Ogni anno, in questo
giorno, cerimonie, discorsi, fiori, celebrazioni, preghiere, ricordi,
racconti, storia…
Persone che hanno
vissuto quei momenti e tornano al Paese per “esserci” in questa
particolare giornata, ma anche chi ha sentito i racconti dei
genitori o dei nonni e con la loro presenza, ci dicono che il 30
aprile non deve mai essere dimenticato.
Si potrebbe parlare di
cerimonie, di autorità religiose e civili, di omelie e discorsi, ma
prendo solo una frase che don Sergio ha detto durante la predica: "Quando a casa mia si parlava del 30 aprile, scendeva il silenzio".
Ecco, per me il silenzio parla più di tante voci, che in tutte le
nostre case quando si parlava di questo Eccidio, diventava preghiera,
rispetto, tristezza, ricordo…
Nel silenzio ho cercato di
percorrere il viale dei Martiri, focalizzando lo sguardo sulle
targhette e sui nomi attaccati ai tigli che, come sono quest’anno,
mi hanno dato il senso di tante vite spezzate: quei tronchi che si
ergono verso il cielo, sembrano quei 64 corpi mutilati, bruciati, ma
che con forza si tengono saldi alle radici. Voglio pensare che siamo
noi quello che resta di quelle Persone, quello che ci hanno lasciato
vive in noi solo se vogliamo ascoltare nel silenzio le loro voci che
raccontano storie di vita quotidiana, nella semplicità del loro
tempo e possono diventare monito e speranza. Camminando ho pensato a
ognuno, alla loro vita spezzata e ho recitato silenziose preghiere.
In silenzio, lontana dal clamore del mattino, ho sostato davanti al
monumento guardando le lapidi con i nomi, pensando al significato del
luogo che spesso viene dimenticato e ho ricordato che mio papà
lavorava sempre il 25 aprile, ma il 30 mai perché era un giorno
sacro, un giorno intoccabile.
Questo mi è stato
insegnato, questo cerco di trasmettere, al di là di verità
conosciute o nascoste: per me il 30 aprile resta un giorno sacro,
dove fare memoria, pregare per le vittime di una barbarie, ma anche
per noi tutti perché, anche se i tempi sono cambiati, le
ingiustizie, i soprusi e molti generi di violenza, fanno ancora parte
della nostra quotidianità.
La
vita dei nostri Paesi è stata distrutta 73 anni fa dall’orrore
che l’uomo sa creare nella piena libertà che gli è stata data,
dando così il peggio di sé e lasciando tante famiglie nella
disperazione assoluta, nel pianto, negli incubi che mai sono passati…
Nonostante la storia che sia maestra di vita, l’essere umano
continua inesorabile a lasciare dietro di sé, frammenti di dolore,
distruzione e morte.
A noi resta un compito:
quello di insegnare la pace, la giustizia, la lealtà, il rispetto,
l’onestà… sono cose che a volte pronunciamo con leggerezza, ma
sono il fondamento per educare le persone a diventare migliori.
Lucia Marangoni
Grazie. M.M.M.
RispondiEliminabrava Lucia e grazie
RispondiEliminaBrava Lucia, il tuo articolo è pieno di sentimento, l'unica cosa che serve in questi anni a Pedescala. A differenza del post successivo.
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