Non era mai andata via la luce dei giorni passati dalla valle che
respirava, nell'aria della sera, i primi profumi dell'estate. Il grano
iniziava a maturare in mezzo ai papaveri che macchiavano di rosso i
prati sterminati che non avevano confini. Le rondini avevano ormai
terminato i nuovi nidi e volavano nel cielo innamorate, e nelle colline
verdissime i pascoli erano immobili sotto il sole a voler quasi fermare
gli attimi felici, sospesi in un tempo senza orologio. Nelle piccole
strade strette del borgo, la vita, che mai si era fermata, aveva ripreso
la luce di maggio: dalle giornate corte e coperte dalle nebbia e dal
fumo dei camini si era passati al canto degli uccelli che sfumavano il
cielo, al fiori nati nei prati, agli orti rigogliosi, alle finestre
aperte per lasciar entrare l'aria senza confini ed i fiori del ciliegio
portati dal vento. Come era ormai usanza del piccolo borgo che profumava
di timo e menta, ogni piccolo petalo, nel momento della fioritura,
entrava in ogni casa risvegliata dal caldo del sole, e si posava sul
davanzale o sul pavimento. Nel freddo dell'inverno, dalle radici che
affondavano nella terra bagnata di gelo, i ricordi ed i dolori della
vallata erano entrati dentro il grande ciliegio, piantato tanti anni
prima da un uomo buono che nel paese aveva fatto sempre del bene e che
tutti ricordavano con commozione. Sotto la neve o nel temporale che una
notte distrusse il nocciolo più grande del bosco con un fulmine, quei
sogni erano rimasti protetti dal gelo dei giorni corti e lì dentro
crescevano indisturbati e resistevano al tempo ed alla paura. Ogni uomo
che passava di lì, lasciava un pensiero che dalla terra giungeva poi ai
rami ed ogni fiore spuntato era un desiderio che si sarebbe realizzato,
al momento giusto. Anche un giovane pastore, che passava sotto il
ciliegio ogni giorno, e che non aveva più speranza, una sera con la
nebbia guardò quei rami, li osservò senza parlare ma il suo cuore parló
lo stesso con quell'albero altissimo, maestoso che pareva toccare le
nuvole ed impigliarsi in inverno nella nebbia. Solo dopo qualche giorno,
la ragazza che tanto lo aveva amato e lo continuava ad amare, passò
come sempre davanti al ciliegio e pregó ancora una sera, con tutta la
sua forza, che continuasse a custodire i suoi sogni, che potessero
arrivare al cuore di chi amava. Sperava che a primavera dai fiori e
dalle foglie potesse liberarsi quell'amore che premeva sul cuore, che
non la lasciava dormire e non la lasciava in pace durante le notti fatte
di grilli ed assiuoli, e con la magia che è propria solo della natura,
potesse la sua anima raggiungere l'uomo che tanto amava e che sentiva a
lei destinata. Così quel ciliegio piantato dal nonno che non aveva
conosciuto, a primavera, finalmente, lasciò libero di entrare anche
nella sua casa un piccolo petalo rosa che lei pose nella foto dell'uomo
che amava e dopo averla stretta sul cuore, la lasciò per giorni accanto
la finestra, affinché la luna potesse illuminata ogni sera. I giorni
passavano ed il trifoglio, come la tradizione voleva, cresceva nei prati
e sotto il grande ciliegio che, fatti volare i fiori, aveva messo
verdissime foglie a formare una chioma che proteggeva il borgo e ne
raccoglieva ancora i segreti di ogni abitante del paese in pietra che
sognava a volte stanco sotto la rocca illuminata a giorni dalla luna
piena . Cresceva ancora il trifoglio e tutto era verde sotto il rintocco
delle campane che risuonava da parte a parte della valle e diffondeva
quei pensieri senza che nessuno sapesse quando sarebbero diventati
realtà. La giovane tuttavia, ogni giorno guardava il ciliegio
bellissimo e nella sera riempita dal suono dei grilli, stando in
silenzio alla finestra, parlava con i suoi rami, con le sue foglie, con
ogni parte del suo tronco di cui sentiva il battuto, e sapeva che
quell'albero, nelle notti con la luna che profumava di orzo e di grano,
avrebbe portato fino al pastore i suoi pensieri, le sue parole
sussurrate con le labbra ma gridate con il cuore. E senza poter sapere
con la certezza della mente, la giovane sapeva con il cuore che a lui
giungevano quei pensieri, tutti nella dolcezza di un legame antico: quei
battiti d'amore, che come i petali del ciliegio, entravano nella casa
del giovane pastore al tramonto e restavano ogni sera, tutte le notti,
svegli a vegliarlo, anch'essi col capo sul cuscino a vederlo dormire,
scostando i suoi capelli mentre aveva gli occhi chiusi nel buio del
cielo e proteggendolo fino all'alba, parlandogli di quell'amore che non
aveva tempo e di cui lui sentiva il calore per tutti i suoi giorni,
nell'attesa di un'alba al momento ignota e diversa da tutte le altre, in
cui accanto a lui ci fosse, invece dei soli suoi pensieri, finalmente
lei.
L'odore del fieno di giugno
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