martedì 8 maggio 2018

Massa robe!


Proponiamo di seguito un estratto dell’articolo di Martín Caparrós, uscito qualche giorno fa su El Pais.
../.. Per migliaia di anni, le cose che avevamo avevano una storia, più o meno conosciuta. 
Il proprietario di un martello sapeva che lo aveva fatto Lope, quello della bottega dell’isolato a fianco, il figlio di Trini, la cugina dello zio Pedro. 
Ora no! Poi abbiamo così tante cose che se ne conoscessimo la storia non avremmo tempo di fare altro.
Viviamo nella civiltà delle migliaia di cose. 
Negli Stati Uniti (dove fanno conti del genere) un recente studio ha stabilito che in una casa media ci sono 300mila oggetti, “dalle graffette fino all’asse da stiro”. Nel Regno Unito un bambino di dieci anni ha in media 238 giocattoli, anche se gioca con dieci o dodici. E la ricerca di una compagnia di assicurazioni britannica dice che passiamo in media dieci minuti al giorno a cercare cose che perdiamo: in una vita possono essere 200 giorni persi alla ricerca di qualcosa. 
Quasi nulla, se paragonati ai duemila che passiamo comprando cose.
Abbiamo migliaia di cose e ci sono miliardi di persone che non hanno quasi nulla: noi, il 12 per cento della popolazione che vive in Europa e negli Stati Uniti, consumiamo il 60 per cento dei beni del mondo – inghiottiamo il mondo – mentre il 33 per cento più povero, africano e asiatico, consuma il 3 per cento. Qualche anno fa sono andato a scrivere del Movimento dei Sem Terra in un angolo dell’Amazzonia.
Una donna di nome Gorette mi ha prestato la sua capanna, e io ho creduto che la miglior descrizione della povertà fosse raccontare quello che mancava: “Nella capanna di Gorette ci sono un machete, quattro piatti di latta, tre bicchieri, cinque cucchiai, due pentole di ottone, due amache, un recipiente pieno d’acqua, tre lattine di latte in polvere zuccherato, sale e latte in polvere, una lattina di olio piena, due lattine di olio vuote, tre asciugamani, una scatola di cartone con qualche vestito, due calendari di qualche negozio con dei paesaggi, un frammento di specchio, due spazzolini, un mestolo, mezzo sacchetto di riso, una radio che non prende quasi niente, due giornali del movimento, il quaderno di scuola, un recipiente di plastica per portare l’acqua dal pozzo, un catino di plastica per lavare i piatti e una bambola di pezza con un vestito rosso e una strana cuffietta. Questi sono i suoi averi nel mondo, insieme a tre tronchi per sedersi, un paio di infradito, una lampada a cherosene e niente più”.
Abbiamo vissuto così per millenni: con poche cose davvero necessarie, ottenute a fatica, che conoscevamo e apprezzavamo. Adesso le cose non significano nulla: si possono buttare, sostituire, non vale la pena aggiustarle o ripararle perché è più facile e più economico comprarne altre. 
E niente ci piace più di comprare altre cose.
Contro questo inquinamento ultimamente hanno fatto la loro comparsa i “minimalisti”: persone che sostengono che non abbiamo bisogno di così tanta spazzatura per vivere bene e che la saggezza sta nel non averla.
Il paradosso è che il sistema economico mondiale necessita assolutamente che noi abbiamo bisogno di sempre più cose, perché vive della loro produzione. Sono le delizie del capitalismo globale, che è come un aereo: se non romba continuamente a ottocento chilometri all’ora, si schianta. Se dicessimo basta, se ci organizzassimo per fare un uso razionale delle risorse, milioni di persone – operai, imprenditori, impiegati, venditori, ecc. – avrebbero gravi problemi. 
O magari inventeremmo qualcosa: a volte succede!  ../.

9 commenti:

  1. Si, abbiamo perso l'uso corretto della grammatica della vita in particolare dei verbi ausiliari, confondiamo essere ed avere ...

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    1. E' vero, abbiamo laureati che non sanno scrivere correttamente in italiano, però le nostre università sfornano i migliori fisici del mondo.

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    2. ESsere o non essere, that is the question, diranno certi (à voir...)

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  2. Mi sono guardata attorno. È vero. Ho tante, troppe cose inutili. Però i libri no, quelli sono da conservare.

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  3. È vero, il motivo per cui abbiamo tante cose è perché abbiamo il senso della conservazione e dell'illusione che si possono riutilizzare. Io conservo vestiti di 30 kg. Fa, oppure vestitini dei bambini sperando di riutilizzare per i nipotini. Abbiamo poi tante cose appartenute ai nostri genitori, a cui siamo legati affettivamente, è poi .... poi....
    viviamo in una società che ti obbliga ad avere mille cose: 50 anni fa pochi avevano la macchina ( fra i pochi credo il nostro caro dott. Stefani ) ne' la tv , pc . Smartphone ecc. Ecc.
    certo allora la vita era più semplice, ma meno comoda. Ho nostalgia di allora ma preferisco lo stile di vita odierno.

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  4. Gandhi diceva che chiunque abbia qualcosa che non usa, è un ladro. Lorsignori cosa ne pensano?

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    1. SSa vutu, Don...Se tuti i ghesse sempre trato via tuto, no gharissimo gnanca musei...
      gnanca biblioteche...gnanca Gandhi... ah no, ti te lo dopri calche volta, come desso...
      ma apunto parchè noi ga trato via tuto, tuti...

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    2. Topo,... pensate che mi me toca pagare na fraca de schei par l'inmondissia, ma l'inmondissia a ghe la meto mi. Figurete cossa ca garia da pagare sei ghe la metesse luri!

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    3. Xe la stessa roba par le tasse su la casa.

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