La
Borsalino è fallita, il mio pensiero va a mio padre e ai cappelli
che portava, di marchio Borsalino. Mio padre aveva una passione
incondizionata per questi cappelli. Quando è deceduto, 35 anni fa,
ho voluto tenere un ricordo di questa passione, e mi sono presa il
suo vecchio cappello Borsalino, di colore grigio.
Oggi
si parla ancora della Ditta di Alessandria e del famoso cappello,
conosciuto nel mondo intero. Diversi film lo hanno magnificato. Tanti
attori lo hanno indossato. Oggi l’ho fatto uscire dalla plastica in
cui l’avevo riposto. All’interno, sul marocchino, è scritto :
Borsalino
– GranPrixParis1900 – ANTICA CASA FONDATA NEL 1857.
Poi, sull’altro lato : DITTA MERENDA – Corso Palestro 38 –
BRESCIA. Infine, sotto testa : QUALITA' EXTRA EXTRA SUPERIORE -
BORSALINO – ALESSANDRIA – MARCA DEPOSITATA.
Delicatamente, l’ho pulito, dopo l’ho fotografato, come una
« star », perchè lo merita. Quanti pensieri segreti
avrai nascosto Borsalino, a quante emozioni avrai partecipato…Restano
i ricordi, qualche foto, e resta lui, vecchio compagno di mio Padre.
Qualcuno ha detto che i dettagli hanno grande importanza. In un
certo senso fungono da adesivo, fissano la materia essenziale dei
ricordi.
La
Ditta Merenda a Brescia non esiste più, ma la storia dei cappelli a
Brescia negli anni 20-30-40 è interessante. Ecco, tale e quale,
l’articolo di Brescia storica, apparso nel 2015:
«Un
quasi deserto corso Zanardelli nei primi anni Venti. Una via
commerciale battuta da pedoni, tram e carrette ed illuminata da
eleganti lampioni. A destra un banco del bar sotto i portici, per
avventori che preferiscono fumare e bere all’aria aperta, scrutando
la città con la lente di un bicchiere.
Sull’altro
lato, attirano l’attenzione la grande scritta murale e le vetrine
del negozio Bertoglio, fondato alla metà dell’Ottocento
dall’imprenditore Evaristo Bertoglio. La sua è una famiglia che
conosce i gusti dei cittadini, in decenni nei quali uomini e donne
non escono di casa senza un elegante cappello in testa. Nell’imagine
l’intero gruppetto a sinistra ognuno ha il suo cappello calcato in
testa. E del resto Brescia vanta una lunga tradizione nel comparto
modaiolo dei copricapo.
La
fabbricazione e la vendita di cappelli in feltro e panno registra per
Brescia la presenza di un vero e proprio pioniere, Giovanni
Ponchielli. Il suo laboratorio in via delle Spaderie (oggi via X
Giornate), anticipa lo stesso Borsalino, con la confezione di
cappelli da feltri ricavati da pelli di coniglio e di nutrie.
Nell’anno 1856 giunge da Parigi al suo laboratorio una macchina per
la rasatura del pelo dalle pelli secche di animali: la
meccanizzazione consente il passaggio della spellatura di 50 pelli
dalla manualità (tempo impiegato una settimana), al passaggio
meccanico, con una sola ora di impiego.
Il
settore dei cappelli “tira” in tutti i comparti sociali, fra
cilindri e berrette. Una tradizione di lungo periodo: nel 1857
operavano nel bresciano 8 “fabbricatori” di cappelli, che nel
1890 occupavano oltre cinquanta addetti, mentre le aziende
diventavano 9 nei risultati dei censimenti del 1897. E in città, nel
1891, sono aperti 13 negozi di cappelli, fra cui quelli di Evaristo
Bertoglio, immortalato in questa immagine e di Camillo Bertoglio, in
corsetto S. Agata.
Proprio
Camillo Bertoglio, nel 1903, è in grado di investire nel settore
come non si era mai fatto prima. Quell’anno avvia un nuovo
cappellificio “con macchine operatrici moderne e con un centinaio
di operai ed operaie”, dotandolo di una caldaia ed un motore
elettrico.
Un vero innovatore, che spiazza la concorrenza (nel 1904 i fabbricanti di cappelli diminuiscono a 7): la sua pubblicità parla di una “Fabbrica e magazzino con vendita Berretti, Sete, Peluche, Pelo, Velvet, Fustagno, Mussola, Rasi, Tibet, Nastri, marocchini ed altri articoli inerenti alla cappelleria”.
Un vero innovatore, che spiazza la concorrenza (nel 1904 i fabbricanti di cappelli diminuiscono a 7): la sua pubblicità parla di una “Fabbrica e magazzino con vendita Berretti, Sete, Peluche, Pelo, Velvet, Fustagno, Mussola, Rasi, Tibet, Nastri, marocchini ed altri articoli inerenti alla cappelleria”.
Il
suo negozio é diretto concorrente dei Merenda, posizionato
all’angolo fra Corsetto Sant’Agata e “Via Loggia”. In questo
panorama si inserisce quindi la storia di Antonio Merenda, il
capostipite del noto negozio, che aveva allineato baschi e Borsalino
in via Dolzani (l’attuale via Porcellaga) esattamente nell’anno
1900, seguendo il passaggio dal cilindro che aveva ornato i capi
degli epigoni borghesi di stampo zanardelliano al nuovo e popolare
Panama, finendo per ravvivare di estri commerciali la zona ancora
medievale della città, che un trentennio dopo sarà sventrata e
sostituita dalle linee rette di Piazza Vittoria.
Sino
alla sua morte, avvenuta nel 1941, il suo “è tra i più noti
negozi di cappelli della città e provincia”. Un’attività
continuata poi dal figlio Umberto, nato poche stagioni prima del
negozio e cresciuto fra lane e fustagni dalle larghe falde, mentre
gli altri figli Bruno e Maria aprono un nuovo negozio in corso
Palestro.
Il
negozio Bertoglio ha ormai chiuso i battenti. Fra le due guerre,
frattanto, solo due aziende restano a produrre cappelli in città, la
Ditta Filippini di via Giordano Bruno e la Ditta Reboldi & C. di
via Solferino. In compenso, nel 1927, i negozianti di soli cappelli
sono 13 (occupanti 45 addetti), tutti concentrati fra i Portici,
Corso Magenta e Corso Palestro che una statistica di un paio di anni
dopo eleva addirittura a 21. In provincia quello stesso anno si
segnalano un negozio a Chiari, due a Palazzolo, uno a Salò, anche se
acquistare un cappello era operazione delicata (e investimento non
comune), che implicava la discesa dalle valli o l’arrivo dalla
pianura sin dentro gli scintillanti negozi del centro città.
Nel
secondo dopoguerra l’uso del cappello é ancora abitudine, tanto
che lo stesso indicatore dei prezzi al consumo elaborato dal
Municipio di Brescia nei primi anni Cinquanta prevedeva, tra le
proprie voci, anche “cappello per uomo di feltro lana” e “Basco
per ragazzo”, con prezzi medi di 1.667 lire e 417 lire
rispettivamente. Il censimento industriale del 1961 registra per il
bresciano la presenza di sole tre aziende fabbricanti cappelli, con
38 addetti, ma i negozianti di cappelli risultano essere ancora 34
(con ben 71 commessi) ».
Il
Borsalino ha 160 anni; è un mito.
Un mito non muore mai.
Un mito non muore mai.
Chapeau!
come si dice in Francia.
Odette
Fontana Favre – maggio 2018
foto sopra: in Val d'Astico,
mio padre è primo sulla sinistra, mio zio Francesco Fontana Menara,
il terzo è il fratello di mio padre.
foto sotto: in un cantiere, anni
20-30 in Francia, con altri emigrati italiani (mio padre in seconda
fila, quarto dalla sinistra - con impermeabile - ) Se c'è qualcuno che riconosce qualche altra Persona per favore lo scriva grazie.
Chi porta il cappello è sempre un uomo generoso. Chi ha i braccini corti non riesce a mettersi il cappello.
RispondiEliminaCio' "VECIO" dime ando' che te ve' a catar fora serte stupidade che quando ca' le vedo le me fa' sc-iopare dal ridre CIAO VECIOTO
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