domenica 5 giugno 2016

Il Crocefisso (proveniente da Forni) - by Marco Pettinà

Ciao  Carla

ti invio servizio relativo alla visita fatta al Museo delle Gallerie d'Italia Piazza della Scala  Milano, dove sono esposte le opere restaurate nell'ambito del progetto Restituzioni di Intesa Sanpaolo. 
Fra le tante opere esposte vi è il Crocefisso che proviene da Vicenza, Chiesa di Araceli in Cristo Re. Questo Crocefisso ha una storia molto complicata poiché la "leggenda" racconta che si trovasse nell'antica Chiesa di Forni e a causa di una terribile piena dell'Astico (1278 ca.) la chiesa venne distrutta e il crocefisso fu "trasportato" a Vicenza e accolto nella Chiesa di  San Vito e Lucia,  ma non fu mai fatto cenno che provenisse da Forni. 
Quanto sopra é il riassunto del testo che è stato pubblicato nel catalogo "Restituzioni, Tesori d'arte restaurati", 2016 - Marsilio editore - Intesa Sanpaolo.
Nel libro scritto da Lucio Panozzo "Cronache di Contrà delle Fontanelle"  si evince meglio come andò la vicenda.
Crocefisso
eseguito da scultore di area veneto-prealpina

datazione: ultimo quarto del XIII secolo (Cristo);
primi decenni del XIV secolo (croce)

tecnica/materiali: legno di pioppo, intagliato policromo
dimensioni: 283,5 × 226 × 42 × 9,5 cm (croce); 177 × 160 × 24 cm (Cristo).

provenienza collocazione
Vicenza, Abbazia di San Vito Vicenza, Chiesa di Araceli in Cristo Re


Indice generale

Il crocefisso è conservato sopra l’altar maggiore della moderna chiesa di Araceli in Cristo Re, alla periferia est di Vicenza, dove fu trasferito nel 1968, proveniente dalla chiesa di Santa Maria in Araceli. Questo è tuttavia solo l’ultimo approdo cui l’opera è giunta dopo le numerose translazioni che hanno contraddistinto la lunga vicenda di questa immagine che rivestì un notevole rilievo nella storia della devozione cittadina. Come spesso accade per le immagini cui viene attribuito potere taumaturgico, il crocefisso vanta un’origine prodigiosa. Secondo una tradizione, attestata verosimilmente nel primo Settecento e che pare aver goduto di particolare fortuna nell’Ottocento, l’immagine sacra sarebbe giunta, ab antiqua, per via d’acqua, lungo il torrente Astico, a seguito di una rovinosa piena che distrusse l’antica chiesa di Santa Maria Maddalena di Forni, all’estremo confine nord della provincia berica. La croce sarebbe miracolosamente approdata a Vicenza nel 1278, senza riportare alcun danno. Qui, secondo la tradizione il crocefisso venne raccolto sulle rive dell’Astichello, in prossimità dell’abbazia di San Vito, fuori borgo Santa Lucia, dove, nel 1206, si erano stabiliti i camaldolesi che ne furono i custodi. Riedificata nel 1546 sul luogo dell’antico edificio e intitolata ai Santi Vito e Lucia, la nuova chiesa dei camaldolesi accolse il crocefisso sull’altare della seconda cappella a sinistra. In realtà i primi documenti che attestano l’esistenza della venerata immagine presso la chiesa dei camaldolesi risalgono al XVII secolo e non fanno cenno alla sua provenienza dalla chiesa di Forni. Un atto della Cancelleria vescovile, conservato nell’archivio della Compagnia del Santissimo Sacramento della chiesa dei Santi Vito e Lucia, sottoscritto nel 1616 fra i monaci camaldolesi e i confratelli, fa riferimento al crocefisso e lo dice appartenente alla compagnia stessa. Soppresso il convento dei camaldolesi nel 1771, la parrocchia dei Santi Vito e Lucia nel 1813 venne trasferita nella vicina chiesa di Santa Maria in Araceli, dove, nel 1857, il crocefisso fu traslato con rinnovata solennità sull’altare destro della chiesa. Infine, come si è detto, in epoca recente la croce trovò accoglienza presso la moderna parrocchiale di Araceli in Cristo Re.
Estratto dal volume: Restituzioni, Tesori d’arte restaurati, 2016 - Diciasettesima edizione
Marsilio editore – Intesa Sanpaolo, pp. 135/141

A conferma che il Crocefisso provenisse da Forni lo si legge nel libro di Lucio Panozzo su “Cronache di Contrà delle Fontanelle”, editrice Veneta, 2001.

“..Più complicata è la storia del crocefisso, anch’esso proveniente dall’Araceli Vecchia.
Tutto comincia con il terremoto del 1117 che provoca una grossa frana in Val d’astico, tale da bloccare all’altezza di Casotto, il corso del torrente e formare così un lago del tipo detto appunto di frana. Nel 1268 una terribile piena dell’Astico riesce a sfondare la diga naturale. A Settecà di Forni la chiesa viene distrutta dalla furia delle acque e il crocifisso prende la via della pianura. Al suo approdo dalle nostre parti viene ospitato dai frati del convento di San Vito, i quali attribuendo il suo arrivo ad un evento portentoso si guardarono bene dal restituirlo. Vane furono le proteste dei legittimi proprietari, che, alla fine, accettarono un brutta copia del manufatto che gli illegittimi possessori fecero approntare in fretta e furia pur di liberarsi delle loro lamentele.
Per una trentina d’anni il secondo crocifisso passò a Settecà di casa in casa, finché fu bruciato dal parroco, perché usurato dal tempo e dall’incuria. La chiesa distrutta non fu mai ricostruita.
Ricordo che quando ancora lo si chiamava “miracoloso”, non so se per le sue vicende, o per le sue proprietà prodigiose, veniva mostrato con parsimonia, come si conviene ad un oggetto propiziatore di grazie e perciò intangibile e misterioso.”

Gallerie d’Italia, Restituzioni 2016, Tesori d’arte restaurati
trova collocazione nel palazzo sede storica della
Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo)
in Piazza della Scala - Milano, arrivata alla diciassettesima edizione. 
 


Sin dal 1989, con il programma Restituzioni, Intesa Sanpaolo si pone al fianco delle Soprintendenze nella periodica individuazione di un consistente numero di opere bisognose di interventi conservativi, nel loro restauro, nella organizzazione delle mostre temporanee che permettono al grande pubblico di conoscere i risultati degli interventi, nella pubblicazione di sostanziosi cataloghi, cui storici dell’arte e archeologi lavorano per mettere a disposizione di tutti gli aggiornamenti scaturiti dalle ricerche effettuate. Avviato in Veneto in seno alla allora Banca Cattolica del Veneto, grazie alla felice intuizione del suo Presidente, Feliciano Benvenuti, Restituzioni ha gradualmente ampliato il proprio raggio di azione, di pari passo con la crescita di Intesa Sanpaolo, ed ha raggiunto oggi dimensione e importanza nazionali, fortemente sostenuto da Giovanni Bazoli.
In oltre vent’anni di attività, sono quasi un migliaio le opere d’arte, dal Nord al Sud dell’Italia, restaurate e “restituite” alla collettività.
Ad oggi, con oltre 700 opere restaurate, sono più di 150 i siti archeologici, le chiese e i musei, garanti della destinazione pubblica dei propri tesori, che hanno beneficiato di questo programma, un centinaio i laboratori di restauro qualificati, distribuiti su tutta la penisola, incaricati dei restauri ed altrettanti gli studiosi coinvolti nella redazione delle schede storico-critiche per i cataloghi.

SCOPRI I TRE MUSEI DI INTESA SANPAOLO
GALLERIE D’ITALIA – PIAZZA SCALA– Milano, Piazza della Scala, 6
GALLERIE D’ITALIA – PALAZZO ZEVALLOS STIGLIANO – Napoli, Via Toledo, 185
GALLERIE D’ITALIA – PALAZZO LEONI MONTANARI – Vicenza, Contrà Santa Corona, 25

sede espositiva
Gallerie d’Italia – Restituzioni 2016 – Tesori d’arte restaurati
Piazza della Scala, 6 – Milano

1 aprile 2016 – 17 luglio 2016

Programma biennale di restauri di opere d’arte
appartenenti al patrimonio nazionale promosso
e curato da

INTESA-SANPAOLO

con il patrocinio

MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI
E DEL TURISMO

COMUNE DI MILANO




Marco m'invia anche delle foto del Crocefisso in fase di restaurazione, avvenuta a Poleo nel 2015.







3 commenti:

  1. Tira via chel punto de domanda, che l'è nostro el crocefisso, nemo!

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  2. Si può notare che sono stati aggiunti i quattro Evangelisti sull'estremita della croce, erano stati tolti per inserirlo nella teca della Chiesa vecchia dell'Araceli a Vicenza, era venerato come il Crocefisso Miracoloso.

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  3. Giustamente Florio fa notare che il Crocefisso pubblicato nel volume di D. Giovanni Perin “Il Miracoloso Crocefisso D’Araceli in Vicenza-Ricordi” edito nel 1899 ” e nel volume “Cenni Storici su Forni d’Astico”, edito nel 1909, è privo delle tre parti terminali della croce (l’aquila, il leone e il toro) che furono asportate per inserirlo nella nuova cappella come spiegato nel catalogo della Mostra “Restituzioni”, Milano dov’è esposto, assieme alle altre opere restaurate, dal 1 aprile al 17 luglio 2016:

    .....Nel 1546, in occasione del trasferimento del crocefisso dalla chiesa di San Vito alla parrocchiale dei Santi Vito e Lucia, come ricordato, la croce subì una grave mutilazione per poter essere adattata alla nuova cappella cui era stata destinata. Eliminata alla sommità l’Aquila e asportate per la gran parte le figure del Leone e del Toro poste sui laterali, rimase in loco unicamente la figura dell’Angelo, all’estremità inferiore della croce. Sul finire degli anni cinquanta del Novecento, l’artista vicentino Bruno Vedovato ripristinò le parti mancanti integrando con intagli in stile neoromanico i simboli evangelici e ridipinse sia la croce sia il Cristo con una greve strato di colore per dare uniformità. L’invasivo intervento ha alterato pesantemente la lettura della croce – ritenuta secondo alcuni frutto di un intervento antiquariale ottocentesco – interferendo nella lettura dell’insieme. Il restauro della croce ha rivelato un manufatto gravemente compromesso ma di notevole interesse che si qualifica per alcune caratteristiche tecniche, in base alle quali sembra potersi suggerire una datazione all’inizio del Trecento. Sotto il profilo stilistico l’unica figurazione superstite, l’Angelo ai piedi della croce, risponde genericamente a modelli due-trecenteschi: essa rivela tuttavia un intaglio piuttosto rozzo nel trattamento del legno con evidenti semplificazioni sia nella resa dei tratti fisiognomici, definiti sommariamente, sia nell’anatomia sproporzionata. Per quanto riguarda la struttura, le assi non hanno subito riduzioni dimensionali e presentano nei punti d’incrocio dei piccoli nessi………………

    Testo estratto dal volume: Restituzioni, Tesori d’arte restaurati,Milano, 2016 Marsilio editore – Intesa Sanpaolo. p. 135/141

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