lunedì 8 maggio 2023

El comodìn

[Gianni Spagnolo © 2349]

Oggi abbiamo addirittura il bagno “padronale” direttamente comunicante con la camera da letto, così da ridurre al minimo il fastidio di ogni eventuale incombenza notturna, piccola o grossa che fosse. Sul comodino ci s’appoggia il cellulare, una lampada, forse un libro; l’accessorio è ormai è ridotto ad una mensola o poco più, non servono gli ampi sportelli di quelli dei nonni. Beh, a dir la verità i nostri nonni i comodini li hanno visti da grandi, prima bastava mettere il vaso da notte sotto il letto, pudicamente sottratto alla vista dalle lunghe sane dela straponta. Chiuderlo all’interno del comodino era già un lusso del Novecento inoltrato.

Sarebbe stata una crudeltà, specialmente per i bambini e più anziani, abbozzolati fra le coperte in quei rigidi inverni che non si vedono più, recarsi ad espletare i propri bisogni corporali nel cesso in cao al luamàro. Là si sarebbero svuotati i vasi, con la necessaria circospezione, la mattina successiva. Majinàrse!  In definitiva, a parte qualche maggiore contorsione, il servizio era in camera al pari e forse più di oggi. 

L’unica sostanziale differenza erano forse gli odori inevitabilmente connessi all’operazione. Vabbé,… non che fosse un gran problema. C’erano stalle e bestie in ogni casa e pósse in ogni cantòn, per cui era come lo smog a Milano, parte dell’ambiente. Chi ricorda ormai più quelle sane, corpose, variegate e persistenti spusse di quand’eravamo boce. Sparite! Secoli di cultura olfattiva consegnati all’oblio dall’era dell’igiene ad ogni costo. Cosa ci siamo persi!

Tornando a bomba, dicono che il vaso da notte sia documentato in uso fin dal VI secolo a.C, da parte dei Greci, per poi passare ai Romani e diffondersi nell’Impero. Solo in tempo recenti, col migliorare delle condizioni sanitarie ed abitative, s’è pensato di nasconderlo in un mobiletto, il comodino appunto, ossia un vano con chiusura a sportello dove relegare più opportunamente l’accessorio e il suo eventuale contenuto, in attesa dello svuotamento mattutino. Qualcuno potrebbe rilevare che sarebbe stato più conveniente metterlo almeno fuori dalla porta della camera. Nossignori! Le case dei nostri avi non avevano corridoi e le camere erano intercomunicanti fra loro e per di più parecchio affollate. Non sarebbe stato perciò carino affibbiare gli effluvi delle proprie produzioni a terzi. Un po’ di decoro, suvvia!

Il comodino deriva il suo nome dalla comoda, ossia la sedia, fornita di contenitore sottostante, in cui potevano venir espletare più comodamente, appunto, le proprie necessità corporali. Ma quella era roba da siùri, no da pori can fa naltri. Dicono che il duca Luigi Giuseppe di Borbone-Vendôme ricevesse addirittura gli ospiti sistemato sulla comoda e da quella posizione seguisse anche gli affari di stato. Noblesse oblige! 


7 commenti:

  1. Sei sicuro che derivi dal nome della sedia comoda? Sembrerebbe piuttosto che il nome comodino derivi dalla commode per dirla alla francese ossia dal nostro commò.

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    1. Si, è più probabile che sia un diminutivo di comò, come suggerisci tu. In ogni caso comodo lo era :-)

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  2. Gianni ti sei italianisato il vaso da notte come lo chiami si chiamava ruinale.ciao Mario

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  3. Non esistono al mondo persone meravigliose come voi di Bronsescoverte. Riportate alla memoria vita vissuta di un tempo che fu.. grazie

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  4. Me mama la lo ciamàva " Bufèto"...

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    1. Vero Lucia, el se ciamava buféto, verosimilmente dal francese buffet: credenza, piccolo mobile.

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  5. Che ricordi…El comodin

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