sabato 9 maggio 2020

I sogni della Valle dove nasceva il trifoglio


Non era mai andata via la luce dei giorni passati dalla valle che respirava, nell'aria della sera, i primi profumi dell'estate. Il grano iniziava a maturare in mezzo ai papaveri che macchiavano di rosso i prati sterminati che non avevano confini. Le rondini avevano ormai terminato i nuovi nidi e volavano nel cielo innamorate, e nelle colline verdissime i pascoli erano immobili sotto il sole a voler quasi fermare gli attimi felici, sospesi in un tempo senza orologio. Nelle piccole strade strette del borgo, la vita, che mai si era fermata, aveva ripreso la luce di maggio: dalle giornate corte e coperte dalle nebbia e dal fumo dei camini si era passati al canto degli uccelli che sfumavano il cielo, al fiori nati nei prati, agli orti rigogliosi, alle finestre aperte per lasciar entrare l'aria senza confini ed i fiori del ciliegio portati dal vento. Come era ormai usanza del piccolo borgo che profumava di timo e menta, ogni piccolo petalo, nel momento della fioritura, entrava in ogni casa risvegliata dal caldo del sole, e si posava sul davanzale o sul pavimento. Nel freddo dell'inverno, dalle radici che affondavano nella terra bagnata di gelo, i ricordi ed i dolori della vallata erano entrati dentro il grande ciliegio, piantato tanti anni prima da un uomo buono che nel paese aveva fatto sempre del bene e che tutti ricordavano con commozione. Sotto la neve o nel temporale che una notte distrusse il nocciolo più grande del bosco con un fulmine, quei sogni erano rimasti protetti dal gelo dei giorni corti e lì dentro crescevano indisturbati e resistevano al tempo ed alla paura. Ogni uomo che passava di lì, lasciava un pensiero che dalla terra giungeva poi ai rami ed ogni fiore spuntato era un desiderio che si sarebbe realizzato, al momento giusto. Anche un giovane pastore, che passava sotto il ciliegio ogni giorno, e che non aveva più speranza, una sera con la nebbia guardò quei rami, li osservò senza parlare ma il suo cuore parló lo stesso con quell'albero altissimo, maestoso che pareva toccare le nuvole ed impigliarsi in inverno nella nebbia. Solo dopo qualche giorno, la ragazza che tanto lo aveva amato e lo continuava ad amare, passò come sempre davanti al ciliegio e pregó ancora una sera, con tutta la sua forza, che continuasse a custodire i suoi sogni, che potessero arrivare al cuore di chi amava. Sperava che a primavera dai fiori e dalle foglie potesse liberarsi quell'amore che premeva sul cuore, che non la lasciava dormire e non la lasciava in pace durante le notti fatte di grilli ed assiuoli, e con la magia che è propria solo della natura, potesse la sua anima raggiungere l'uomo che tanto amava e che sentiva a lei destinata. Così quel ciliegio piantato dal nonno che non aveva conosciuto, a primavera, finalmente, lasciò libero di entrare anche nella sua casa un piccolo petalo rosa che lei pose nella foto dell'uomo che amava e dopo averla stretta sul cuore, la lasciò per giorni accanto la finestra, affinché la luna potesse illuminata ogni sera. I giorni passavano ed il trifoglio, come la tradizione voleva, cresceva nei prati e sotto il grande ciliegio che, fatti volare i fiori, aveva messo verdissime foglie a formare una chioma che proteggeva il borgo e ne raccoglieva ancora i segreti di ogni abitante del paese in pietra che sognava a volte stanco sotto la rocca illuminata a giorni dalla luna piena . Cresceva ancora il trifoglio e tutto era verde sotto il rintocco delle campane che risuonava da parte a parte della valle e diffondeva quei pensieri senza che nessuno sapesse quando sarebbero diventati realtà. La giovane tuttavia, ogni giorno guardava il ciliegio bellissimo e nella sera riempita dal suono dei grilli, stando in silenzio alla finestra, parlava con i suoi rami, con le sue foglie, con ogni parte del suo tronco di cui sentiva il battuto, e sapeva che quell'albero, nelle notti con la luna che profumava di orzo e di grano, avrebbe portato fino al pastore i suoi pensieri, le sue parole sussurrate con le labbra ma gridate con il cuore. E senza poter sapere con la certezza della mente, la giovane sapeva con il cuore che a lui giungevano quei pensieri, tutti nella dolcezza di un legame antico: quei battiti d'amore, che come i petali del ciliegio, entravano nella casa del giovane pastore al tramonto e restavano ogni sera, tutte le notti, svegli a vegliarlo, anch'essi col capo sul cuscino a vederlo dormire, scostando i suoi capelli mentre aveva gli occhi chiusi nel buio del cielo e proteggendolo fino all'alba, parlandogli di quell'amore che non aveva tempo e di cui lui sentiva il calore per tutti i suoi giorni, nell'attesa di un'alba al momento ignota e diversa da tutte le altre, in cui accanto a lui ci fosse, invece dei soli suoi pensieri, finalmente lei.
L'odore del fieno di giugno

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