sabato 26 maggio 2018

Na volta in Contrada


Ma che bella la Contrada, una piccolissima realtà in cui vivere, straordinaria e unica, perché tutte diverse una dall’altra. I gruppi familiari molto spesso davano il nome alla Contrada, ne sono testimoni le bellissime contrade disseminate sugli 8 Comuni altopianesi, come per esempio la Contrada Pozza a Lusiana, Frisoni a Enego, Rodeghiero ad Asiago, Sambugaro a Gallio, Bagnara a Conco, Rebeschini a Roana, Stona a Foza e tante altre, ed anche se uno emigra, resterà sempre la sua contrada, la sua identità, la sua provenienza…"mi son de San Domenego… mi vegno xo dai Costa, dai Ronzani ecc. ecc." 
La gente con la quale si è cresciuti, giocato, lavorato, divertito, amato, la Contrada della memoria, quella della vita tribolata, ma vissuta uno a fianco l’altro, “ciacolàre fora dala porta” dove tre donne formavano già un gruppo whatsapp!!!
Na volta in Contrada si era tutti uguali, perché si era tutti poveri, ci si accontentava di poco, e proprio dal non possedere nulla, era più semplice e spontaneo essere generosi con gli altri. 
Gli uomini giocavano a carte, le donne chiacchieravano filando la lana, i giovani, sotto l’occhio vigile dei genitori, approfittavano di questi momenti per parlare d’amore. 
Ma chi si divertiva di più erano i bambini che, liberi come "lugarini" saltavano a perdifiato sul fieno, oppure giocavano con le ombre prodotte dai lumi e, quando erano presi dalla stanchezza, ascoltavano le favole che venivano raccontate da un Veciòto dela Contra', che conosceva l’arte del racconto e li faceva rimanere a bocca aperta, parlando di orchi, lupi, streghe e castelli fatati. Ora nelle Contrade spesso non si esce più a “ciacolàre”... ci si saluta sui “social”, e ognuno ha la sua macchina per scappare via lontano… il tempo dello stare assieme è finito…
Cara Contrada, ti ricordi di quando i bambini nascevano in casa, di quando le Comari bevevano il caffè di porta in porta, ma ogni giorno diversa, e nel mese di maggio tutti riuniti sul capitello dela Contrada per il Rosario alla Vergine Maria, o di quando si giocava in strada a nascondino, l’elastico, un…due… tre… stella, girotondo, a biglie, e tanti altri, quante belle cose, quante belle tradizioni: l’orto più folto, el legnaro più grande, el cavalo più forte el slito più grosso. 
Ci si voleva più bene, perché si lavorava 12 ore al giorno, e si aspettava con entusiasmo le poche feste dell’anno per fare un po' di “baldoria co le tose”, ma se da una parte vi era l’asprezza e la povertà della vita, dall’altra vi era la tranquillità, la pazienza, l’aiuto reciproco, lo spirito comunitario, le speranze, le illusioni e l’orgoglio… cara Contrada mia, quanto mi manchi...
Fabio Ambrosini Bres

2 commenti:

  1. A mio avviso, la ghe , internet e via di seguito, ha rovinato il rapporto umano e sociale che esisteva da millenni fra i popoli. Solo chi ha vissuto quel magico periodo del racconto può vantare una legittima nostalgia. Non mancavano le beghe che a volte sfociavano in accesi contatti fisici, magari per i confini di un prato i perché una capra aveva fatto piazza pulita degli ortaggi del vicino. Mi ricordo una furiosa lite fra due donne del paese : sberle , tirate dei capelli, calci..... scene degne di un film. E poi nessuno andava dall'avvocato o dai carabinieri; spesso le controversie le risolveva il saggio e il "" studia'"" del paese. Tempi andati....

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  2. Talvolta crediamo di aver nostalgia di un luogo lontano, mentre a rigore abbiamo soltanto nostalgia del tempo vissuto in quel luogo quando eravamo più giovani e freschi. Così il tempo ci inganna sotto la maschera dello spazio. Se facciamo il viaggio e andiamo là, ci accorgiamo dell'inganno.

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