[Gianni Spagnolo © 24A7]
Più volte, su questo Blog, è stato presentato il XIX secolo come un periodo particolarmente tribolato per la nostra gente. Non solo da noi, invero, ma tutta l’Europa fu soggetta a grandi travagli. Dal 1797, anno che sancì la fine della Repubblica di Venezia, alla fine del 1800, avvennero molti sconvolgimenti ambientali, sociali e politici.
Iniziò Napoleone, a spazzare l’Europa propagando la Rivoluzione e mandando all’aria secolari equilibri. Ci provò la Restaurazione a tornare al pristino stato, ma allora incombettero eccezionali fenomeni atmosferici che colpirono le popolazioni nella loro vita quotidiana e provocarono quelle emigrazioni di massa che dettero origine a nuove nazioni e nuovi equilibri politici e sociali.
Ma andiamo con ordine, in casa nostra. Archiviata dal ciclone napoleonico la millenaria epoca della Dominante, s’affacciarono perciò i francesi. Questi portarono una ventata di novità politiche ed amministrative, ma non rimasero poi molto. S’impose quindi la monarchia asburgica col Regno Lombardo-Veneto fino all’annessione al Regno d’Italia nel 1866. Fu questo un periodo funestato da sciagure ambientali, col loro corollario di carestie ed epidemie. Il 1817 fu l’anno senza estate, che restò nella memoria dei nostri vecchi come “l’an dela fame”. "A l’è longo fa l’an dela fame!", dicevano i nonni per significare un tempo eccessivamente lungo, o di persona inconcludente. Cessate le carestie e le epidemie di tifo, pellagra e colera, s’arrivò all’annessione all’Italia prostrati e comunque in sovrannumero. Ecco allora profilarsi l’emigrazione, già endemica come stagionale, ma che allora diventò fuga di popolo; ennesima calamità.
Fu così che la sagacia nostrana qualificò queste successioni di eventi e domini con un’amara filastrocca, che però riassume un secolo più concretamente di quanto lo possano fare le più acute disamine storico-politico-sociali:
- Cò San Marco dominava, se disnàva e se senàva;
- Coi Francisi, bona jente, se disnàva malamentre;
- Cò la Casa de Lorena, no se disna, ma se séna;
- Cò la Casa de Sardegna, chi gà fame se la tégna!
De male in pedo!
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