lunedì 16 settembre 2024

Odòr de botèga

Gianni Spagnolo © 24H29

Avevo già affrontato in un post passato: [Spusse] l’argomento dell’indelebile memoria degli odori, che ha la straordinaria capacità di ritornare istantaneamente in superficie, anche se sepolta dagli anni e dalla stratificazione dei ricordi. Basta avvertire un lievissimo rimando ad un certo odore ed ecco riaffiorare le memorie ad esso correlate.

L’odore è peraltro una delle tante parole neglette della nostra società inodore. Società che esalta i profumi, ma bandisce gli odori. Odori che invece sono proprio caratterizzanti di persone e cose, come avviene per gli animali, genere cui apparteniamo pur sempre anche noi umani di questo secolo. Invece tutto dev’essere asettico e distante dalla nostra animale natura: banditi gli odori, i peli, le naturali imperfezioni e quant'altro. A sostituire tutte queste caratteristiche ci pensa l’immagine, vera regina dei nostri tempi, dove tutto è rivolto ad essa, prevalentemente ad essa. 

Fra i tanti posti dove regna incontrastata l’immagine, abbiamo negozi e supermercati, dove peraltro sono banditi gli odori. Tutto è congegnato per esaltare l’apparenza, anche se sappiamo benissimo che l’accattivante aspetto delle confezioni è solo una illusoria rappresentazione del loro contenuto. 

Quando eravamo invece nel dominio degli odori, l’apparenza era più difficile da mascherare, mentre gli odori, che fossero fragranze, effluvi o autentiche puzze, rimanevano gli alleati più sinceri per qualificare la bontà dei prodotti. Ecco che allora ogni bottega aveva il suo odore inconfondibile, dovuto alla mescolanza degli innumerevoli sentori emanati dalle diverse merci in esposizione, o anche solo transitati. All’epoca eravamo più animali anche noi e riuscivamo a distinguere bene e catalogare un’infinità di effluvi diversi.

Le botteghe di alimentari erano ovviamente quelle dove gli odori erano più riconoscibili e persistenti, si andava dal sentore formaggioso/baccaloso/detersivoso della Cooperativa in piazza, a quello mortadelloso/panoso di Fulgido, all’altro salamoso/varechinoso de Narciso, per finire a quello più dolciastro di Conte. Non mi ricordo tanto quello delle Polache, perché le frequentavo poco. Poi dipendeva anche un po’ dalla stagione e dal giorno della settimana. Ma non erano solo i casolìni ad avere il loro odore tipico, c’era anche l’inconfondibile fragranza d’un misto di appretto e bozzima che caratterizzava le botteghe di mercerie, della Bianca, della Tea o della Lilia, ognuna con la sua nuance. Per tacere di bar e osterie, dove imperava il catramoso sentore di tabacco misto ad alcool e sudore. Anche i negozi più impensabili, tuttavia, come da Catinòn e da Sélega, avevano il loro specifico odore, anche se trattavano articoli non deperibili.

Passata l’epoca dei tubi della luce in lamina di piombo rivestiti internamente di quello strano peletto nero e dei frutti in ceramica, da Catinòn s’era imposta la plastica e l’odore pervasivo del polivinilcloruro. Quella plastica aveva anche un sapore che conoscevo bene, dato che la masticavo. Si, ciò, perché Catinòn era il nostro fornitore di cerbottane, che ricavavamo dai nuovi e stupendi tubi della luce in PVC grigio di vari diametri. Una innovazione epocale rispetto alle primitive e mai drite rame de sanbugàro. 

La mia bottega del cuore era però quella de Sélega, gestita dal vecio Canéla e famigli. Era lì che si trovavano tutti gli strumenti che avevano valore per me e sui quali lasciavo gli occhi.  Cortelìti e roncoléte su tutto! Ma non solo: fistci e fistcijti de otòn, vistcio pai bachetùni, trapole par le séleghe, capéte, astici par le fionde, in ultima anche inaudite fionde complete fuse in plastica. Era un negozietto dove si trovava tutto ciò che avesse senso e utilità in quegli anni e nessuna in quelli successivi. Era la Fortezza Bastiani della nostra tramontante bociaggine. 

Anche da Sélega aveva il suo inconfondibile odore, fatto d’un misto di ossidi di ferro  ed ottone, olio e trementina, con crescenti esalazioni di moplen. Mi piaceva scendere quello scalino e sentire i suono argentino della campanellina sulla porta, quasi ad entrare nella rappresentazione d'un mondo che avvertivamo inconsciamente che andava scomparendo.


8 commenti:

  1. Sensazione più provata Gianni sempre più bravo

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  2. Se è vero Gianni! Anche le botteghe, come le case, si distinguono per il particolare "odore", a volte piacevole, a volte meno, ma un distinguo importante e simpatico anche quello. Li ricordo tutti quegli odori e ne ho tanta nostalgia. Il più penetrante sicuramente quello di Catinòn! Ma li adoravo tutti! Grazie per questi scritti Gianni, sei formidabile.

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  3. Complimenti Gianni, sempre mejo, per una memoria così tenevi il diario fin dall,'asilo!!! ??

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    1. Caromio/a, no setu! Pì che se jen veci e pì se se desméntega parché se ga pena verto el frigo, ma se se ricorda de cuéla volta ca sémo finìe intela possa cola slita. :-)

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  4. Io adoravo sedermi sulla finestra di Gino e sentire l’odore/profumo del corame e del mastice chiacchierando con una grande persona.

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  5. Profumi che fanno tornare nella mente i ricordi belli

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  6. Sempre forte el me Koscri !!!!

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  7. Gianni, meno male che ci sei tu per farci ricordare questi sentimenti, complimenti!

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