venerdì 1 maggio 2020

Celesta: l'acqua di gioventù


Per molto tempo lo zucchero rimane confinato nello spazio della farmacopea: gli speziali arabi conoscono una ricetta per uno sciroppo per i malati di petto, il fanid, a base di zucchero e olio di mandorle dolci, e non è infrequente che i pellegrini in Terrasanta portassero a casa come ricordo panetti di zucchero.
A Venezia si sviluppa presto una rete di speziali e medici che riservano un posto particolare al prodotto, che possono acquistare già lavorato e confezionato. Si vende zuccheri di varie qualità: bianco e raffinato, rosatum, mescolato ad acqua di rose, il violatum, mescolato con acqua di viole. Il più apprezzato è quello in pani arrotondati, meno pregiato quello in polvere perché, non essendo ben cristallizzato,
si sfaldava durante il trasporto.
Nel 1662 in Laguna arrivano due milioni e duecento libbre di zucchero: in parte vengono da Alessandria, con l’intermediazione
dei veneziani che operano in quello scalo. Da ponente si importa una polvere bianca chiamata “del verzino” grazie al commercio dei mercanti Ebrei. Se il mondo grezzo arriva dal mondo nuovo, le raffinerie si trovano nel vecchio continente. Il Tassini ci dice che a fare da battipista in laguna fu nel 1598 il portoghese Rodrigo di Marchiano. Nel settecento di raffinerie cittadine se ne contano tre in contrada San Canzian, una a San Marcilian, un'altra a San Cassian. Un’altra, ancora funzionante tra Sette e Ottocento, viene segnalata sulle Fondamenta della Misercordia. Si tratta di attività gestite da nobili e cittadini che danno lavoro ad una quindicina di persone per ciascuna. Dei magazzini dove si stocca il prodotto tracce sparse rimangono nella toponomastica, come la Calle dello Zucchero alle Zattere e la Corte dello Zucchero a San Barnaba.
Per tutto il Sei e il Settecento nell’ambito della farmacopea, si ricorre in maniera notevole allo zucchero, e a confermarlo sono i testi scientifici pubblicati a Venezia. Nella città e nelle isole limitrofe ogni angolo di terra è coltivato: oltre alle vigne, troviamo anche delle zone dedicate alla coltivazione di erbe officinali: rosmarino, sambuco, borraggine, salva, cicoria, viole, e differenti qualità di rose. Dopo essere stati appassiti all’ombra, erbe e fiori vengono pestati nel mortaio con l’aggiunta di zucchero chiarificato o cotto e qualche goccia di acqua distillata. Passati al fuoco vanno a comporre medicamenti e sciroppi.
Non mancano le preparazioni cosmetiche.
Riassume tutti i benefici dello zucchero l’acqua di gioventù, o Celesta, una sorta di panacea per tutti i mali, la cui preparazione necessita di molti ingredienti, che venivano pestati e polverizzati e si mescolano con acquavite, si lascia riposare qualche giorno e poi si provvede ad una doppia distillazione. Ne vengono fuori due acque, una “chiarissima e virtuosa” e un’altra “bianca ed odorifera”, ed entrambe curano molti malanni.

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