Quanto sono abili i giovani,
nel digitare un messaggio a due pollici
su di un cellulare,
più familiare di un foglio di carta.
Quanto sono fortunati i giovani,
nel poter attingere con un solo tasto
all'intero scibile umano.
Quanto sono frastornati i giovani,
nello scegliere un programma televisivo
nello sterminato mare di sirene dell'etere.
Quanto sono lontani
i nostri cortili assolati,
dove dialogavi con la tua solitudine
e dilatavi l'immaginazione
oltre quel muro scrostato.
Dovevi prepararti ad uscire
per conoscere il mondo.
Ora,
il mondo è cresciuto così in fretta
dentro un computer,
da non averti dato il tempo
di conoscere te stesso.
Quanto sono lontane
quelle partite nell'oratorio
dove c'era confronto,
tifo, non peste aggressiva
con provvista di spranghe
prima dello scontro di calcio.
A cosa serve più la saggezza
di quel vecchio
che raccontava la sua vita,
e che ora arranca ad aggiornarsi
nell'impari lotta con Wikipedia.
Ma la cultura è trasporto immaginativo,
lettura rapinosa,
respiro umano tra le parole,
non sapienza tecnicistica
che ci renderebbe esseri inferiori
nella scala filogenetica dei computer.
No,
non è rigurgito nostalgico
di un vecchio,
ma riappropriazione della propria identità,
memoria animica,
patrimonio emotivo
che il tempo non cancella,
ma custodisce dal clamore,
in un'età della vita
quando il bisbiglio prevale
sull'esibizione emotiva.
Questa memoria è un bene prezioso
che si è custodito tutta una vita,
e non si vuole affidare
al rigattiere del niente.
È un regalo che si confeziona
con un foglio d'amore,
forse un po' stropicciato
e ancora con i segni
dello scotch staccato per altre occasioni.
È un regalo
che si affida nelle mani di un giovane,
frettoloso e distratto,
per quando sarà l'abitante
responsabilizzato di questo pianeta.
E quando tra tanti anni lo scarterà,
tra vetri e metallo di un grattacielo
o nel profondo di una metropolitana,
programmata da bottoni
e imbottita di umanità livellata,
si accorgerà che questo pianeta
un giorno è stato abitato
da un umano sgualcito,
ma capace ancora di emozioni:
un vecchio.
Gianni Miniello-web
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