mercoledì 13 maggio 2020

La vita del Borgo dopo il primo taglio del fieno




C'era un sole forte quando un trattore azzurro iniziò con voce roca ad urlare, nel suo rotacismo che veniva dal fondo della vallata. In tanti tra gli abitanti alzarono lo sguardo verso il sole, in mezzo a poche nuvole, sentirono quel rintocco senza tempo e per tutti iniziava il nuovo momento della vita. Gli anziani sapevano che per tutto il pomeriggio quel suono avrebbe accompagnato la vita del piccolo paese adagiato sui monti, protetto dalle stelle e difeso dalla rocca antica che sempre meno in questi giorni sembrava voler lasciare andar via la luce del sole. Ed i campi, piano piano, in un lavoro lento e preciso, da verde scuro con macchie rosse e bianche di fiori che resistevano al caldo di fuoco, sarebbero diventati quasi gialli, in una serie di onde interminabili che si perdevano al confine con il bosco. E man mano che il trattore avanzava e lasciava sdraiati i fili d'erba in un suono di soffio e fruscio che a nessun altro era simile, saliva l'odore al cielo, di menta, di erba cipollina, di salvia, di borragine, di cicoria e papaveri, di ogni famiglia di piante e fiori e più la sera avanzava e poi quel profumo cresceva, intenso. Restava nelle case, nei cortili con le peonie e con i nidi delle rondini, restava sotto il pergolato di glicine e negli orti rimessi a nuovo. Fu festa nel borgo quel lungo pomeriggio diverso da tutti gli altri. Era un tripudio di rondini che scendevano dal celeste del cielo per planare sull'erba tagliata, tuffarsi su quel fieno odoroso che avrebbe inzuppato di profumo il borgo e la valle per molte sere luminose. Era la sera della luna sfumata tra le nuvole umide, era la notte delle serenate d'amore dei gatti nei cortili macchiati di boccioli di rose, era la notte dei desideri lasciati alle stelle, la notte delle musiche lontane e dei campanelli dei cavalli che dormivano sotto il cielo circondati dalle campanule e dal mughetto. Era la sera dei grilli che gridavano più del solito, in mezzo al tarassaco reciso e delle lucciole in silenzio ed ancora al buio si preparavano per danzare rendendo magico il luogo dove in inverno qualcuno si diede gli ultimi baci. Era la notte in cui, sul grande ciliegio, gli uccelli notturni facevano addormentare con una nenia il piccolo borgo in pietra e lo risvegliavano di soprassalto prima dell'alba con gli acuti che risuonavano nella vallata, prima che il gallo svegliasse i contadini nell'alba bianca e azzurra. Era la sera chiara e odorosa, in cui due ragazzi che si erano tanti amati fecero l'amore per la prima volta ed era la notte delle candele poste alla finestra che illuminavano le vie strette con i balconi pieni di fiori. Era la sera in cui il vento all'improvviso soffiava forte, lasciava che gli scuri sbattessero di netto, quasi a voler spostare le montagne e portava via i pensieri, i cuori, i desideri. Era iniziata una nuova stagione nel piccolo borgo che viveva da sempre sotto il sole, una stagione diversa, ma uguale alle altre delle generazioni passate, per le quali l'estate racchiudeva i mesi dell'attesa, della magia, delle lucciole e dei papaveri, delle farfalle e delle fragole, dei falò sotto le stelle, del cerchio della vita che si apre e che si chiude, i mesi del lavoro faticoso, dei baci ritrovati e dati di nuovo, ma con un nuovo sapore, del grano e degli acquazzoni per far nascere l'arcobaleno, i mesi dell'amore senza tempo e del perdono. I mesi delle stelle cadenti in mezzo al cielo concavo, i mesi delle corse senza fine in mezzo ai girasoli, dell'acqua di San Giovanni e delle lunghe processioni. 

I mesi in cui il desiderio lasciato nei rami freddi dell'inverno veniva fuori con forza insieme alle foglie nuove e con il vento diventava giorno e notte e vita.
(l'odore del fieno di giugno)

Nessun commento:

Posta un commento

Girovagando

  Il passo internazionale “Los Libertadores”, conosciuto anche come Cristo Redentore, è una delle rotte più spettacolari che collegano l...