Ciao Carla
ti invio
servizio relativo alla visita fatta al
Museo delle Gallerie d'Italia Piazza della Scala Milano, dove sono esposte le opere restaurate nell'ambito del progetto Restituzioni di Intesa Sanpaolo.
Fra
le tante opere esposte vi è il Crocefisso che proviene da Vicenza,
Chiesa di Araceli in Cristo Re. Questo Crocefisso ha una storia molto
complicata poiché la "leggenda" racconta che si trovasse nell'antica
Chiesa di Forni e a causa di una terribile piena dell'Astico
(1278 ca.) la chiesa venne distrutta e il crocefisso fu "trasportato" a
Vicenza e accolto nella Chiesa di San Vito e Lucia, ma non fu mai
fatto cenno che provenisse da Forni.
Quanto sopra é il riassunto del testo che è stato pubblicato nel catalogo "Restituzioni, Tesori d'arte restaurati", 2016 - Marsilio editore - Intesa Sanpaolo.
Nel libro scritto da Lucio Panozzo "Cronache di Contrà delle Fontanelle" si evince meglio come andò la vicenda.
Crocefisso
eseguito
da scultore di area veneto-prealpina
datazione:
ultimo quarto del XIII secolo (Cristo);
primi decenni del XIV secolo (croce)
tecnica/materiali:
legno di pioppo, intagliato policromo
dimensioni:
283,5 × 226 × 42 × 9,5 cm (croce); 177 ×
160 × 24 cm (Cristo).
provenienza
collocazione
Vicenza, Abbazia di San Vito
Vicenza, Chiesa di Araceli in Cristo Re
Indice generale
Il crocefisso è conservato sopra l’altar maggiore della moderna
chiesa di Araceli in Cristo Re, alla periferia est di Vicenza, dove
fu trasferito nel 1968, proveniente dalla chiesa di Santa Maria in
Araceli. Questo è tuttavia solo l’ultimo approdo cui l’opera è
giunta dopo le numerose translazioni che hanno contraddistinto la
lunga vicenda di questa immagine che rivestì un notevole rilievo
nella storia della devozione cittadina. Come spesso accade per le
immagini cui viene attribuito potere taumaturgico, il crocefisso
vanta un’origine prodigiosa. Secondo una tradizione, attestata
verosimilmente nel primo Settecento e che pare aver goduto di
particolare fortuna nell’Ottocento, l’immagine sacra sarebbe
giunta, ab antiqua, per via d’acqua, lungo il torrente
Astico, a seguito di una rovinosa piena che distrusse l’antica
chiesa di Santa Maria Maddalena di Forni, all’estremo confine nord
della provincia berica. La croce sarebbe miracolosamente approdata a
Vicenza nel 1278, senza riportare alcun danno. Qui, secondo la
tradizione il crocefisso venne raccolto sulle rive dell’Astichello,
in prossimità dell’abbazia di San Vito, fuori borgo Santa Lucia,
dove, nel 1206, si erano stabiliti i camaldolesi che ne furono i
custodi. Riedificata nel 1546 sul luogo dell’antico edificio e
intitolata ai Santi Vito e Lucia, la nuova chiesa dei camaldolesi
accolse il crocefisso sull’altare della seconda cappella a
sinistra. In realtà i primi documenti che attestano l’esistenza
della venerata immagine presso la chiesa dei camaldolesi risalgono al
XVII secolo e non fanno cenno alla sua provenienza dalla chiesa di
Forni. Un atto della Cancelleria vescovile, conservato nell’archivio
della Compagnia del Santissimo Sacramento della chiesa dei Santi Vito
e Lucia, sottoscritto nel 1616 fra i monaci camaldolesi e i
confratelli, fa riferimento al crocefisso e lo dice appartenente alla
compagnia stessa. Soppresso il convento dei camaldolesi nel 1771, la
parrocchia dei Santi Vito e Lucia nel 1813 venne trasferita nella
vicina chiesa di Santa Maria in Araceli, dove, nel 1857, il
crocefisso fu traslato con rinnovata solennità sull’altare destro
della chiesa. Infine, come si è detto, in epoca recente la croce
trovò accoglienza presso la moderna parrocchiale di Araceli in
Cristo Re.
Estratto dal volume: Restituzioni,
Tesori d’arte restaurati, 2016 - Diciasettesima
edizione
Marsilio editore – Intesa Sanpaolo, pp. 135/141
A conferma che il Crocefisso provenisse da
Forni lo si legge nel libro di Lucio Panozzo su “Cronache
di Contrà delle Fontanelle”,
editrice Veneta, 2001.
“..Più complicata è la storia del
crocefisso, anch’esso proveniente dall’Araceli Vecchia.
Tutto comincia con il terremoto del 1117 che
provoca una grossa frana in Val d’astico, tale da bloccare
all’altezza di Casotto, il corso del torrente e formare così un
lago del tipo detto appunto di frana. Nel 1268 una terribile piena
dell’Astico riesce a sfondare la diga naturale. A Settecà di Forni
la chiesa viene distrutta dalla furia delle acque e il crocifisso
prende la via della pianura. Al suo approdo dalle nostre parti viene
ospitato dai frati del convento di San Vito, i quali attribuendo il
suo arrivo ad un evento portentoso si guardarono bene dal
restituirlo. Vane furono le proteste dei legittimi proprietari, che,
alla fine, accettarono un brutta copia del manufatto che gli
illegittimi possessori fecero approntare in fretta e furia pur di
liberarsi delle loro lamentele.
Per una trentina d’anni il secondo crocifisso
passò a Settecà di casa in casa, finché fu bruciato dal parroco,
perché usurato dal tempo e dall’incuria. La chiesa distrutta non
fu mai ricostruita.
Ricordo che quando ancora lo si chiamava
“miracoloso”, non so se per le sue vicende, o per le sue
proprietà prodigiose, veniva mostrato con parsimonia, come si
conviene ad un oggetto propiziatore di grazie e perciò intangibile e
misterioso.”
Gallerie d’Italia, Restituzioni 2016, Tesori d’arte
restaurati
trova collocazione nel palazzo sede storica della
Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo)
in Piazza della Scala - Milano, arrivata alla
diciassettesima edizione.
Sin dal 1989, con il programma Restituzioni, Intesa Sanpaolo
si pone al fianco delle Soprintendenze nella periodica individuazione
di un consistente numero di opere bisognose di interventi
conservativi, nel loro restauro, nella organizzazione delle mostre
temporanee che permettono al grande pubblico di conoscere i risultati
degli interventi, nella pubblicazione di sostanziosi cataloghi, cui
storici dell’arte e archeologi lavorano per mettere a disposizione
di tutti gli aggiornamenti scaturiti dalle ricerche effettuate.
Avviato in Veneto in seno alla allora Banca Cattolica del Veneto,
grazie alla felice intuizione del suo Presidente, Feliciano
Benvenuti, Restituzioni ha gradualmente ampliato il proprio raggio di
azione, di pari passo con la crescita di Intesa Sanpaolo, ed ha
raggiunto oggi dimensione e importanza nazionali, fortemente
sostenuto da Giovanni Bazoli.
In oltre vent’anni di attività, sono quasi un migliaio le opere
d’arte, dal Nord al Sud dell’Italia, restaurate e “restituite”
alla collettività.
Ad oggi, con oltre 700 opere restaurate, sono più di 150 i siti
archeologici, le chiese e i musei, garanti della destinazione
pubblica dei propri tesori, che hanno beneficiato di questo
programma, un centinaio i laboratori di restauro qualificati,
distribuiti su tutta la penisola, incaricati dei restauri ed
altrettanti gli studiosi coinvolti nella redazione delle schede
storico-critiche per i cataloghi.
SCOPRI I TRE MUSEI DI INTESA SANPAOLO
GALLERIE D’ITALIA – PIAZZA SCALA– Milano, Piazza della Scala, 6
GALLERIE D’ITALIA – PALAZZO ZEVALLOS STIGLIANO – Napoli, Via
Toledo, 185
GALLERIE D’ITALIA – PALAZZO LEONI MONTANARI – Vicenza, Contrà
Santa Corona, 25
sede espositiva
Gallerie d’Italia –
Restituzioni 2016 – Tesori d’arte restaurati
Piazza della Scala, 6 – Milano
1 aprile 2016 – 17 luglio 2016
Programma biennale di restauri di opere d’arte
appartenenti al patrimonio nazionale promosso
e curato da
INTESA-SANPAOLO
con il patrocinio
MINISTERO DEI BENI E DELLE
ATTIVITA’ CULTURALI
E DEL TURISMO
COMUNE DI MILANO
Marco m'invia anche delle foto del Crocefisso in fase di restaurazione, avvenuta a Poleo nel 2015.
Tira via chel punto de domanda, che l'è nostro el crocefisso, nemo!
RispondiEliminaSi può notare che sono stati aggiunti i quattro Evangelisti sull'estremita della croce, erano stati tolti per inserirlo nella teca della Chiesa vecchia dell'Araceli a Vicenza, era venerato come il Crocefisso Miracoloso.
RispondiEliminaGiustamente Florio fa notare che il Crocefisso pubblicato nel volume di D. Giovanni Perin “Il Miracoloso Crocefisso D’Araceli in Vicenza-Ricordi” edito nel 1899 ” e nel volume “Cenni Storici su Forni d’Astico”, edito nel 1909, è privo delle tre parti terminali della croce (l’aquila, il leone e il toro) che furono asportate per inserirlo nella nuova cappella come spiegato nel catalogo della Mostra “Restituzioni”, Milano dov’è esposto, assieme alle altre opere restaurate, dal 1 aprile al 17 luglio 2016:
RispondiElimina.....Nel 1546, in occasione del trasferimento del crocefisso dalla chiesa di San Vito alla parrocchiale dei Santi Vito e Lucia, come ricordato, la croce subì una grave mutilazione per poter essere adattata alla nuova cappella cui era stata destinata. Eliminata alla sommità l’Aquila e asportate per la gran parte le figure del Leone e del Toro poste sui laterali, rimase in loco unicamente la figura dell’Angelo, all’estremità inferiore della croce. Sul finire degli anni cinquanta del Novecento, l’artista vicentino Bruno Vedovato ripristinò le parti mancanti integrando con intagli in stile neoromanico i simboli evangelici e ridipinse sia la croce sia il Cristo con una greve strato di colore per dare uniformità. L’invasivo intervento ha alterato pesantemente la lettura della croce – ritenuta secondo alcuni frutto di un intervento antiquariale ottocentesco – interferendo nella lettura dell’insieme. Il restauro della croce ha rivelato un manufatto gravemente compromesso ma di notevole interesse che si qualifica per alcune caratteristiche tecniche, in base alle quali sembra potersi suggerire una datazione all’inizio del Trecento. Sotto il profilo stilistico l’unica figurazione superstite, l’Angelo ai piedi della croce, risponde genericamente a modelli due-trecenteschi: essa rivela tuttavia un intaglio piuttosto rozzo nel trattamento del legno con evidenti semplificazioni sia nella resa dei tratti fisiognomici, definiti sommariamente, sia nell’anatomia sproporzionata. Per quanto riguarda la struttura, le assi non hanno subito riduzioni dimensionali e presentano nei punti d’incrocio dei piccoli nessi………………
Testo estratto dal volume: Restituzioni, Tesori d’arte restaurati,Milano, 2016 Marsilio editore – Intesa Sanpaolo. p. 135/141