lunedì 4 maggio 2020

Locdaun del servèlo


Gianni Spagnolo © 200426
Il dilagare dei termini inglesi nella nostra lingua era finora prerogativa dei gerghi professionali e di quelli giovanili, nonché di chi voleva darsi un tono e una scrollata dalla provincialità. Ultimamente però è diventato un diffuso espediente anche dei media e della politica:
Leader, leadership, premier, governance, new economy, job act, smart working, deregulation, spread, bond, spending review, rating, default, welfare, road map, election day, authority, privacy, know-how, deadline, devolution, task force, ecc.
Last but not least (ultimo ma non per importanza😊, i famigerati e attualissimi Lockdown (confinamento) e Recovery Fund (Fondo per la la ripresa).
Quando non si chiamano le cose con il loro nome nella lingua corrente comunemente intesa e si ricorre ad eufemismi verbali o a termini stranieri, dovrebbe scattare immediatamente l’allerta fregatura. Un discorso piano e comprensibile a tutti gli interlocutori infatti, lo può fare solo chi ha interesse ad essere ben capito; se l'obiettivo è invece di confondere e rimestare, allora si ricorre alla mistificazione.
Le ingleserìe sono diventate così ricorrenti che, almeno nella maggior parte dei casi, se ne capisce grossomodo il significato, ma  laddove sorgessero dei dubbi, fingiamo che sia tutto chiarissimo. Ma siamo sicuri che lo sia? Siamo certi di sapere, ad esempio, che per newtown s’intende un piano di ricostruzione edile provvisoria in zone colpite da calamità, e che l’endorsement è una dichiarazione pubblica di supporto o di approvazione? Che lo showdown è il confronto diretto per risolvere una disputa?
La lingua nazionale è già abbastanza svilita che non meriterebbe di venire violentata proprio dagli anglicismi governativi, ovvero da chi istituzionalmente ci rappresenta e dovrebbe essere consapevole del grado di comprendonio medio della popolazione cui si rivolge, che non brilla certo per competenze linguistiche straniere, specialmente nell'affollata fascia di maggior età. Le leggi hanno già il loro numero e il nome del proponente, non serve affibbiargli anche un accattivante nomignolo in inglese. Non sono uragani ai quali è di moda dare un nome, anche se a volte fanno danni peggiori.
Non mancherà molto che riceveremo comunicati del tipo:  Il prossimo step del nostro premier sarà attuare i suggerimenti emersi  dai brain storming del suo board di ministri e pool di esperti. Perciò nessun break si profila per il team di governance nonostante lo stress subito durante il lockdown di questo mese per evitare un flop al Paese e non lasciarlo nelle mani di giovanotti troppo choosy.




3 commenti:

  1. La lingua italiana è stupidamente intristita, altrettanto non si può dire per la spagnola, per la francese e per tante altre lingue europee.
    Forse nel nostro inconscio non siamo orgogliosi di essere italiani, come spudoratamente diciamo d’essere. Infatti, tra i settori in cui primeggiamo sono annoverati: disorganizzazione, corruzione, evasione fiscale, esportazione di mafie, quindi, tutto quello che proviene dall’estero è puro, serio e da assimilare.
    Credo bene che ci possano essere ministri di governo che pronunciano “vairus”, ritenendola anglofona, la parola latina “virus”.

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  2. Purtroppo Gianni sarebbero ormai troppe le parole inglesi che si sono inserite prepotentemente nel mio amato italiano! Benissimo per chi ha la fortuna di parlare più lingue, anzi ottimo, ma non mischiamo le due cose... io sono orgogliosamente italiana e parlo italiano perché sono in Italia. L'inglese non lo so (purtroppo), ma vivo in Italia e trovo più che giusto parlare ITALIANO!!! Spero che il mio pensiero sia il pensiero di molti!

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  3. Per mia esperienza non sono i poliglotti che mescolano parole di diverse lingue, sono piuttosto quelli che non sanno altre lingue oppure le sanno male o fanno credere di saperle, oppure pensano di saperle. I poliglotti hanno piuttosto la tendenza di mantenere pura ogni lingua che sanno, anche se la separazione delle diverse strutture linguistiche è talvolta ardua.

    C'è poi anche l'aspetto della pigrizia mentale: costa talvolta cercare l'espressione giusta e precisa.

    Tutte le lingue però utilizzano prestiti da altre lingue. Per esempio, una tendenza di utilizzare parole francesi o latine in tedesco era di moda nel Settecento seguita da una lotta feroce contro questa tendenza durata dal 1789-1871 con il nome di "capanna di zucca". Secondo questi il nome "Nase" = naso andava eliminato perché di origine latina e doveva essere sostituito con "bacone del viso". Non ebbe successo. Similmente, qualche decennio fa c'era la lotta in Francia contro il "franglais", ed il ministro della "francofonia" d'allora aveva imposto che "week-end" andava eliminato e sostituito da "vacancette" = vacanzetta. Senza successo.

    Ma in Italia penso che il campione sia stato Berlusconi ... Comunque un giorno mi misi a leggere le biografie dei ministri del suo primo governo e a mia sorpresa ci fu anche la versione inglese. Per curiosità le guardai. Quella di Berlusconi non era male, quella degli altri ministri un disastro. Qualcuno aveva utilizzato un traduttore automatico di Internet, un traduttore d'allora ... Perfino i cognomi dei ministri erano tradotti in Inglese ... che figura ragazzi/e!

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