Schegge di ricordi...
Durante le stagioni estive degli anni
settanta, a noi studenti veniva offerto la possibilità di guadagnare un paio di
mensilità facendo gli operai forestali, il tutto regolato dal corpo forestale
dello stato e dal consorzio Rotzo S. Pietro e Pedescala.
In questa tragicomica stagione, tra la
fine della terza media e l’inizio delle superiori, ci fu un grosso reclutamento
di studenti e non, il lavoro non mancava: manutenzione alle casare, strade,
bosco e taglio dei lotti impegnava seriamente il consorzio di allora.
Si partiva dalla piazza verso le sette
con la corriera di Gianni Fontana (Campanaro) con arrivo nel cantiere verso le
otto, formate le squadre, con sopita allegria, si ciondolava verso il
bosco.
La filiera era semplice, ma efficace:
una squadra tagliava gli abeti, una toglieva i rami, un’altra ripuliva il tutto
buttando dentro buche e doline e alla fine i tronchi portabili in spalla
venivano sistemati a ridosso della strada camionabile.
Ogni mattina salutati da un: velà...
velà... butéve... da parte di Colombo, che a piedi raggiungeva la
fermata della corriera.
Il capo cantiere era un omino
secco e imprevedibile, sempre pronto a gridare e a rompere, ma con la sua cattiveria e maestria nel saper gestire una
banda di quattordicenni riusciva spesso a farci zittire e rigare dritto. Un
pomeriggio di afa si stava avvicinando e il Biondo, catturò un rospo di grossa
fattura e gli venne l’idea di farlo fumare: mise una sigaretta accesa in bocca
al rospo il quale prese a tirare di gran lena, il risultato fu che il povero
animale si stava gonfiando e da un momento all’altro poteva scoppiare; tutti
attorno al rospo aspettavamo lo scoppio, ma arrivò come una saetta temporalesca
il capo.
Quello che ne seguì fu una scena
tragicomica da premio oscar:
Piombò all’interno del cerchio e
imprecando come un pazzo diede un calcio al povero rospo il quale scoppiò
imbrattando di resti sanguinolenti la gamba dell’attaccante e i primi avventori
del teatrino, vistosi in quelle condizioni si girò di scatto e coprì di insulti
e sconcezze, stile sergente Hartman in Full Metal Jacket, il presunto autore
della bravata. Le sue battute contro di noi partivano dalle generazioni
dell’ottocento fino alle contemporanee, storie di famiglie nascoste ritornarono
alla luce in pochi secondi, il tutto condito da bestemmie degne di un
vocabolario comico, nessuno osava ridere, ma dentro di noi scoppiavamo dalle
risate, fatte in seguito, ogni volta che si ricordava l’episodio.
Si doveva puntellare una catasta
di tronchi troppo alta e in pendenza, eravamo a metà strada tra cima Singéla e
Camprosà, il capo ci disse di mettere dei puntelli e ritornare poi in bosco,
non fece i conti con l’ingegnere di turno. Anche stavolta il Biondo si mise di
buona lena a piantare i puntelli, finì in breve tempo, ma ci accorgemmo che si
stavano piegando pericolosamente verso valle, se cedeva la catasta di abeti
finiva verso la val di Vaccaretto. Bisognava puntellare i puntelli, questa fu
la decisione del nostro ingegnere, ne venne fuori che i puntelli erano a loro
volta puntellati e alla fine la faccenda suonava così: il puntello del puntello
del puntello, ogni palo aveva due pali di sostegno, una cosa mai vista. Notando
il ritardo il capo ritornò sui suoi passi e scoprì la mega costruzione,
praticamente scappammo a distanza di sicurezza, mentre tra bestemmie, urla,
calci e colpi di menàra stava distruggendo tutto. La catasta sbandò
pericolosamente verso la valle, ma per fortuna la parte a monte restò ferma e
questo bastò e con l’aiuto di esperti boscaioli di Rotzo tutto fu messo in
sicurezza. Quella mattina saltammo il panino delle nove, troppe risate ci
fecero venire il mal di pancia.
Nostro compagno di lavoro era
Fiorenzo, da noi chiamato Tèlo, non scorreva buon sangue tra lui e il capo
anzi, c’era odio e frequenti minacce di aggressione erano all’ordine del
giorno.
Un pomeriggio di un giorno caldissimo il
nostro amico Télo fu punto da un martinello, una specie di vespa, ma molto più
grossa e pericolosa, il suo braccio in pochi secondi si gonfiò e il dolore
divenne insopportabile, di conseguenza chiese al capo di poter essere
accompagnato a casa o al piccolo pronto soccorso che ai quei tempi si trovava
nell’Istituto di Mezzaselva. Non ci fu niente da fare, il capo non mosse un
dito e il proseguo del pomeriggio diventò un tiro al piccione. La discussione,
condita con tutti i contorni del mondo, proseguì fino all’arrivo in piazza
Roma, quella sera arrivammo a casa con mezz’ora di ritardo.
Tèlo brontolava contro il capo e lui
tirando freneticamente il freno a mano arrestava la corriera e giù di brutto
tra urla e volgarità, riprendeva la marcia e Tèlo ribrontolava, il freno
ricominciava tra, tra, tra… girata di scatto e gli antenati si risvegliavano
dal sonno eterno. La faccenda si ripetè cosi almeno sette, otto volte, anche
quella sera cena di magro, troppe le risate accompagnate dalla leva del
freno.
Anche Remo di Pedescala era con
noi, simpatico ragazzo, scomparso prematuramente alcuni anni dopo,
ricordo Massimo, anche lui compagno di avventura in quell’estate calda e secca,
sempre disponibili e altruisti, ma proseguendo così vado fuori racconto ed è
meglio che riprenda il binario. La giornata si presentava stupenda, dalle balze
della malga Posellaro il calore emanato dalla terra faceva tremolare le
dolomiti del Brenta, mai avremmo immaginato cosa ci stava preparando il
destino. Finito la pausa delle nove il capo se la prese, con i suoi modi
educati, con il povero Remo, il motivo era futile, ma quella volta si superò il
confine tra intelligenza e ignoranza, e fu guerra totale. Massimo, Stefano,
Riccardo, Sandro, Lorenzo, Remo, il sottoscritto e altri che non ricordo, con
uno sguardo d’intesa accerchiammo il capo, lui con un salto felino si mise
sopra a una vecchia ceppaia e tentò di riportare la calma con frasi di rito, ma
la nostra decisione era irrevocabile, volevamo andarcene al più presto e
finirla con quelle scenate.
Tra lo stupore dei vecchi boscaioli, noi
giovani, abbandonammo il posto di lavoro e vedemmo soddisfatti la faccia
dell’ex capo scomparire dietro le fronde di abete. Poteva certamente finire in
tragedia, ci mancò poco.
Sostammo in contrà Baise fino alla sera
per non fugare sospetti e con la scusa che il lavoro era finito i nostri
genitori non seppero mai dell’ammutinamento di Posellaro.
I fatti descritti sono veritieri, ancora oggi questi avvenimenti ci fanno ridere e per raccontarli tutti ci vorrebbe un libro, tutte quelle persone di Rotzo e di S. Piero allora anziane sono andate avanti e un pensiero particolare va a loro, nostri maestri di vita, non vorrei che in alcun modo qualcuno si sentisse offeso, se così fosse chiedo umilmente perdono.
Un ricordo particolare al nostro ex capo
di allora che, con i suoi modi burberi, ci ha dato sì certamente fastidio, ma
forse ci ha reso un po’ più pronti ad affrontare le battaglie che la vita ci
avrebbe proposto ogni giorno.
Piero
Lorenzi
Tra le righe di questo racconto di momenti di vita, percepisco tutta la cortesia, l'umiltà e la saggezza di Piero.
RispondiEliminagrazie, un abbraccio a te e a tutti i compagni di quelle avventure...magari scrivete un vostro ricordo di quei giorni fatti di rasa,menare, dase,imboscamenti,vipere, vespe,temporali da paura,gamele,pan de casteleto,danze della pioggia e tanti momenti comici e tragici.
EliminaSono anch'io un bisognoso di attenzioni. Sono invidioso delle coccole che Madame Odette riserva sempre a Sponcio e ora pure a Piero. Un piccolo spazio ci sarà anche per me se mi sforzo di fare qualche messaggio? Non sono bravo a scrivere, però ho poche pretese, mi basta anche solo un bravo ogni tanto!
RispondiEliminaIl VW di Campanaro era un po' più scuro, ma uguale, spesso senza vetri! Quante sventolade noi scolari! Con l'età che ho ora sai che cervicale! Allora andava bene tutto! Bravo Piero i tuoi racconti sempre interessantissimi!
A Madame Odette piacerà almeno il mio nick name?
Ma si Nick, con piacere ! Aspetto le tue avventùre con molto interesse. E se possiamo fare quattro risàte meglio ancora ! Nick, bel nome proprio, bello anche Nico, però...
RispondiEliminaguardi Madame che sono ASTRAKAN non Nick.
EliminaQui gatta ci cova! Lei ha in mente non solo SPONCIO, PIERO ma anche TEKNICK ah ah ah ah ah ah ah ah oh oh oh oh oh oh oh oh oh
Stanote lo penso doman lo cambio lo faccio più MACHO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! deve essere un nome che colpisce di più.
ASTRAKAN (A-stracan) NON ha colpito MADAME!!!
a bientot
Porti pazienza signore Astracan-fin-doman. Oggi ha fatto molto caldo a Grenoble (31°+ ; lo sa anche lei forse...) e mio cervello si rifiuta questa sera al minimo aumento di temperatura. Non posso immaginare una pelliccia !!! allora mi dica. Please !
EliminaVolevo dirle che ho cercato, in vano, il nome del soldato ignoto, nel mio paesino, lei capirà.
Mais, c'est pas possibile!
Eliminasi doux, si ironique, si drôle, bonne nuit M.me
Eliminaêtre égal comme SPONCIO? PIERO? TEKNIK? Je pense jamais!
EliminaMoi, pouvre homme je pense que..............................c'est mieux que..................................................
seulment....................................................................
bonne nuit!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Caro Piero
RispondiEliminaGià mi avevi raccontato queste storie di vita durante le nostre camminate.
Vederle scritte assumono un sapore migliore, vengono portate alla conoscenza di tutti e non saranno più dimenticate; Questa è la cosa più importante.
Grazie per averci ricordato dei nostri cari amici, sicuramente stanno leggendosi i tuoi racconti dalle celesti praterie...anche loro senza ombra di dubbio si stanno facendo delle grandi risate.
un abbraccio gino
Gino, candalostrega, ghivitu altri libri da scrivare!
EliminaI me lo ga regalà a pascua e me son messo a leserlo nandoghe drio a tute le istrussion. Prima me ga tocà fare un mutuo e mandare la badante da genovese par procurarme el vin consilià e dopo a go tirà su na saca memorabile lesendo e bevendolo. A lo go finio sguelto sia el libro che el vin, ma quela sera la badante la ga suà sete camise par metarme in leto. Sara mia robe da fare no? In ultima pò, co le anguane in merica a no go capio na tega, a no so se pal vin o parchè ti co te lo ghe scrito te giri pi insacà de mi. Staltra volta lassa stare bepi coa, a te lo do mi e spunto, spunti di sponcio: Avventure di un sacranòn.
Caro Sponcio
RispondiEliminaCapirai l'ultima parte del libro quando leggerai il mio secondo libro !!!
Ti lascio con la mitica frase di Colombo:
"velà... velà... butéve..."
Bon ciò, alora a ghin prenoto già uno.
RispondiEliminaMa basta vin setu, vorà dire che sta volta me scolarò na bossa de fernet de scondon de la badante.
PIERO...ma quanto bravo situ anca ti a scrivere..
RispondiEliminame par de vedarve...grazie