martedì 16 gennaio 2024

Gli anziani del 2050



Dal punto di vista della salute staranno meglio o peggio degli anziani di oggi? 

Oggi il 40% della popolazione, soprattutto anziana, soffre di una o più malattie cronico degenerative. 

E’ presumibile che da qui al 2050, grazie ad un serio lavoro di prevenzione, si possa ridurre questa percentuale per evitare che il numero complessivo dei pazienti anziani da curare diventi insostenibile per qualsiasi sistema sanitario. 

Secondo il rapporto “Stato di salute e prestazioni sanitarie nella popolazione anziana” del Ministero della Salute, la popolazione anziana oggi in Italia determina il 37% dei ricoveri ospedalieri ordinari e il 49% delle giornate di degenza e dei relativi costi stimati. 

Con alcune correzioni del sistema si potranno ridurre questi numeri a favore delle cure domiciliari. Certamente si tratta di un’operazione molto lunga e complessa che deve iniziare già in questa fase che stiamo vivendo.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, parallelamente all’aumentata aspettativa di vita, si è verificata, negli ultimi decenni, una transizione epidemiologica nella patologia emergente: da una situazione in cui erano prevalenti le malattie infettive e carenziali, si è passati a una preponderanza di quelle cronico degenerative. 

Nei Paesi più ricchi, Italia compresa, il maggior carico di malattia, misurato in anni di vita aggiustati per disabilità, è attribuibile alle patologie cardio e cerebrovascolari e ai disturbi neuropsichiatrici, tra cui la depressione, la malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza. 

Tanto nei Paesi in via di sviluppo che in quelli a più alto reddito, si prevede che il numero di soggetti con disabilità, derivante principalmente dalle malattie non trasmissibili, aumenterà proporzionalmente alla crescita della popolazione, con una più alta percentuale proprio nelle classi di età più avanzata. 

Nei prossimi dieci anni 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave: ipertensione, diabete, demenza, malattie cardiovascolari e respiratorie. 

Curarli tutti in ospedale – commenta il prof. Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva – equivarrebbe a trasformare Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna e Firenze in grandi reparti a cielo aperto. 

È evidente, quindi, che le cure sul territorio non rappresentano più un’opzione, ma un obbligo per dare una risposta efficace alla fragilità e alla non autosufficienza dei nostri anziani, che si accompagnerà anche a una crescente solitudine. 

Sarà fondamentale un programma serio, diffuso, costante di educazione alla salute ed in particolare agli stili di vita sani a partire dalle giovani generazioni per toccare gli attuali adulti. 

Un maggior grado di educazione comporta importanti ricadute sullo stato di salute e dunque è prevedibile che si possa, con questa strategia, ridurre l’incremento proporzionale delle malattie croniche e possano aumentare gli anni spesi in buona salute. 

Alberto Leoni

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