venerdì 1 novembre 2019

La minestra dei poveri Morti


C’era una volta, prima che arrivasse Halloween, mezzo secolo fa, un po’ di più… c’era una volta… la minestra dei poveri morti. Così arrivava novembre. Non era strano che potesse forse già nevicare, allora. Ma le giornate si alternavano tra fresche, fredde e ancora tiepide fino all’estate di San Martino l’11 del mese. 
La sera dei Santi, il primo giorno di novembre, si preparava “La minestra dei poveri morti”. Con le verdure, ancora quasi fresche e raccolte da poco, con le patate ancora impolverate di fango finissimo, i fagioli, qualche improbabile cipolla e carota e l’immancabile orzo si preparava la minestra. Era una tradizione e un atto di pietà: la minestra, un piatto di minestra, veniva posta sul davanzale della finestra di casa cosicchè, tornando a visitare la propria casa, l’anima del morto si sentisse accolta. Ma ognuno di noi sapeva che, nella realtà, quella minestra sarebbe servita per i poveri. Sì… esistevano i poveri. Coloro che, spesso senza lavoro, con una misera vacchetta in stalla, di sovente  abbandonati agli eccessi del vino per trovare la forza di sopravvivere, questi poveri, la sera dei morti trovavano minestre fumanti sui davanzali di tante case. Mio nonno chiedeva che fosse messo vicino al piatto, sulla panca davanti a casa,  anche un sorso di vino, che sarebbe stato trangugiato per primo… Poi pochi cucchiai di minestra sarebbero seguiti a quella bevuta, che si ripeteva, probabilmente in altre e ancora altre case, su altri davanzali. Era la minestra dei poveri morti. Quasi una “preghiera” alle anime del Purgatorio  e un dono per chi, quella notte almeno, avrebbe potuto saziarsi di tiepido orzo e di ebbrezza del vino nuovo.
Lucio Spagnolo

12 commenti:

  1. Grazie mille, caro Lucio, per questo prezioso ricordo!

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  2. Usanze simili esistono in tutto l’arco alpino. Qui vi trascrivo le usanze della Valle Aurina (dove ho passato la mia tenera infanzia).
    All’imbrunire della vigilia del giorno dei morti il ricordo dei defunti si risveglia più fortemente. Si rispolverano i ricordi dei cari morti ed è venuta l’ora di raccontare ogni sorta di storie di morti e di spiriti, annunci fatti da loro, le loro apparizioni e storie di fantasmi inquietanti. In alcune zone fino a non molto tempo fa c’era l’usanza di preparare del cibo per i defunti alla vigilia del giorno dei morti e di accendere loro un lume. In vari villaggi si racconta che erano tornate le anime dei morti e così facendo potevano gustare il cibo e sentirsi per una sera ancora al caldo di casa loro; ma il giorno dopo tutto era ancora intatto sulla tavola, lasciato come dono per i poveri.
    Il pensiero alle anime bisognose in purgatorio doveva beneficiare tutti coloro che ne hanno bisogno, perciò intorno a questo periodo si fanno collezioni per i poveri, il cosiddetto mendicare per le povere anime, e come antica istituzione si distribuiva pane, sale e grasso ai poveri all'inizio della settimana. Secondo un’antica usanza, in alcuni luoghi sono i giovani che recuperano i doni.
    In Valle Aurina, inizialmente i poveri locali, poi i giovani vanno in gruppi dalla vigilia di Ognissanti per nove giorni a esibire il canto del pitschile davanti alle case dei benestanti. I giovani si bagnano la faccia e soffiano in una scodella con farina, affinché la loro faccia si mascheri di bianco per rappresentare le anime e affinché non siano riconoscibili. Le contadine preparano il proprio pane, chiamato pitschile, in una forma piccola.; uno del gruppo porta una gerla in spalla per la raccolta di questi doni. Quando cala il crepuscolo, i giovani vagano di casa in casa, cantando i loro canti; di solito un inno sulla povera anima per incoraggiare la donazione, seguito da un verso più allegro et altre canzoni. Un versetto di una canzone per l'anima del purgatorio dice ad esempio così:
    Bella figliola,
    Anche tua madre sta soffrendo;
    È seduta tra le fiamme,
    Sopra il capo batte insieme le mani
    E grida: "O figlia mia,
    Dai, aiutami !”
    Proprio in questo periodo, anche i bambini ricevono un regalo fatto di pane di frumento dalla loro madrina o padrino: un cavallo i ragazzi, le ragazze una gallina. Probabilmente questi regali risalgono alle antiche usanze del raccolto.

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  3. Sta qua si che xe na minestra altro che la panà del Reverendo !

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    1. Tasi valà che desso chive a Rebibia no se magna gnanca pò male. A parte purtroppamentemente el cafelate chel sa da ciche!

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    2. Cossa fetu cussi lontan ? I ga mia trovà pi vicin ?

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    3. Dei no, ..che se fa tanto par dire. Tutaviamentemente in sto punaro de zonbi se sta anca manco male, a pensavo pedo. MMS sta recuperando un po' di forze e qualche timida motilità recentemente pregiudicata dai reiterati attacchi de cuela dala false. Desso doparo el taccscrin e ingrandisso quanto ca voio elora a vo mejo a trar do fessarie. Ti invesse me par che te ghissi perdesto un fià de verv, nol sarà mia el PR chel te fa tribolare, vero?

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    4. Sempre più in basso.

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    5. Hai notato, Sponcy, che la vita ci da le risposte quando abbiamo dimenticato le domande ?
      È un vero peccato che sia troppo breve l’intervallo fra il tempo in cui siamo troppo giovani e il tempo in cui siamo troppo vecchi...

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    6. Purtroppamentemente no ma Chére, ... MMS è finito troppo in basso per queste riflessioni alate.

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  4. Ma come!!!!!!!! Questo blog ha la fortuna di ricevere uno spaccato di vita della valle Aurina da parte dell'ing. Enrico Sartori, e loro ......continuano a menarla. Sempre più in basso!

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  5. Effettivamentemente, Don, stavolta l'hai fatta fuori dal vaso. Se fossi il direttore della casa che ti ospita ti metterei prontamente fuori sul pergolo. In ogni caso le smancerie con la Ody stanno meglio da Snoopy.

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    1. Il mondo è alto e basso, purtroppo. Bravo Enrico per i suoi commenti sempre molto interessanti, bravo Sponcio per aver ritrovato la sua verve, bravo Gianni sempre moderatore, e un po meno bravo Anonymous per non firmare le sue sentenze.

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