lunedì 27 giugno 2016

Tutta la crudeltà degli allevamenti intensivi riassunta in un'unica incredibile fotografia


L'immagine che vedete non è stata né realizzata né ritoccata con Photoshop, è una fotografia di Diane Scarazzini, un'attivista per i diritti degli animali ed è stata scattata in Oregon, presso un allevamento intensivo.
In ogni capanno c'è un vitello, che è stato strappato alla madre poche ore dopo la nascita. Diane li definisce dei "condannati a morte certa entro sei settimane", quando la loro carne sarà macellata per produrre delle tenerissime bistecche...

I vitelli sono allontanati dalla propria madre dopo la nascita, il che rappresenta uno stress enorme sia per la mucca che per il vitello, legatissimi tra lor.o.
 

Spesso la madre continua a muggire per chiamare il suo piccolo per giorni dopo la separazione.


I vitellini maschi, non potendo produrre latte, sono destinati al mercato della carne nei sistemi di allevamento intensivi.
 

Le mucche trascorrono la loro vita in un ciclo costante di gravidanza, nascita e mungitura, poiché il latte che dovrebbe nutrire i piccoli è destinato alla produzione lattiero-casearia

Ma cosa si può fare per arginare la crudeltà degli allevamenti intensivi senza diventare per forza vegetariani o vegani?

"Sostenere una produzione di cibo che sia in grado di rimettere gli animali all'aria aperta, al pascolo, anziché dentro capannoni", sostiene Philip Lymbery, autore del libro Farmageddon: il vero prezzo della carne economica, "Un allevamento estensivo connesso alla terra, in grado di fornire cibo più nutriente con metodi che risultano migliori sia per il territorio che per il benessere animale.
I governi di tutto il mondo possono contribuire a migliorare la salute delle loro nazioni e salvaguardare le future scorte alimentari basandosi su risorse naturali come i pascoli. Cibo che insomma provenga da fattorie e non da fabbriche".

1 commento:

  1. Carla, di questi post ne potrai fare all’infinito, il terreno è favorevole a strappare la lacrimuccia per i poveri vitellini. Il punto è che mettere ogni giorno qualcosa sul piatto di circa 7 miliardi di persone non è impresa che si possa fare con la sola bontà d’animo. Se pensi a dove tenevano le mucche i nostri vecchi, ovviamente per necessità e povertà, in stalle umide e buie dove a malapena si stava eretti, capirai che neanche ai bei tempi antichi le bestie stavano meglio (neanche gli umani, peraltro). Allo scopo potresti pubblicare i resoconti dei veterinari degli anni ’30 che illustravano la disastrosa situazione dell’allevamento animale nell’Alto Vicentino all’epoca: sarebbero illuminanti e sfaterebbero molti miti sul biologico (che allora era di stretta osservanza).

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