Valli del Pasubio è il comune più alto
della Val Leogra, sullo spigolo nord-ovest della provincia di Vicenza,
attraversato dalla strada statale che da Schio sale verso il passo di
Pian delle Fugazze (m 1162), storico punto di frontiera, prima tra la
Repubblica di Venezia e il regno del Tirolo, quindi tra il Regno
d’Italia e l’Impero Austroungarico. A questa collocazione di passaggio e
confine il paese deve la sua antica fortuna, testimoniata dalla bella
fisionomia del capoluogo, ma anche le rovinose vicissitudine patite
durante la Prima Guerra Mondiale. Il comune, nella sua odierna realtà
nasce ai primi dell’Ottocento dall’unione di due territori ad
amministrazione fino ad allora distinta: Valli dei Signori, sul versante
occidentale del bacino, e Valli dei Conti, su quello orientale. Il
riferimento per le nobili famiglie dei Da Vivaro e dei Maltraverso,
rispettivamente, suggerisce l’interesse suscitato fin dall’antichità da
queste plaghe montane, ricche di boschi e di acque, dunque redditizie in
termini di legname, selvaggina e prodotti agricoli. Dopo la prima
Guerra Mondiale il nome del comune si completa con il riferimento al
monte Pasubio, teatro di sanguinose battaglie, come ricorda il Sacrario
eretto vicino al passo.
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La sopressa di Valli del Pasubio
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Tutto l’arco montano del Veneto è un
distretto di diffusa produzione salumiera, ma un unico comune, Valli del
Pasubio, ha specifica rinomanza per il prodotto che meglio rappresenta
questa tradizione, la soprèssa, insaccato eccezionale sia per calibro
che per materie prime. La produzione è tutelata a livello provinciale
dal marchio comunitario della Denominazione di Origine Protetta (DOP)
«Soprèssa Vicentina», ma Valli del Pasubio ha sentito la responsabilità
di difendere la sua secolare tradizione distinguendo ulteriormente le
soprèsse delle sue cinque aziende artigianali con apposita Denominazione
Comunale. L’unicità della soprèssa di Valli del Pasubio deriva da un
complesso di fattori umani e ambientali. Sul primo fronte va messo in
conto il patrimonio di conoscenze tramandate nei secoli dagli artigiani
locali tanto nell’allevamento dei suini, quanto nella preparazione
dell’insaccato, dai tagli di carne alla concia aromatica dell’impasto.
Sul secondo fronte va considerato l’irriproducibile contributo
dell’ambiente in termini d’elementi naturali, acqua purissima e aria di
straordinaria finezza: la prima, determinante per la qualità della
carne; la seconda, nella fase di stagionatura.
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Quanto al resto, la pratica salumiera è
riconducibile al quanto stabilito dal disciplinare Dop, che pone precise
norme riguardanti tanto l’ambito di allevamento dei suini, strettamente
locale, quanto l’alimentazione, basata su farine di cereali nobili, con
aggiunta nella fase d’ingrasso di farina di castagne, crusca, patate,
latticello e siero di latte. Gli animali, proprio perché destinati alla
confezione di insaccati, vengono macellati solo quando hanno superato i
160 kg di peso e sono in grado di offrire la giusta percentuale di
grasso nobile. Alla lavorazione della soprèssa di Valli del Pasubio sono
destinati tutti i tagli più pregiati: prosciutto, lombo, spalla,
pancetta, grasso di gola e coppa. Unici conservanti ammessi sono il
sale, il pepe e il salnitro, come da tradizione. La soprèssa è prodotta
per lo più in pezzature da 1,5 a 4 kg ma anche da 7-8 kg, con
stagionatura variabile da 60 a 120 giorni e oltre. Proprio il grosso
calibro degli insaccati – 10-15 cm di diametro – determina quella doppia
fermentazione che consente la loro conservazione fino all’inizio della
produzione successiva e determina caratteristiche organolettiche
inconfondibili. Al taglio la pasta appare compatta e al tempo stesso
tenera, di grana medio-grossa; il colore è rosato, tendente al rosso,
leggermente opaco; il sapore è delicato, leggermente dolce e speziato,
con l’eventuale nota d’aglio. Passando da Valli è immediato distinguere
le vetrine che i produttori hanno allestito lungo la strada in onore
della soprèssa, tradizionale souvenir di una gita sul Pasubio.
L’occasione più propizia per conoscere questo prodotto resta comunque la
Festa della Soprèssa, che da oltre quarant’anni, in agosto, richiama
migliaia di appassionati.
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Troppo buona la soppressa anche a fette fritta e buttata sulla polenta calda!!!!!!Floriana
RispondiEliminaLa miglior sopressa che io abbia mangiato in vita mia è proprio la sopressa di Valli e l'ho mangiata in casa di Gino che l'avevano portata Anne e Nico. Sublime!
RispondiEliminaNe confermo la superbontà!
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