martedì 25 giugno 2013

Ritorno a Camelot

                                                                                                                            
Il nonno scartò il pacco e lesse subito il titolo: ”Ortigara 1917”. Lo girò e disse ad alta voce il nome dell’autore: “Gianni Pieropan“. Aprì il libro a metà e con un leggero sospiro tentò di leggere qualcosa, una riga, forse due, ma si fermò subito, disse: “prova tu nipote a finire la pagina, senza occhiali non ci vedo. Il ragazzo prese il libro e iniziò la lettura di una pagina: ”Notte sul 25 giugno la montagna freme impercettibilmente, non potendosi sottrarre del tutto al solletico praticatole da un chiar di luna impertinente”… fermo, fermo,  ho già capito,  siamo la notte … quella tragica notte ... ma te la voglio raccontare io e poi leggiamo il libro.  

Il nonno si distese in poltrona e iniziò il racconto: 

Terminato l’addestramento,  alla caserma S. Silvestro di Vicenza, mi mandarono subito a malga Moline con un reparto di telefonisti, imparai a stendere i fili del telefono da campo. Era primavera, ma faceva sempre freddo, le mani sempre gelate, andare avanti e indietro a stendere fili, col rischio di prendersi una fucilata sai che bellezza. All’inizio di giugno del 1917 sapevamo che mancava poco all’offensiva, eravamo in tanti, che baraonda, che confusione, ma sempre calmi e ben addestrati. 

Fu in quei giorni di attesa che conobbi un alpino di nome Lauro, ogni volta che lo incontravo diceva: “bisogna star bassi senò no tornémo a Camelot”. Voleva dire di stare sempre attenti altrimenti non si torna a casa sani. Camelot era il castello di re Artù e per lui significava casa. 

Più tardi seppi che Lauro era di Castelletto, un paese sopra la Valdastico e capii perché chiamava il suo paese in quel modo. La mattina del 10 giugno, tutti pronti, tutti a guardare le montagne davanti alle nostre linee; tra la nebbia ogni tanto si vedeva il Portule, il Gumion, le cime Dodici e Undici, il monte Chiesa, Campigoletti e davanti l’Ortigara. La nostra artiglieria stava coprendo tutto di polvere, di fumo, così tra la nebbia e il resto non vedevamo più niente; in quel clima di tragedia noi telefonisti  stavamo in attesa, dietro ai reparti che dovevano uscire dalle trincee finito il bombardamento. Alle tre del pomeriggio di quella domenica cessò l’attesa, fuori, via di corsa verso gli obbiettivi assegnati a ciascun battaglione, io dovevo seguire il comando del battaglione Sette Comuni che stava attaccando la quota più alta dell’Ortigara. Il mio amico Lauro lo vidi sparire, inghiottito dalla nebbia. Dopo momenti infiniti di tensione dovetti partire con il cavo telefonico verso la baita,  nel vallone tra noi e i nostri avversari, tra scoppi e fischi di pallottole, riuscimmo a tendere il cavo,  dalla baita fino ai roccioni sotto la cima. Lì prendemmo un temporale che ci bagnò fino alle ossa e calata la notte rientrammo nelle trincee del monte Lozze. Il rientro fu per me terribile, al chiaro di luna che illuminava la valle, il sangue diventa di colore nero come la pece, mi accorsi di perderne da un piede, un colpo fortunato che mi mise a riposo per una settimana. Nel frattempo riuscirono a mettere piede sulla cima e la notte del 24 ero guardia fili a ridosso di una trincea fatta con sacchi di terra. Tutto era tranquillo anzi, forse troppo, le pattuglie rientravano senza nessun problema, silenzio assoluto, poi verso le due di mattina tutta la montagna divenne un vulcano… Il bombardamento durò dieci minuti non di più, ci fu una tale confusione che alla fine mi ritrovai sommerso di ghiaia e terra, la fortuna mi sorrise e seguendo il filo del telefono raggiunsi dei ripari sotto la cima e ci rimasi per quasi tutto il giorno. La sera, al calar del buio, rientrai a monte Lozze e dopo essermi sistemato un po’ dovetti subire una lavata da un capitano dei bersaglieri; mi accusava di aver abbandonato il campo di battaglia senza ordini, voleva mandarmi davanti a una corte marziale. 

La faccenda si metteva molto male e alla fine giù in Marcesina allestirono per me e altri un bel processo. Accusato di diserzione davanti al nemico rischiavo la pena di morte, dovevo assolutamente uscire da questa farsa, ma trovare il modo non fu facile. La fortuna mi venne incontro, quasi tutti gli stendifili erano fuori combattimento e una guardia della nostra baracca era Lauro da Castelletto,  il quale mi disse di aver sentito che servivano in linea tutti i telefonisti disponibili. Si aprì una piccola luce di speranza, ma ricordo di essere stato talmente stanco e confuso che la sentenza nei miei confronti, la sentii come da lontano, la pronunciò un ufficiale di nome Gino Salotti: un anno di reclusione a Peschiera del Garda da scontare a guerra finita. Arrivarci alla fine fu il mio primo pensiero, comunque il fato volle così, la fine la vidi e anche Peschiera o almeno il carcere militare. Dopo sei mesi tornai a casa, gli altri se, un condono speciale se li portò via, del mio amico nessuna notizia certa. Disperso in zona Ortigara fu il responso della burocrazia militare. 

Intorno agli anni trenta, con una corriera sgangherata, andai a Camelot alla ricerca di Lauro e ancora una volta la fortuna mi sorrise; tra noi solo poche parole, i nostri sguardi parlavano molto di più. 

Il nostro incontro finì sereno e cordiale e prima di salire in corriera  mi strinse la mano e mi sussurrò: ”non bisogna permettere che si venga giudicati da chi sta col culo al caldo tutto il giorno”. Subito non la capii, ma ripensando alle mie avventure belliche gli detti ragione. 

Quindi caro nipote leggi pure il libro, ma poi vai sù in Ortigara, magari fatti un due giorni  in tenda e in piena notte ascolta il silenzio della montagna. Forse una leggera brezza ti porterà dei canti e se sentirai dei passi leggeri e soffici dietro di te non temere, sono quelli che rimasero là, per sempre, custodi di quel mondo lontano nel tempo, così imparerai che non devi ascoltare quando ti parlano, ma devi ascoltare quando ti guardano.

Piero Lorenzi

20 commenti:

  1. Bellissimo racconto !
    Piero, forse lo sai già, nell'archivio della Domenica del Corriere, (vecchio periodico che miei genitori non mancavano mai in Francia)ci sono tanti numeri che parlano della guerra 14-18 -anche della 2°-
    http://www.emerotecaitaliana.it/periodici/elenco.view?type=${param.type}&testata_id=274&pages=46
    un esempio :
    Data di pubblicazione 10 agosto 1919
    Riconoscimenti francesi all'esercito italiano
    La cerimonia militare di Epernay, in Francia. La consegna della onorificenza militare francese a un reparto d'assalto italiano, rappresentante delle truppe che parteciparono alla battaglia di Bligny.

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    1. Anche tu, Odette, sei una buona miniera di utili notizie!

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    2. Grazie Alago. Penso che Piero avrà letto il libro di Delmo Stenghele "La grande guerra" Pag.122 troviamo Giovanni Dalla Via di Forni, cl.1885, caduto in suolo francese (2°battaglia della Marne, il 16.10.1918) riposa, anche lui, nel cimitero militare italiano di Bligny Francia.

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    3. Attenta Odette, che il malvagio Rothbart si aggira sempre attorno allo stagno. Secondo me scrivi solo di sera perché i cigni non possono scrivere, anche se hanno molte penne.

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    4. Grazie per avere scelto il cigno di preferenza alla madeleine di Proust o al teorema di Pasolini, anche se l'ultima scena di questo film mi è rimasta impressa nella memoria...

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    5. Tusi, stanote, sul lago, me se riva na storia upupaïana ! Usando pasiensa uno ga possudo cambiarme el color de la léngua e ciaparme tute le pene. Dopo el volea secarme e meterme in padea. Varda che no so mia un gàto de Vicensa, mi, setu, ghe go dito, ca ghe go dito.
      A savi tuti che xe mejo fidarse de na dona che de un oselo -grosso- senza pene.
      A bagolava dal fredo.
      Per fortuna me son svegia. Gera un bruto sogno e... una vacca de bruto tempo.

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    6. Tuta sta pissicanalisi la me confonde ciò. Vutu farne tornare tuti a quelo che realmente semo? Quei du lì che scumissia par P no i me ghe ga mai garbà massa, trop ennuyeux et décadentes, sauf pour quelques exceptions néoréaliste. Speremo che rive in pressa Sigfrido e che nol sbaglie persona. Mais dites-moi, qui es-tu vraiment? Odette ou Odile?

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    7. Vous demandez de façon très subtile, es tu Odette, quand deviens tu Odile ?
      Je répondrai, en gardant le même style, hermaphrodite je suis, et... volatil(e).
      On dit de moi(vous me voyez ravie) :"Divina Sibi Canit et Orbi",
      L'Eau et le Feu, et le Mercure aussi,
      Tout cela, à la fois, Siegfried le dit...

      NB. Un uomo non è del tutto se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità. O.Wilde

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    8. La verità, // cheschessé la verità. La verità scompare quando la si dice, d'altra parte essa è anche la cosa più preziosa che abbiamo, dunque meglio risparmiarla. Cependant, je n'aime pas la confusion des genres, je suis obstinément de l'ancienne école. Marcel, Pierpaolò, cygnes ... littérature parisienne.

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    9. Certains de mes congénères diraient : "littérature parisienne" est un pléonasme ; la vérité est complexe dans un monde complexe, et ce soir, je suis perplexe.
      Il va falloir que tu m'expliques ton "ancienne école". Est ce l'insoutenable légèreté de l'Etre qui te chagrine ? C'est bien Sponcio qui demandait de la légèreté française il n'y a pas très longtemps ? Serais tu ténébreux, Sponcio ?

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    10. Mmmhh, .. peut-être, mais on peut difficilement attendre la cohérence d'un Sponciò. Sponcio est Sponciò, insaisissable et pelucheux.

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    11. Pelucheux comme Sponcio voit le monde ?
      Come capire l'inafferrabile Sponcio combinando allusioni indirette e puzzle d'indizi ?
      "Scrivere il corpo è esporre ed annunciare lo spirito"

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    12. Bello il dialogo botta risposta fra Sponcio/Odette/Cigno...bravi !

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    13. Manca il canto per fare U CHIAMA E RISPONDI Corso, un ricordo, fra tanti, di 6 anni passati in Corsica per lavoro nell'E.N.

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  2. Te me comovi Piero!!!
    Sai "legare" le frasi con una tal dolcezza!
    Sì, ti promuovo io: PIERO = MARIO RIGON STERN del 21esimo secolo!

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  3. So che mi ripeto,
    però PEDRO sempre pì bravo e sorprendente!

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  4. vi invito a ingrandire la prima foto, che fioritura straordinaria, siamo appena sotto la cima dell'ortigara.

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  5. Infatti Piero la prima cosa che ho fatto è stato ingrandire la foto di apertura............un pensiero mi è passato nella mente e cioè che nonostante i molti morti ed il terreno sassoso la vita vuol continuare.........Floriana

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  6. Di volta in volta sempre piu' bravo il nostro piero,dunque non tutto il male,in questo caso la guerra,vien per nuocere!!!!

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  7. Bravissimo Piero, non pensi che sarebbe quasi ora di raccogliere le tue storie in un piccolo libricino...un abbraccio gino

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