mercoledì 7 febbraio 2024

Interessanti curiosità

 


UN DETTO SBAGLIATO. Che tutte le strade portino a Roma è un detto (non un proverbio) conosciuto da sempre, ma non tutti si accorgono che falsa la realtà: le vie consolari, infatti, furono costruite non per facilitare l’arrivo all’Urbe, ma per permettere alle aquile delle legioni di volare ovunque, mantenendo però sempre un collegamento vitale con il loro nido. Grazie a loro, infatti, le legioni si potevano spostare celermente marciando al passus militaris, ossia 20.000 passi in cinque ore nel periodo estivo, pari a 20 miglia (circa 30 km). In caso di necessità, invece, andando a plenus gradus (passo pieno) potevano arrivare a 24 miglia; e il lungo braccio della logistica legionaria garantiva la sua presenza sia dalla capitale che sfruttando la rete viaria anche in località remote, dato che ovunque, le strade erano assolutamente identiche fra loro, le colonne di carri potevano spostarsi alla velocità di 30 km/h. E questo valeva anche per i collegamenti, perché le staffette e i corrieri a cavallo potevano percorrere fino a 270 chilometri al giorno. Ma le strade romane non erano indispensabili solo in guerra, perché in tempo di pace servivano a mantenere i vitali  commerci, portando a Roma sale dall’Etruria, ostriche e garum dalla Spagna, manufatti in ferro dalla provincia belgica (la Germania), botti di legno dalla Gallia Transalpina (la Francia) e tessuti da quella Cisalpina (il nord Italia).

Soffermatevi ad osservare una delle prime immagini e vi renderete conto che spostarsi, ovunque nell’Impero, era possibile grazie alla rete viaria che non fu costruita da galli, traci, iberici o britanni, ma da ingegneri, agrimensori, legionari e ausiliari romani, che dopo aver oltrepassato il Reno e il Danubio, a nord arrivava fino all’Inghilterra sviluppandosi anche al suo interno, e raggiungeva poi il Mar Nero, l'Eufrate, l’Africa, l’Arabia e forse anche l'India.

All’atto della sua costruzione, la strada ricadeva sotto la responsabilità di un console o di un pretore che poi le attribuiva il proprio nome (Via Emilia, Via Cassia, Via Flaminia ecc.). Nel corso dei secoli la rete stradale realizzata attorno al Mare Nostrum, in Europa, in Africa e in Medio Oriente sarebbe arrivata ad estendersi per oltre 80.000 chilometri di strade lastricate e 150.000 in terra battuta, valida  comunque ad assicurare il transito anche di carri pesanti.

Strade solide, ben studiate e progettate per durare nei secoli. Quelle extraurbane erano dette “viae”, mentre quelle all’interno delle mura erano chiamate “strate”. La lunghezza delle consolari era segnata da cippi di marmo alti un metro e mezzo e del diametro di 50 cm con iscritti la distanza e altri dati, collocati ogni miglio (1,480 km) partendo dal centro di Roma dove esisteva il Milium Aureum, in bronzo dorato. Nel 44 a.C. Giulio Cesare ordinò, un mese prima delle idi di marzo, una sorta di grafico stradale dell'Impero a tre geografi greci, Zenodoxus, Teodoto e Policlito; il lavoro richiese 25 anni e, scolpito nel marmo, fu posto vicino al Pantheon, perché chiunque ne avesse avuto necessità avrebbe potuto visionarlo e fare una copia della parte che lo interessava. Allora non esistevano le cartine geografiche per i viaggiatori, ma a Roma sì, e ciascuno poteva preparare la sua come più gli aggradava.

Ma guardiamo come erano costruite queste strade. Non erano tutte gobbe e sobbalzi come i frammenti giunti a noi che hanno avuto un fermo di manutenzione di circa 20 secoli; allora erano levigate come se fossero state asfaltate. Per prima cosa quando si iniziava a tracciarne una, un architectus studiava il terreno e ne stabiliva l’andamento; poi gli agrimensori (mensores o gromatici) della legione, utilizzando una groma (un teodolite primitivo, ma preciso), creavano un reticolato dell’area sulla quale sarebbe passata. Approntato il progetto, sulla sede stradale si scavava una larga trincea fino a raggiungere il terreno compatto, e poi si iniziava a riempirla con quattro strati di materiali. Il primo era lo statumen, grossi blocchetti di pietra. Il secondo era il rudus o ruderatio, ghiaia tonda di fiume impastata con calce. Il terzo era il nucleus, ghiaia tritata e spianata con pesanti rulli. Il quarto infine era il pavimentum o summum dorsum, il basolato: grandi lastre di pietra ben lavorate. La carreggiata, senza i marciapiedi in terra battuta, era larga dai 4 ai 6 metri, ma poteva arrivare a 10 e più.

Tra il VII secolo a.C . e il I d.C., Roma portò a termine una rete composta da 40 vie consolari (Annia, Appia, Amerina, Ardeatina, Ariminensis, Aurelia, Caecilia, Campana, Casilina, Cassia, Claudia Augusta, Julia Augusta, Clodia, Cornelia, Collatina, Domiziana, Emilia, Emilia Scauria, Flaminia, Flavia, Fulvia, Gemina, Labicana, Laurentina, Nomentana, Ostiense, Pompea, Popilia, Portuense, Postumia, Praenestina, Salaria, Salaria Gallica, Satricana, Severiana, Tiburtina, Traiana, Trionfale, Valeria) che coprivano la penisola, dalla Gallia Cisalpina alla Sicilia.

Tra quelle principali dell’Impero, ricordiamo invece le Via XIX (Portogallo e Spagna); Agrippa (Francia settentrionale); Strata Diocleziana (Medio Oriente); Claudia Augusta (dal Veneto alla Baviera); Delapidata (dal Portogallo alle Asturie); delle Gallie (da Mediolanum alla Francia); Spluga (da Mediolanum alla Baviera).

Prima di chiudere, una piccola curiosità: 20 secoli fa Roma aveva già il suo Raccordo Anulare. In città non si potevano introdurre cavalli e buoi, per il traffico e per l’igiene mentre i servizi, i rifornimenti alimentari, edilizi e la rimozione dei rifiuti erano strettamente regolamentati, persino le portantine. Allora venne deciso di realizzare una strada circolare al di fuori delle mura per facilitare e smaltire  il traffico.

Rita Gulisano

Nessun commento:

Posta un commento

Girovagando

  Il passo internazionale “Los Libertadores”, conosciuto anche come Cristo Redentore, è una delle rotte più spettacolari che collegano l...