lunedì 1 ottobre 2018

ANGUANIC ROCK PARK


Ora che ho esplorato gli Anelli delle Anguane nelle loro varianti, posso esprimermi sull’insieme dell’opera. Sconto in partenza il pregiudizio positivo, già espresso nel Post del 13 settembre, dato che si arrampica sulle pareti di casa. 
Nel loro insieme, gli Anelli sono ben pensati e realizzati. Ciò vale più per i tratti ferrati, che quelli su sentiero, dove il fondo è in parte instabile per la franosità del territorio. I percorsi di avvicinamento e di raccordo delle vie attrezzate richiederanno un buon impegno di manutenzione, considerato che nei tratti più ripidi e dilavati è prevedibile un rapido deterioramento in caso d’elevata affluenza. Essi riprendono in parte vecchi sentieri e portano a fare esperienza di un territorio altrimenti escluso dagli itinerari escursionistici, che ha però una sua specificità storico-ambientale che è bene valorizzare.

Va detto che questi circuiti di alpinistico hanno solo una spruzzata di contesto, essendo di fatto una sorta di Acropark di Roccia. La bassa quota, la facilità d’accesso tutto l’anno, l’abbondanza di artifici che non lascia spazio all’immaginazione, il ponte tibetano, ecc., ne fanno un attrattivo Parco Avventura a disposizione di chiunque. Con la differenza che qui l'accesso è libero e non c'è assistenza.
Nelle ferrate la progressione è assolutamente agevolata, ma vanno affrontate con padronanza delle vertigini e della tecnica di assicurazione. Altrimenti la loro accostabilità potrebbe indurre qualcuno a prenderle sottogamba a rischio di incidenti. Anche le condizioni meteorologiche vanno considerate con la necessaria prudenza. Al mattino Il Sojo è in ombra (non per niente si chiama Sojo de Medodì o Medojorno, dato che è solo a quell’ora che riceve il sole) e fuori dalla bella stagione potrebbe diventare insidioso.
Immagino che parecchi di coloro che praticheranno gli Anelli delle Anguane (specie chi viene da lontano e ha meno tempo a disposizione) vorranno concatenare in un unico giro le due ferrate delle verticali Sud e Nord e ciò significa farne una in discesa; salvo non attardarsi in improbabili saliscendi sui sentieri di raccordo. Questo potrebbe comportare pericolosi incroci in parete, dato che i percorsi non sono a senso unico, la visibilità può essere a tratti preclusa e comunque ognuno farà poi quel che gli pare; si sa! La presenza di svincoli sulle verticali permette di smarcarsi in caso di difficoltà o affollamento, e questa è un'ottima cosa, anche in termini di assistenza e soccorso. Ciò tuttavia non esclude gli incroci nei punti più critici ed esposti e qualche rischio a chi non padroneggiasse bene la situazione. I cartelli di avvertenza danno le opportune indicazioni e istruzioni di corretto approccio alle ferrate, declinando responsabilità in caso di uso incauto. Si va dunque a proprio rischio e pericolo, beninteso! Speriamo che il buon senso assista sempre.

Queste considerazioni si possono ovviamente applicare alle ferrate in genere, ma qui stiamo parlando di percorsi esposti che hanno un’evidente e modaiola attrattiva nel ponte sospeso e una soglia d’accesso praticamente inesistente anche da parte di chi normalmente non prenderebbe in considerazione di attaccarsi in parete. Potrebbe però esservi tentato dall’occasione, senza la necessaria esperienza e dotazione di sicurezza.
Vien spontaneo fare il parallelo con la ferrata del “Monte Albano” a Mori o con la “Rino Pisetta” al Piccolo Daìn (poi chiusa e rifatta nel 2012) che sono state le prime esperienze a bassa quota per quelli della mia generazione. Ma ho idea che qui in Valdastico il bacino d'utenza sia molto maggiore e meno preparato.
Personalmente consiglierei lo smantellamento del sentiero d'accesso diretto al ponte tibetano, lasciandone l'approdo alla sola via attrezzata che sale la spalla delle Joe. So che così si toglierebbe un po’ di richiamo di massa, ma almeno si arriverebbe al ponte con un minimo di soglia, diciamo così, “tecnica”.
Chi soffre di vertigini normalmente non s'avventura in situazioni del genere, ma quanti ragazzi potrebbero vedere l'attraversamento del ponte come una prova di coraggio e spingere al cimento anche chi fra loro magari patisce il vuoto? L’attacco di panico da vertigini è qualcosa di assolutamente incontrollabile e perciò foriero di pericolosi incidenti. E sotto il ponte non c'è misericordia se sopra non c'è un moschettone ben messo. Ma può darsi che mi stia preoccupando per niente. Meglio così!

Ciò detto, va da sé che è del tutto inutile farne una recensione tecnica, come m’ero inizialmente prefissato. Gli Anelli delle Anguane sono percorsi divertenti e variegati e vanno presi per quello che sono, senza tante complicazioni o puzze alpinistiche sotto il naso.
Fateli e godeteveli! Ma con giudizio!
Non è neanche proprio necessario attaccarsi in parete: anche percorrere l’anello perimetrale che concatena i tratti dei Salti, del Campanile e delle Menaóre sarà interessante per chi magari non ci ha più messo piede dall’età della fionda o l’ha solo sentito nominare dai nonni.
Gianni Spagnolo
28/09/2018


1 commento:

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