buone che ci fossero,
evitando che lui conoscesse il dolore della privazione.
E’ stata questa assenza
di tensione, tra ciò che poteva e non poteva fare, tra ciò che
voleva e doveva fare, che ha privato il principe di quella energia,
nutrita dalla insoddisfazione per lo stato presente, che spinge ad
esplorare nuovi modi per sopperire alle privazioni. Sono stati gli
eccessi di attenzione da parte del re e della regina (genitori) che
hanno creato nel principe una mentalità da schiavo: schiavo della
propria ignoranza, della propria pigrizia, della propria compiacenza
di essere ignorante e pigro.
I nostri figli oggi hanno
più di quanto riescano a desiderare e il dare di più a volte cela
il voler “parcheggiarli” in una oasi di futilità che poi non
stimola la crescita verso nuovi orizzonti di vita.
(segnalato da Augusto Giacomelli
Nessun commento:
Posta un commento